Impennata Covid

Impennata Covid

17 Agosto 2020 0 Di La Redazione

Sull’aumento dei contagi l’intervento di Maria Triassi: “Regioni fuorviate da un approccio incompleto al problema. Occorre un’analisi ampia sui casi”.

 

 “Sul Covid serve un approccio diverso, altrimenti sarà difficile controllare i focolai che si verranno a creare in autunno». In estrema sintesi è questo il messaggio lanciato dalla professoressa Maria Triassi, direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica, Farmacoutilizzazione e Dermatologia della Federico II di Napoli. Per Triassi molte delle decisioni prese dalle Regioni sono dettate da un approccio sommario al problema, condizionato da una modalità incompleta di presentazione dei dati. “Non ha alcun senso, o meglio è estremamente riduttivo, – spiega Triassi – accorpare i dati e ragionare solo in termini di positivi e negativi.

Per poter valutare il carico che la diffusione del virus ha sul Sistema sanitario nazionale si dovrebbe distinguere tra positivi asintomatici, positivi con sintomi lievi, con sintomi gravi, pazienti in terapia intensiva e pazienti deceduti. Inoltre – come accade in Campania – si dovrebbe anche distinguere tra positivi che si sono infettati in Italia e positivi che hanno contratto il Covid-19 in vacanza all’estero. Solo procedendo in questo modo – aggiunge la professoressa – si può convivere con il virus senza imporre ai nostri connazionali regole e diventi spesso insensati.

La presentazione completa e corretta dei dati e la loro comunicazione alla popolazione contribuirebbe alla chiarezza ed eviterebbe equivoci fuorvianti”. La questione riguarda anche e soprattutto quanto sta avvenendo oggi in Italia, con stringenti regole per i connazionali e nessun controllo, o quasi, per i turisti che provengono da Paesi anche ben più coinvolti del nostro nell’emergenza. C’è poi un’altra questione che, pur se delicata, deve essere presa debitamente in considerazione ed è quella che riguarda gli immigrati che arrivano in Italia in clandestinità e senza alcun controllo sanitario. «Occuparci di queste persone – prosegue Triassi – è un nostro dovere, sia per la loro stessa salute, sia per evitare che si creino dei focolai incontrollati e incontrollabili”. Per interrompere repentinamente la catena del contagio è infatti essenziale ricostruire i rapporti sociali e gli spostamenti dei soggetti risultati postivi, un lavoro quasi impossibile se rapportato a persone che spesso non hanno documenti e sfuggono a qualsiasi controllo.

“In Veneto l’aumento dei casi – ricorda la professoressa – è dovuto in gran parte alla diffusione del virus in un un centro di accoglienza per immigrati in quarantena. Proteggere queste persone e le popolazioni che le accolgono è un dovere ed è il solo modo che abbiamo per evitare di trovarci con focolai che in autunno potrebbero diventare incontrollabili». In definitiva «occorre prevedere un sistema di raccolta dati rapido e unico per tutto il territorio nazionale, in modo da uniformare l’indagine epidemiologica e consentire una lettura omogenea del quadro epidemiologico essenziale. Inoltre, si deve puntare su tamponi rapidi per la diagnostica immediata, soprattutto quando nei pronto soccorso in autunno quando ci sarà da distinguere tra le varie sindromi respiratorie. Non si potrà aspettare ore per avere i risultati”.