
Vangelo in salute, la Parola che cura: Corpus Domini
22 Giugno 2025
CORPO E SANGUE DI GESÚ NOSTRO SIGNORE
“Date loro voi stessi da mangiare”. Il miracolo non è nel pane moltiplicato, ma nell’ego dimezzato.
Nel cuore dell’estate liturgica, il Corpus Domini si impone come una delle feste più concrete, più viscerali, più dirette del calendario cristiano. Mentre molti pensano all’Eucaristia come a un mistero da adorare in silenzio, il Vangelo ci ricorda che essa nasce non nel silenzio del tempio, ma nel grido della folla, nella fame del popolo, nel gesto di chi si dona.
Non è un mistero da custodire in un ostensorio, ma un pane da spezzare in mezzo alla fame degli uomini.
Nel Vangelo di Luca, Gesù è seguito da una moltitudine. Mille volti, mille attese, mille bisogni. E proprio lì, dove i discepoli vorrebbero congedare la folla – “Mandala via, perché vada nei villaggi a cercarsi da mangiare” – Gesù pronuncia una delle frasi più provocatorie dell’intero Vangelo: «Date loro voi stessi da mangiare».
Non è una richiesta logistica. È un giudizio spirituale. È un’esigenza teologica.
Sta dicendo ai suoi – e oggi a noi – che non si può invocare Dio e rifiutare il fratello.
Non si può celebrare il sacramento e ignorare la fame. Non si può spezzare l’ostia e trattenere il proprio tempo, il proprio amore, la propria vita.
L’Eucaristia non è una cosa. È un modo.
Un modo di essere. Di stare al mondo. Di amare.
E qui emerge, con chiarezza, che la prima malattia spirituale da cui il Corpus Domini ci vuole guarire è la dissociazione: quella tra liturgia e vita, tra fede e prassi, tra ciò che celebriamo e ciò che siamo.
Tutti vogliamo un Dio che moltiplichi il pane. Ma pochi vogliono essere quel pane.
Tutti chiediamo miracoli. Ma quasi nessuno accetta di diventare parte del miracolo.
E invece è proprio lì, in quella frase – «Date voi stessi» – che comincia la guarigione.
Guarire dalla passività religiosa.
Guarire dal clericalismo invisibile che ci fa aspettare “che qualcuno faccia qualcosa”.
Guarire dall’ego spirituale che ama l’adorazione, ma non conosce la condivisione.
Il miracolo del Vangelo non è solo il pane che si moltiplica. È l’ego che si dimezza.
È l’iniziativa che passa dai pochi ai molti.
È la paura che lascia spazio al dono.
È il passaggio da “non abbiamo che cinque pani” a “ne avanzano dodici ceste”.
Ma attenzione: l’Eucaristia non è una fabbrica di surplus. Non nasce per accumulare, ma per imparare a perdere, per imparare a distribuire, per far sì che nessuno sia più solo nella sua fame.
La Chiesa in salute non è quella che celebra con devozione impeccabile. È quella che spezza la Parola e il pane con la stessa coerenza.
Una comunità che si lascia convertire dalla fame dell’altro.
Che non separa adorazione e azione.
Che non divide l’altare dalla strada.
Il “miracolo” eucaristico avviene quando la Parola ascoltata scende fino allo stomaco del mondo. Quando l’assemblea si riconosce corpo vero, non solo mistico. Quando la messa non è un evento da “partecipare”, ma una forma di vita da assumere.
Ecco allora perché il Corpus Domini è davvero la “Domenica di Tuttosanità”.
Perché ci parla di un Dio che non cura a distanza, ma che si impasta con la nostra umanità.
Che non resta spirituale, ma si fa carne, cibo, sudore, contatto.
Un Dio che non ci manda via, ma ci chiede di restare.
Un Dio che non distribuisce idee, ma se stesso.
E noi? Siamo pane o solo spettatori della mensa?
Siamo comunità che nutre o gruppo che consuma?
Siamo ancora capaci di guardare la fame del mondo e sentirla come nostra?
Oppure abbiamo delegato tutto al “Signore”, dimenticando che Lui ci ha lasciato la responsabilità di “dare noi”?
La vera salute spirituale, oggi, si misura su questa capacità: spezzarsi.
Non per eroismo. Ma per fedeltà.
Non per senso del dovere. Ma per gratitudine.
Perché chi ha ricevuto il pane che salva, non può non diventare a sua volta pane per altri.
Conclusione
Il Vangelo del Corpus Domini non ci chiede di capire il mistero.
Ci chiede di imitarlo.
Di trasformare ogni messa in un inizio, non in un rifugio.
Di fare del nostro corpo e del nostro tempo un’offerta viva.
Perché se è vero che Gesù ha detto: «Questo è il mio corpo», allora resta vero anche questo:
il nostro corpo è oggi l’unico Vangelo che tanti possono ancora sfiorare.
E la salute del mondo, forse, comincia proprio da qui:
dal momento in cui qualcuno decide, nel silenzio,
di non trattenere più nulla… e diventare pane.