Caccia alle patologie virali

Caccia alle patologie virali

12 Giugno 2020 0 Di La Redazione

Bisogna avviare gli screening in maniera omogenea sul territorio nazionale, che riguardino in primis i virus che più di tutti pesano sulla salute dei pazienti.

 

Il Covid-19 ci lascia un prima e un dopo ed è un confine di demarcazione imprescindibile. Da quasi quattro mesi l’emergenza pandemica ha lasciato in secondo piano altri virus che mietono vittime e pesano fortemente sul Sistema sanitario nazionale, come l’Epatite C, che ha segnato un decremento del 90% circa dei trattamenti rispetto a prima della pandemia. Tuttavia, oggi esistono gli strumenti per eliminare questo virus: l’innovazione garantita dai nuovi farmaci antivirali ad azione diretta (Daa) per il trattamento dell’epatite C ha avuto una portata rivoluzionaria per la possibilità di eradicare il virus in maniera definitiva, in tempi rapidi e senza effetti collaterali. L’Italia ha conseguito risultati molto soddisfacenti in vista dell’obiettivo fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità di eliminare il virus entro il 2030, ma le difficoltà nell’individuare i soggetti da trattare, il cosiddetto “sommerso”, hanno rallentato il trend. Adesso diventa necessaria una vera politica di screening per avviare i pazienti al trattamento.

Bisogna “avviare la macchina” degli screening in maniera omogenea sul territorio nazionale, che riguardi in primis i virus che più di tutti pesano sulla salute dei pazienti e sul Sistema sanitario nazionale, come Sars-Cov-2 e HCV. Per l’Epatite C devono essere prese a riferimento le key populations, agendo ad esempio nei Serd e nelle carceri, con una necessaria strategia integrata e coerente tra Stato e Regioni. Le malattie da virus infatti non si abbattono solamente negli ospedali, ma soprattutto sul territorio. Bisogna potenziare la medicina del territorio e investire nelle reti territoriali, sia per le politiche di prevenzione e screening, sia per la cura e l’assistenza. In quest’ottica è necessario procedere rapidamente all’emanazione del decreto attuativo che metta a disposizione i fondi per gli screening HCV, altrimenti le risorse previste non sono utilizzabili da nessuno e quanto previsto rimane lettera morta.

Delle nuove possibili strategie per sconfiggere l’HCV si è parlato nell’ambito della Conferenza “Impiegare i fondi per lo screening HCV, una opportunità da non perdere” organizzata con il contributo non condizionato di Gilead Sciences. Hanno partecipato con l’onorevole Elena Carnevali in apertura, i clinici Felice Alfonso Nava, direttore Uo Sanità penitenziaria e area dipendenze azienda Ulss 6 Euganea; Massimo Andreoni, direttore scientifico Simit; Massimo Galli, past president Simit; Salvatore Petta, segretario nazionale Aisf, che ha richiesto a gran voce un Pdta nazionale e un maggiore coordinamento politico sanitario tra Piano nazionale e Decreto attuativo; Sergio Babudieri, direttore scientifico Simspe, che ha presentato i nuovi sorprendenti dati all’interno del carcere; Stefano Vella, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, che ha rilanciato la politica dei distretti, per un’autentica medicina territoriale; il presidente Simg Claudio Cricelli, che ha dato la disponibilità dei medici di famiglia a essere parte attiva del progetto di screening; Ivan Gardini, presidente EpaC onlus,; Loreta Kondili, Centro nazionale per la salute globale – Istituto superiore di sanità. A moderare la mattinata di lavori, il giornalista, Daniel Della Seta, autore e conduttore su Radio Rai de “L’Italia che va…” e di “Focus Medicina”.

“Nel Documento approvato chiediamo che vengano resi disponibili al più presto i fondi per gli screening gratuiti, strumento imprescindibile per far emergere il sommerso nell’infezione da HCV – ha commentato Davide Integlia, direttore di Isheo, promotore del network CCuriamo – lo Stato italiano, nonostante l’emergenza attuale per la pandemia da Covid-19, non deve tralasciare altri virus che mietono vittime e pesano sul Sistema sanitario nazionale. Pertanto, bisogna realizzare un decreto attuativo con indicazioni chiare alle Regioni di come poter utilizzare i fondi messi a disposizione per gli screening, e studiare a fondo il coordinamento tra Stato e Regioni”.

Come si evince dal Documento approvato, deve essere definita una politica degli screening che preveda un piano nazionale chiaro su tutto il percorso, dallo screening al linkage to care. È importante definire quali tipologie di test rimborsare, come realizzarli e con chi, con quali tempistiche, l’ammontare di risorse da impiegare e come ripartirle, gli strumenti di verifica dell’operato dei vari attori coinvolti, con un coordinamento efficace tra Stato e Regioni. Parallelamente, deve essere semplificato il registro Aifa e devono essere allargati i criteri per l’avviamento dei pazienti al trattamento, rendendo quest’ultimo un Lea esigibile. È necessaria dunque l’istituzione di una “cabina di regia nazionale” presso il Ministero della salute: i compiti saranno di coordinare il piano nazionale di eliminazione e monitorare i piani regionali, evitando disparità sul territorio nazionale.

Da un punto di vista organizzativo per gli screening si potrebbe cogliere l’opportunità della contemporaneità dei test sierologici Covid-19 e HCV, pur mantenendo distinte le strategie e i piani di attuazione degli screening per ciascuna malattia. Una proposta già avanzata dalle Società Scientifiche Aisf e Simit di concerto con l’Associazione Pazienti EpaC onlus. “La Covid-19 ci consegna una nuova realtà alla quale dobbiamo adeguarci secondo nuove modalità di accesso alle cure, nel pieno della garanzia di sanità pubblica e tutela della salute globale. Dobbiamo recuperare il tempo perso per non rischiare nuove morti evitabili. Tuttavia abbiamo una grande opportunità – sottolinea il professor Massimo Andreoni – visto che anche la Covid pone l’esigenza di uno screening di massa per riconoscere la diffusione del virus nella popolazione, possiamo mettere insieme le due cose. Tecnicamente non ci sono difficoltà a fare ambedue i test sul campione di sangue prelevato. Ma bisogna organizzarsi in tempi brevi perché la sierologia per la Covid sta partendo. Potrebbe emergere un quadro significativo dell’incidenza di entrambe le patologie nelle singole regioni”.

“L’auspicio degli infettivologi è che si possa affiancare all’indagine sulla Covid un’ampia rilevazione su HCV – ribadisce il professor Massimo Galli, past president Simit – Il campione da considerare dovrebbe essere diversamente composto, ma lo sforzo organizzativo ed economico potrebbe essere unificato, inducendo utili sinergie. Oltre a garantire una valutazione realistica della distribuzione e dell’entità dell’infezione da HCV, un’iniziativa di questo tipo darebbe un fondamentale impulso all’emersione del sommerso, se accompagnata da un’adeguata campagna informativa. Auspichiamo un Paese senza Covid, ma anche senza Epatite C. E per questo più persone potremo curare, più ci avvicineremo all’obiettivo”.