Tumori in Campania, più ombre che luci

Tumori in Campania, più ombre che luci

6 Maggio 2022 0 Di Antonio Magliulo

Campania, finalmente c’è la rete oncologica e sono presenti grandi professionalità ma la presa in carico complessiva del paziente resta un miraggio.

 

Nel campo della cura del cancro i progressi in Campania ci sono stati ma tuttavia il crescente numero dei pazienti e la determinante dei danni ambientali ha fatto crescere a dismisura il numero dei malati neoplastici. Ne abbiamo discusso con l’oncologo del Pascale Antonio Marfella.

Fra gli ultimi in Italia ma almeno la Rete oncologica campana non è più un miraggio. Come valuta l’efficienza del sistema di rete per la cura delle neoplasie adottato nella nostra regione?

Creare il sistema di rete oncologica in Campania è stato un lavoro particolarmente gravoso che ha visto impegnarsi a questo scopo in prima linea un bravissimo collega del Pascale , il dottor Sandro Pignata, che con grande impegno è riuscito per la prima volta a creare una possibilità di interfaccia diretta tra medico di famiglia e specialista oncologo, per la presa in carico del paziente subito dopo la diagnosi. Per le informazioni che ricevo dai miei amici medici di famiglia, il sistema di segnalazione e presa in carico funziona bene, è la disponibilità di posti letto rispetto alla richiesta che risulta insufficiente e soprattutto la gravità della patologia al momento della diagnosi risulta il vero problema. Cioè al momento della richiesta, per avvenuta diagnosi di malattia oncologica, la malattia risulta già troppo avanzata al punto tale da richiedere ricovero sempre urgente e non abbiamo i posti letto disponibili per assicurare le urgenze. A mero titolo di esempio , sin dal 2017 e per un tumore big killer come il polmone, unica struttura sanitaria in grado di curarlo in modo “sicuro” e completo secondo Agenas in Campania risultava soltanto il Monaldi, neanche il Pascale. Alla mia domanda di chiarimenti proprio al collega Pignata, la risposta fu appunto che alla diagnosi al Pascale i pazienti arrivavano a prima visita in uno stadio di malattia già troppo avanzata per garantire cure anche invasive in grado di assicurare la migliore cura possibile e quindi concrete possibilità di guarigione. Grazie alle novità terapeutiche assicurate dalla immunoterapia anche per il cancro al polmone questa situazione è migliorata ma in Campania siamo sempre purtroppo ad “inseguire” la malattia, più che a prevenirla con visite di prevenzione secondaria efficaci . La pandemia da covid con tutti gli obblighi di tracciamento e tamponi ci ha dato una ulteriore e pesante mazzata per una efficiente prevenzione secondaria. E questo purtroppo è un dato nazionale non regionale. Sui territori di provenienza di questi pazienti poi, mi pare giusto ricordare come sulla scottante questione “Terra dei Fuochi” fece scalpore anni fa la comunicazione dell’ex Primario di Chirurgia Toracica professor Rocco che trovò che ben solo un terzo dei suoi pazienti ricoverati proveniva dalle aree all’epoca appena inclusi nella (a mio parere comunque sbagliando perché Terra dei fuochi è un fenomeno e non certo un luogo) cosiddetta “Terra dei Fuochi” campana. Terra dei Fuochi è lo scorretto smaltimento dei rifiuti industriali e non un luogo dove si bruciano rifiuti. Questo fenomeno assassino e fonte di gravissima morbilità oncologica è stato interrotto per un mese e mezzo soltanto dal lockdown. Soltanto per un mese e mezzo quindi la Campania è tornata a godere del suo famoso ambiente salubre e ristoratore. Appena è finito il lockdown tutto è ritornato non solo come prima ma, purtroppo, anche peggio di prima. E i dati ISTAT , non quelli dei registri tumori, sempre assenti o ritardatari, lo stanno confermando sempre più impietosamente. Se prima eravamo rovinati adesso lo siamo di più nonostante i tanti eccezionali e benemeriti sforzi come appunto la creazione di una buona rete oncologica.

 Ci arrivano segnalazioni da molti pazienti colpiti dal cancro che hanno difficoltà a effettuare esami diagnostici e a reperire farmaci. A quando la mai realizzata presa in carico globale del malato oncologico?

La Campania è la regione più giovane di Italia e per questo riceve meno fondi di tutti dal Ssn per curare i suoi cittadini ammalati . Ma non basta! È pure la Regione di Italia che vede il maggiore numero di ammalati bisognosi di cure sempre più costose, in particolar modo quando si tratta di patologie cronico degenerative, in costante quanto irrefrenabile incremento negli ultimi decenni. E questo proprio a causa dell’avere noi creato, con le nostre stesse mani, un ambiente di vita e di lavoro sempre più inquinato, molto più e molto peggio dei nostri stili di vita individuali sbagliati. Il combinato disposto da questo eccezionale incremento di casi in soggetti sempre più giovani che necessitano, con urgenza, di cure sempre più costose, sta provocando il default del sistema sanitario nazionale pubblico: il regalo più bello ed utopistico che abbiamo ricevuto dai nostri padri costituenti. All’improvviso , come in Napoli Milionaria, ci scopriamo non solo “non ricchi” ma sempre più poveri e malati e scopriamo all’improvviso che per curarci ci vogliono medicine che costano da mille a tremila euro a fiala. Questo problema ha già portato alla ormai famosa “financial toxicity” negli USA , dove chi non ha possibilità di assicurarsi rinuncia alle cure per non lasciare sul lastrico i propri figli. Adesso, improvvisamente, ci accorgiamo che questo problema non è più solo statunitense , dove lo Stato investe il 20 % del proprio PIL in Sanità ma dove oltre un terzo della popolazione è priva di un minimo di decente sanità pubblica.

Noi, per fortuna,  abbiamo ancora un Ssn che con il solo 6.2 % del PIL assicura ancora il sogno di curarci al meglio gratis , cioè con i soldi pagati dallo Stato, ma questo sogno del Ssn sta finendo e per un solo drammatico motivo, specie in Campania: ci ammaliamo tutti troppo, troppo presto e con patologie cronico degenerative che hanno bisogno di cure costose e continue perché abbiamo distrutto il nostro meraviglioso ambiente di vita.

La dieta mediterranea , patria del benessere e di lunga vita per stile individuale, vede sempre più lontani tra loro i cittadini che vivono nelle province di Napoli e Caserta, rispetto ai cittadini che ancora vivono in ambiente salubre e naturale come ad esempio il meraviglioso Cilento. E questo gap si sta allargando ogni giorno di più , non sta per niente invertendo la rotta. L’atteggiamento suicida e negazionista della politica regionale che non vuole né vedere né sapere che terra dei fuochi esiste ancora eccome perché non si vuole minimamente cominciare a controllare le attività manifatturiere in regime di evasione fiscale ed i loro scarti di produzione, è la prima causa di questo divario ingravescente tra i territori della patria della dieta mediterranea ed i territori della patria del “lavoro a nero” in Campania, cioè tra i territori del salernitano, beneventano e avellinese rispetto ai  territori delle attività “ a nero” e a controllo camorristico come appunto le province di Napoli e Caserta.

 Con questa domanda vado a pungolarla proprio sui temi che rappresentano i suoi cavalli di battaglia. Il tumore è malattia a eziologia multifattoriale ma quanto incide l’ambiente sull’insorgenza e lo sviluppo della malattia?

Fa veramente impressione come i medici “negazionisti” incaricati dalla regione di negare il problema ambientale “a prescindere” si mostrino totalmente incolti ed incompetenti pur essendo responsabili molto lautamente pagati di indirizzi regionali. Alcuni di questi hanno indicato in pubblici convegni, facendo riferimento ad una bibliografia indecentemente obsoleta, in non più del 2 %  tutti i tumori a patogenesi ambientale rilevante. Sono stati immediatamente denunciati agli Ordini dei Medici competenti per territorio perché, ormai da decenni, la letteratura scientifica internazionale indica in non meno del 25 % di tutti i tumori la patogenesi di danno da inquinamento ambientale come danno patogenetico principale nella patogenesi multifattoriale del cancro, specie in alcune province della Campania come appunto Napoli e Caserta.

 Quali sono i tumori più diffusi in Campania?

 Oltre ai big killer comunemente noti , come polmone, mammella e prostata, esistono alcune forme di cancro particolari e specifiche di alcuni territori come il cancro della vescica (Napoli nord e Caserta, guarda caso)  legato patogeneticamente alla presenza di gravissimi inquinamenti delle falde acquifere da sversamenti di tossici provenienti dalle attività manifatturiere “a nero” come la produzione di scarpe borse e vestiti che, giusto ribadire, vede di conseguenza un gravissimo inquinamento delle falde acquifere con sostanze cancerogene tipo tricloro e tetracloroetilene, legati patogeneticamente alla insorgenza di cancro della vescica. In questi territori, oserei dire che è quasi un “tumore professionale”. Chi lavora “ a nero” smaltisce “a nero” , uccide se stesso e gli altri sversando tossici di scarto “a nero” , e uccide il Ssn che dovrebbe curarlo perché, lavorando “a nero” non lo sostiene neanche con le tasse sul proprio lavoro….che è “a nero”. Chi evade uccide anche te, digli di smettere…

 Il Pascale è sicuramente un buon centro di riferimento ma è “assediato” da troppi pazienti. Come se ne esce, considerando l’aumento costante di casi di cancro?

Se avessimo (e non lo abbiamo perché non vogliono che i registri tumori funzionino bene), dati continui e costanti dai registri tumori regionali suddivisi per Asl , avremmo in tempo reale o quanto più precocemente possibile, precise indicazioni per realizzare nuovi posti letto e potenziare le strutture  nei territori più bisognosi. Esempio, abbiamo la presenza del migliore oncologo del mondo per il cancro del polmone, il prof Gridelli, al Moscati di Avellino, dove i pur obsoleti dati dei registri tumori certificano una situazione locale per il cancro del polmone di gran lunga meno grave ovviamente rispetto ai territori di Napoli e Caserta (terra dei Fuochi). Ma Cesare Gridelli per fare il Primario, grazie alla politica e non ai dati dei fabbisogni sanitari dei registri, è dovuto andare ad Avellino e non restare a curare il cancro del polmone a Napoli o Caserta. Questo è un classico esempio di distorsione del sistema e della gravità del (voluto) non funzionamento continuo e costante dei registri tumori.  Specie a Napoli centro, dove cioè la situazione è la peggiore di tutte, i dati pubblici del registro tumori Asl 1 sono fermi al preistorico 2013. E io sono odiato perché non mi adeguo al sistema e lo denuncio, e continuerò a denunciarlo finché avrò un briciolo di salute e di vita.

In Campania ormai chiaramente i dati ci dicono che curiamo meglio degli altri, abbiamo i migliori medici rispetto agli altri, ma purtroppo certa politica – volutamente cieca sul disastro ambientale in atto da oltre trent’anni – per clientela, indirizza le risorse in Sanità più verso i privati che verso il pubblico. Ebbene, questa politica che non vuole essere indirizzata dai dati sanitari, vedi malfunzionamento dei registri tumori, ci sta portando al disastro. Eppure, nonostante queste amare riflessioni, abbiamo una grande consolazione: abbiamo tutelato al meglio i nostri prodotti agroalimentari negli ultimi anni, salvandoli dalle criminali aggressioni mediatiche del nord, per cui abbiamo creato un nuovo e drammaticamente vero proverbio napoletano in questo primo scorcio del terzo millennio: “Meglio essere una pummarola San Marzano! Sarai tutelato certamente meglio che come cittadino campano! “.