Alexandra Rendhell, l’isolamento come momento di riflessione e di connessione profonda con me stessa

Alexandra Rendhell, l’isolamento come momento di riflessione e di connessione profonda con me stessa

18 Ottobre 2020 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

 

Eventi disastrosi come la pandemia da Covid-19, oltre a determinare un’emergenza sanitaria ed economico-finanziaria in tutto il mondo, innescano processi di paure ancestrali quali il dolore, la solitudine, la morte.

Molti di noi, di fronte ai malati morti in completa solitudine ed ai furgoni dell’Esercito, che trasportavano migliaia di feretri, si sono chiesti se potesse esserci una ragione profonda di tutto questo.

“Felix qui potuit rerum cognoscere causas” osservava acutamente Virgilio (Georgiche, II, 489).

Sul significato profondo di questa peste del 2020 chiediamo lumi ad Alexandra Rendhell, esoterista, antropologa, profonda studiosa di tematiche dell’esoterismo e del mistero, autrice di numerosi saggi e articoli sull’argomento. Co-direttore e redattore della rivista mensile Mysterium Exoterium, ha dedicato la sua vita allo studio ed alla ricerca degli aspetti esoterici legati alle antiche religioni ed ai corrispondenti riti jerogamici, con particolare riferimento all’area Mesopotamica e dell’Indo. Ha scritto numerosi testi sulla sacralità femminile nei culti arcaici.

Ha fondato nel 2006 il Magikartcafè, circolo culturale itinerante per la corretta divulgazione e lo studio dell’esoterismo, promuovendo l’arte in tutte le sue manifestazioni. Tale progetto vede riuniti numerosi personaggi del mondo della cultura, in particolar modo attori, registi teatrali, pittori, scrittori e poeti attratti dal mondo del mistero. In questo contesto è nata la serie di conferenze Esoterismo nell’Arte (ESOART’S), da lei ideate e dirette.

Nel 2006 nell’ambito di un progetto di divulgazione attualizzata di argomenti a carattere esoterico, ha messo in onda sul suo canale youtube una serie di trasmissioni, Il mondo degli Spiriti, di cui essa stessa è autrice dei testi e conduttrice.

Per il teatro, ha scritto, diretto e messo in scena nel 2007 Fate, una storia vera; nel 2010, scrive e mette in scena un lavoro su Carl Gustav Jung, Conversazioni su di un ordinario sincretismo, interpretato da Anna Casalino e Franco Gargia, raccogliendo lusinghiere ed entusiasmanti critiche. Nel 2014 ha scritto e messo in scena un suggestivo lavoro su Giacomo Casanova, L’ultimo dialogo del vecchio Casanova con il giovane Seingalt Veneziano – Splendori e miserie di un vecchio libertino, con Franco Gargia e Alex Pascoli. Nell’ottobre 2011, a Messina, ha recensito al Circolo Pickwick la monografia del pittore Dimitri Salonia, il demiurgo del colore, con presentazione di Vittorio Sgarbi.

Autrice di testi per documentari e trasmissioni tv, ha collaborato e collabora con reti straniere e nazionali, prestando consulenze per produzioni cinematografiche di respiro internazionale su film di argomento esoterico.

Nel 2009 ha scritto e presentato una serie di documentari sui luoghi misteriosi di Roma. Sostenitrice di una spiritualizzazione globale, si batte per il rispetto dei diritti umani, animali e vegetali ed è una sostenitrice di Greenpeace, Medici Senza Frontiere, Save the Children, Associazione Luca Coscioni. Contro la pena di morte e la tortura, scrive e produce un documentario Quando Abele diventa Caino, a supporto di Amnesty International. Ha pubblicato, inoltre, su Mysterium Exoterium una serie di articoli sull’immortalità dell’anima degli animali e sulle loro manifestazioni dall’aldilà.

Autrice di numerose monografie ed articoli sulla Spiritualità, oltre che di racconti di fantascienza, ha dato vita al personaggio di Mysterius il Mutante, un eroe ultradimensionale in soccorso ai deboli e derelitti di qualsiasi dimensione, di prossima uscita in unico volume.

Nel 2016 esce il saggio filosofico esoterico Magia e Mistero della Vita e della Morte-Universi Mondi, per i tipi di Gangemi Editore, Roma.

Nel 2017 il saggio storico biografico Eusapia Palladino. La medium star disperazione della scienza, per i tipi di Apeiron Edizioni, Napoli. Nel 2019 pubblica il saggio Màlefici Incantamenti per i tipi della Apeiron Edizioni, Napoli.

In uscita, la favola, Viaggio nel Mondo delle Fate. Storia di un bambino che imparò a sognare e le incontrò davvero. Una favola iniziatica ecologica e spirituale per piccoli grandi e grandi piccoli, éditions Le livre ouvert, Paris.

 

In che modo Alexandra Rendhell ha trascorso il lungo periodo di clausura dovuto al Covid-19 e da quali emozioni e paure è stata toccata?

Per me che vivo una potente vita interiore in contatto diretto con le altre dimensionalità del mio Essere, quel periodo è stato un ulteriore momento di riflessione e di connessione profonda con me stessa dal quale sono riemersa ancor più consapevole delle prove a cui siamo sottoposti quotidianamente in questi tempi straordinari saturi di difficoltà esistenziali. Le prove sono sempre state il metro di misura per l’eroe, gli davano la possibilità di mostrare a sé stesso e agli dei la sua forza e il suo ardimento. Un percorso ad ostacoli, una sorta di iniziazione, dove il superamento delle prove stesse dava diritto a raggiungere le alte vette della divinità fino a divenire egli stesso un dio. Personalmente, non sono stata particolarmente toccata dal cosiddetto lockdown, sono abituata ad una specie di clausura in casa visto il tipo di attività che svolgo da tutta una vita. Le mie giornate sono state sempre piene di impegni, dalla scrittura di libri ed articoli al disbrigo della copiosissima corrispondenza con i miei lettori e spettatori del mio canale youtube che conta migliaia di iscritti e quasi cinquecentomila accessi. Vivendo al centro di Roma, ai Fori Imperiali, mi faceva un certo effetto, in quelle poche uscite per necessità, vedere le strade, solitamente affollate da turisti provenienti da tutto il mondo, deserte e gli autobus, solitamente strapieni, con uno, due o addirittura nessun passeggero. Questo rione ha pochissimi residenti ed è pieno di hotel e b&b, quindi, spariti i turisti, siamo rimasti veramente in pochi. Quindi niente file ai pochissimi negozi aperti, in strada quei rari passanti frettolosi, ansiosi di svolgere velocemente le loro faccende e ritirarsi in fretta a casa chiusi in loro stessi, il volto sigillato dalle mascherine, a volte di fortuna perché nemmeno quelle si trovavano in commercio, oltre ai lieviti e alle farine e ai disinfettanti. Se incrociavi qualcuno sul marciapiede, questi cambiava strada o la cambiavi tu nel terrore del contatto. Devo essere sincera, anche a me faceva una certa impressione quella desolazione ed anch’io non vedevo l’ora di ritirarmi al sicuro tra le confortevoli mura di casa mia. Credo che il senso di angoscia, di insicurezza e di diffidenza verso l’altro, che animava le persone in quel periodo, sia stato sentimento comune generato ed alimentato, non tanto da una giusta precauzione dettata dalla prudenza purtroppo, ma dall’essere continuamente sottoposti ad un bombardamento venefico di notizie da parte dei media che non lasciavano alle persone nemmeno un attimo di respiro tra un tg e un talk, togliendo loro anche la capacità di un equilibrato giudizio personale dei fatti in una sorta di sospensione delle capacità critiche. La gente, provata da questa situazione nuova anche di solitudine esistenziale, voleva sentirsi “connessa” agli altri, coinvolta emotivamente: ricordate le canzoni dai balconi e gli striscioni con scritto “andrà tutto bene”? Nella condizione umana esiste una dualità fondamentale che contrappone distacco e saturazione, cinico sospetto ed impegno. C’è chi si distacca dagli altri per il timore di essere imbrogliato in un atteggiamento difensivo estremo, i negazionisti per intenderci, ma altrettanto vero che più siamo aperti alla persuasione degli altri, in questo caso i media, più probabilità abbiamo di essere influenzati e manipolati da loro.

Un avvicendamento compulsivo di “esperti” saturava la già provata psiche dei telespettatori in conseguenza anche del fatto che tali “dotti, medici e sapienti” erano in continuo contrasto e contraddizione tra loro generando incertezze e disorientamento in chi li ascoltava con la disattesa speranza di capirci qualcosa. L’unica amara certezza erano i quotidiani bollettini diramati con l’elenco dei morti e dei nuovi infetti e le terribili immagini dei camion militari che trasportavano le salme dei defunti, immagini trasmesse in un loop angosciante commentate dal cronista di turno che orgasmaticamente e dettagliatamente si dilungava a raccontare queste morti in solitudine, senza il conforto di una persona cara a raccogliere l’ultimo respiro. Il modo in cui le questioni sono presentate ha spesso più influenza degli argomenti persuasivi sviluppati entro i confini del discorso. Il linguista George Lakoff dimostra chiaramente che è importantissimo essere consapevoli del potere del framing e vigilare per far fronte alla sua insidiosa influenza sulle nostre emozioni, sui nostri pensieri e sulle scelte e le decisioni che siamo chiamati a prendere. Questa sorta di bombardamento mediatico, da non confondere col diritto all’informazione, ha avuto ed ha tuttora, nella quasi seconda ondata pandemica, grandi e gravi responsabilità nello stato di cose anche attuali. Nessuno ricorda più che il pericoloso “covid-19” da un giorno all’altro è sparito dai tg e dalle prime pagine di giornali, all’indomani di certe avanzate necessità da parte di chi detiene il potere economico. Ma qui rischio di allargare il discorso e di addentrarmi in campi minati, quindi meglio che rientri nei sentieri meno oscuri dello spirito e riprenda il discorso dove l’avevo lasciato.

L’essere costretti in casa, a volte in contesti non proprio idilliaci o peggio da soli, ha alimentato il senso di angoscia, di impotenza nei confronti di un nemico potente, invisibile; la solitudine per l’assenza di relazioni sociali e familiari e l’incertezza del futuro ha fatto sì che le persone più fragili, in particolare gli ammalati, gli anziani e le persone con problemi psicologici o psichici, abbiano sofferto gravi disagi e sofferenze che si sono ripercossi sui loro sistemi già tanto provati, con il risultato che, durante il periodo di chiusura e immediatamente dopo, tali disagi hanno registrato un notevole e significativo incremento e lo proverebbe l’aumento di richieste di assistenza psicologica e psichiatrica. La natura umana necessita, in diverse misure, del rapporto con l’altro e quando ciò viene impedito, l’interiorità ne risente, l’essere diventa più fragile che mai e senza l’esperienza del mondo esterno, del rapporto sociale, rimane vuoto, chiuso in un mondo illusorio, incapace di vedere quello che realmente lo circonda. Senza gli altri, si è, come diceva Leibniz, nient’altro che delle monadi, incapaci di uscire dal nostro guscio, in grado di vedere la realtà solo attraverso uno specchio, un filtro, troppo spesso costituito dallo schermo del televisore, che ce la restituisce non per come essa è in sé, ma per come noi la vogliamo pensare e nei periodi di lockdown la gente vedeva e viveva una realtà catastrofica aumentata e distorta dalla cattiva informazione, come ho già detto. Uno dei caratteri fondamentali dell’essere umano è la sua “politicità”, il suo bisogno di confronto e di rapporto, senza il quale sarebbe un comune animale solitario. La socialità, d’altronde, è anche fondamentale dal punto di vista epistemologico, per il processo della Conoscenza. Molti, forse per la prima volta nella loro vita, sono stati costretti a trovarsi al cospetto di sconosciuti: loro stessi. L’incontro non sempre è piacevole, anzi a volte devastante, perché quando si abbandona per tanto tempo un campo senza coltivarlo, questi si riempie di erbacce che soffocano anche quel poco che fu seminato. Molti, i più sensibili, hanno cercato risposte ai loro quesiti di ordine spirituale e in tanti mi hanno scritto con la speranza che quelle risposte potessi fornirle io, con la mia esperienza nelle dimensioni sottili, in quelle regioni inesplorate al di là e in collegamento diretto con la psiche. In verità ancora oggi molti mi pongono quesiti di ordine spirituale, in riferimento a questa pandemia, se essa sia stata conseguenza del comportamento umano, in contrasto con le leggi dell’equilibrio universale, se sia da considerarsi una sorta di punizione divina per la cattiveria dell’essere umano e la disattenzione verso il Creato. Domande che mi pongo spesso anch’io in verità e devo dire che riflettendoci bene forse questi timori non sono del tutto campati in aria, perché, vista la natura del virus che colpisce l’uomo proprio nella sua principale funzione vitale, il respiro, e nella sua parte fondamentale di essere sociale, non sarebbe da escludere una sorta di “punizione”, ma sarebbe più corretto e laico definirla conseguenziale legge di causa ed effetto; un risultato derivato da comportamenti squilibrati tenuti nel corso di questi anni, quali spostamenti di massa da continenti a continenti, troppo spesso per viaggi mordi e fuggi privi di contenuto culturale senza nessun controllo sanitario alle frontiere. I virus viaggiano con le persone e le merci e, laddove per raggiungere una destinazione ci volevano mesi, oggi ci vogliono poche ore con la conseguenza che bastano pochi giorni per innescare un processo pandemico come abbiamo sperimentato in più di un’occasione. In definitiva, per ovviare, non si tratterebbe di fermare spostamenti di persone e merci, ma di rivedere un sistema che ha mostrato gravi falle e sostituirlo con uno più equilibrato e gestibile.

Cosa ha insegnato agli uomini questa dolorosa esperienza e crede che questo evento epocale abbia contribuito a far crescere e a rendere più sensibili ed amorevoli i sopravvissuti?

Mi dispiace dirle che secondo il mio parere questo stato di cose non abbia insegnato alcunché all’essere umano né che lo abbia reso più buono o compassionevole verso l’altro! Anzi tutt’altro e lo si può osservare dalla cronaca nera, dai delitti che sono stati commessi anche durante e dopo il lockdown, crimini consumati in particolar modo in famiglia a danno di donne da parte dei loro uomini. La condizione di emergenza nazionale, mondiale non ha fermato il mostro, come non ha fermato però l’eroe.

Durante le emergenze, terremoti, inondazioni, catastrofi dove si registrano gravi danni alle cose e alle persone si assiste ad emozionanti gare di solidarietà, gesti di generosità da parte di sconosciuti per salvare vite umane o per lenire le difficoltà legate alla contingenza del quotidiano. Carovane di soccorritori che trasportano viveri, abbigliamento e generi di prima necessità per chi ha perso proprio tutto. In quei momenti ci si riempie il cuore di speranza e di orgoglio di appartenere al genere umano, fieri di essere buoni e generosi e al servizio degli altri. Finita però l’emergenza, si ritorna allo stato precedente, ciascuno alle sue abitudini ed attitudini. La banalità del male ha molto in comune con l’attitudine alla banalità dell’eroismo. Entrambe le condizioni emergono in particolari situazioni e circostanze, quando le forze situazionali svolgono un ruolo determinante nell’indurre singoli individui a varcare la frontiera decisionale fra inerzia e azione. C’è un momento decisionale cruciale in cui una persona è catturata in un sistema di forze che emanano da un contesto comportamentale.

Nel 2015 Bill Gates, creatore di Microsoft, denunciava pubblicamente la disattenzione della società e della politica verso questi temi: “la prossima guerra, che ci distruggerà non sarà fatta di armi, ma di batteri…” (TED Talk, 2015, New York). Non è una profezia, ma un segnale d’allarme per una letale pandemia, che ha registrato solo un diniego, una distopia. Cosa pensa Lei a riguardo?

La memoria umana è corta, per sua fortuna o sfortuna, e l’essere umano è perciò portato, per sua natura, a dimenticare ben presto anche gli eventi più tragici della propria vita e di quella della collettività. Questa sua capacità gli dà la possibilità di riprendersi, dopo un periodo di elaborazione del lutto, e di procedere sul suo cammino come prima o a seconda dei casi anche peggio. Ne sono testimoni le tante guerre che nel corso dei millenni ha combattuto con milioni di morti e distruzioni che dovevano costituire un monito per il futuro e per le generazioni a venire. Invece no, questo essere sembra avere proprio una sorta di amnesia selettiva nei confronti delle tragedie del passato che rimuove con troppa facilità pronto alla prima occasione a ricominciare da capo in una sorta di coazione a ripetere. Nemmeno alle menti più brillanti la storia ha insegnato e sedimentato qualcosa del passato. Negli anni si sono contate tante pandemie, ma molte ormai sono dimenticate: qualcuno forse ricorda la pandemia della cosiddetta influenza spagnola che tra il nel 1919 e il 1920 fece circa 50 milioni di morti (su una popolazione di meno di due miliardi di persone). Una situazione terribile che contribuì a rendere ancora più drammatica la devastazione umana del primo conflitto mondiale.

Ancor meno ricordata è l’encefalite letargica, epidemia che fra il 1917 e il 1927, colpì cinque milioni di persone nel mondo con pochi sopravvissuti alcuni dei quali rimasero in una sorta di perpetuo torpore.

Ne potrei citare chissà quante altre, di queste orribili emergenze sanitarie che il genere umano ha dovuto affrontare nel corso della sua storia, a volte senza l’ausilio della scienza medica che nel passato aveva ben pochi mezzi a disposizione per combatterle e debellarle. Ebbene, oggi che i mezzi ci sarebbero, che la medicina potrebbe usufruire dell’importante ausilio delle avanzate tecnologie al servizio della ricerca medica, davanti a questo “nuovo” virus tutto questo progresso risulta impotente. Allora, cosa ha imparato, assimilato da queste esperienze del passato questo essere che pur è intelligente, ma smemorato? Poco o nulla!

Bill Gates è un uomo, una mente abituata alla proiezione verso il futuro, dotato di un’immaginazione fervida che gli ha permesso la creazione del suo impero quindi perché meravigliarsi se ha ipotizzato l’avvento di una pandemia? Il virus del covid non è spuntato dal nulla. Le masse non ne conoscevano l’esistenza, ma gli esperti del settore lo conoscevano eccome!

Per gli addetti ai lavori segnalo uno studio scientifico del 2015 intitolato “A SARS-like cluster of circulating bat coronaviruses shows potential for human emergence” (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4797993/).

 

Sylvia Browne, veggente, medium, sensitiva americana, un anno prima della sua morte, nel 2012 ha scritto il libro Profezie, con il sottotitolo Cosa ci riserva il futuro. In questo libro anticipava: “Entro il 2020 diventerà di prassi indossare, in pubblico, mascherine chirurgiche e guanti di gomma, a causa di un’epidemia di una grave malattia simile alla polmonite, che attaccherà sia i polmoni, sia i canali bronchiali e che sarà refrattaria ad ogni tipo di cura”. Cosa pensa Lei a riguardo?

Penso molto male e le spiego il perché. Questa Sylvia Browne, famosa per le sue previsioni, moltissime sbagliate, ma anche per i suoi mille dollari a consulto, fa parte di quella folta schiera di personaggi statunitensi esportati in tutto il mondo da un sistema editoriale molto discutibile e dalle sospette connessioni governative. Sedicente medium, oggetto di numerose controversie, scrisse numerosi libri che diventarono best seller negli Stati Uniti, venendo poi tradotti in varie lingue. Fu ospite fissa nello show televisivo “The Montel Williams Show” ed ebbe un proprio spazio nel palinsesto della “Hay House Radio”.

A seguito di verifica empirica, i 115 casi investigativi, in cui lei asseriva di aver fornito informazioni utili, si rivelarono essere in realtà tutti fallimenti completi con una percentuale di indicazioni corrette pari a zero.

Fu processata e condannata per frode finanziaria (investment fraud) e appropriazione indebita (grand theft) nel 1992.

Nel testo originale in inglese del libro “Profezie”, la Browne fa un vago e anche generico riferimento ad una patologia simile alla polmonite. Se leggiamo il rapporto del 2014 della Fondazione Umberto Veronesi, in Europa la polmonite veniva considerata «la prima causa di morte per infezione nel continente» vista la resistenza ai farmaci e le diverse forme di polmonite esistenti. Nel 2017, stando ai dati condivisi dal progetto Our World in Data dell’università di Oxford, più di 2,5 milioni di persone sono morte per la polmonite e per un terzo erano bambini sotto i 5 anni. Andando indietro nel tempo, i dati ci forniscono informazioni fino al 1990: già allora le vittime erano più di 3,4 milioni.

Si tratta, quindi, di una patologia che da anni (e ancora prima della Sars) causa numerosi morti. Prevedere dunque che una malattia «simile alla polmonite» possa diffondersi e causare molte vittime è ragionevole, viste le informazioni che negli anni sono state raccolte sulla facile trasmissione, la difficoltà di cura e l’esito spesso mortale di questa patologia.

Per rendersi conto delle capacità della Browne basta avere la pazienza di vedere alcuni filmati che la riguardano su youtube dove fa previsioni davanti ad un folto pubblico, pagante. Ne azzeccasse una! Molti di questi furbi pseudo veggenti si servono di nemmeno complicate tecniche di mentalismo come il cold reading. Il “Cold Reading” è un’insieme di tecniche usate da comunicatori, esperti in manipolazioni mentali, veggenti, illusionisti per determinare dettagli su una certa persona, spesso con il fine di convincere gli altri che il “Reader” (colui che effettua il Cold Reading) conosca molto più di quello che effettivamente conosca. Molti, quelli più sofisticati, usano il Cold Reading su base statistica, utilizzando cioè come unico metodo di “divinazione” le statistiche fornite da enti governativi e questo potrebbe essere stato il caso della Browne che oltre tutto aveva a disposizioni ingenti mezzi economici.

Senza aver mai conosciuto una persona, un Reader esperto può velocemente ottenere una grande quantità di informazioni sul soggetto che gli sta di fronte, analizzando il suo linguaggio non verbale, l’età, i vestiti, il taglio di capelli, l’orientamento religioso, il gruppo etnico al quale appartiene, il livello di istruzione, il modo di esprimersi, il luogo di provenienza, ecc..

Costoro, poi, sono veloci ed abili nel cogliere, dalle istintive reazioni del soggetto, se le affermazioni fatte siano corrette o no, se abbiano colpito nel segno o no.

Dai feedback ricevuti, il Reader procede nella sua lettura, rafforzando i concetti o correggendoli strada facendo.

Quindi, il maggior obiettivo del “Cold Reader” sembrerebbe essere quello di stupire il pubblico e convincerlo delle proprie capacità straordinarie. Ed è quello che tentava di fare la Browne nei suoi mega consessi e non dico che non abbia potuto avere il dono della veggenza o la capacità di contattare i defunti, ma molti medium, anche del passato, allorquando abbiano voluto espandere e sfruttare le loro capacità per fini commerciali, non sono stati poi in grado di gestire le richieste a comando e quindi hanno iniziato a barare, a volte anche per non deludere chi credeva in loro. Come nel caso della famosa medium Eusapia Palladino alla quale ho dedicato un corposo saggio, dove il racconto della sua vita straordinaria si inserisce in un più vasto panorama storico-culturale tra fine dell’ottocento e primi del novecento del secolo scorso. Certamente penserete che, per essere un’esoterista, io abbia uno strano modo di pensare, ma, proprio perché conosco molto bene le dinamiche e le modalità con le quali si manifestano le cosiddette capacità paranormali, vi invito a diffidare da queste previsioni catastrofiste. Tutto ciò che ci accade personalmente e collettivamente è dato dalla nostra volontà e dalla somma delle nostre azioni. Gli eventi si possono prevedere, ma a cosa serve la previsione se poi non facciamo nulla per evitarli? Dobbiamo allora credere ad un ineluttabile destino predeterminato al quale non si può sfuggire, negare il libero arbitrio ed abbandonarci ad una esistenza passiva priva di azione, rinunciare ad esercitare la libertà personale e mettere in atto il percorso di vita immaginato, per paura di affrontare paure e limiti e ridurci ad attendere che appaia la parola “fine” a margine di una grigia e piatta esistenza?

Mi congedo da lei con una frase dello psicologo Rollo Reece May: “Quando la vita è ridotta alla semplice sopravvivenza e nient’altro ha significato, rimane ancora una libertà fondamentale, la libertà di scegliere il proprio atteggiamento verso il destino. Tale scelta probabilmente non cambierà il destino, ma cambierà sensibilmente la persona”.