Pietro de Silva, il cinema è estasi pura

Pietro de Silva, il cinema è estasi pura

16 Febbraio 2021 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

 

La “rivoluzione” prodotta dal Covid-19 ha oscurato quelle prodotte dagli esseri umani nel 1879, nel 1917, dal 1968.

Questa dannatissima “rivoluzione pandemica” infatti, causata da un essere molecolare…, condiziona quotidianamente, speriamo non irreversibilmente, le nostre vite.

Il rito dell’andare a cinema per gustarsi una prima di Tornatore, Sorrentino, di Mario Martone o di Spielberg, seduti a sgranocchiare pop-corn…è oramai un ricordo remoto.

Si continuano a produrre lavori di vaglia, ma è possibile seguirli dalla poltrona di casa, pagando l’abbonamento, in streaming.

Parliamo di questo e di altro con Pietro de Silva.  Attore poliedrico, Pietro de Silva comincia la carriera al teatro in maniera quasi casuale per poi affermarsi dal 1978 in compagnie stabili come quella di Gigi Proietti. Approda poi al cinema, all’inizio degli anni ottanta, ne’ Il minestrone di Sergio Citti, protagonista Roberto Benigni. Proprio Benigni lo chiamerà quindici anni più tardi ad interpretare ne La vita è bella (film che ottiene nel 1999 il riconoscimento dell’Oscar) la parte di un detenuto in un campo di sterminio nazista. Per il grande schermo viene chiamato in seguito dai Fratelli Taviani, Marco Bellocchio, Sergio Castellitto e Massimiliano Bruno. È noto al grande pubblico per varie interpretazioni in numerose serie televisive, soprattutto ne Il capo dei capi (2007), dove ha interpretato il ruolo di Boris Giuliano.

Come ha vissuto e vive Pietro de Silva la paura della pandemia e le indispensabili restrizioni?

Quando ci fu l’allarme pandemia nel febbraio 2020, indubbiamente rimasi completamente costernato e incredulo dall’entità di questa catastrofe della quale non riuscivo neanche a capacitarmi.

Ricordo che all’inizio dell’emergenza, si parlava ancora di epidemia e non di pandemia.

Come tutti, ero completamente pervaso dà un senso di sconcerto e di impotenza come se fosse un incubo ad occhi aperti, poi con il passare dei mesi ,mi resi conto che  l’assuefazione  a questa situazione surreale, che ci coinvolgeva tutti senza distinzione di ceto o di estrazione sociale ,diventava una amara e dolorosa consuetudine, alla quale giocoforza, bisognava comunque adeguarsi per sopravvivere.

D’altro canto purtroppo anch’io mi sono illuso, come molti del resto, che se ne potesse uscire in maniera più repentina, ma ogni volta, di fronte all’evidente sconsideratezza di tantissime persone, che hanno sottovalutato la pericolosità di questo tragico evento mondiale, siamo ricaduti a più riprese in continue emergenze.

Comunque lo stato d’animo che mi ha accompagnato in questi mesi, che purtroppo stanno diventando anni, non è tanto il senso di panico, quanto l’impotenza di fronte a un nemico così tenace è così difficile da sconfiggere.

Il mio desiderio più profondo? Fare un salto temporale in avanti nella mia testa di anni, in modo da lasciarmi alle spalle questo periodo buio che stenta a trovare uno spiraglio di luce.

Quali ripercussioni ha avuto questa tristissima congiuntura sulla produzione cinematografica e sui lavoratori del settore?

Assolutamente devastante: il cinema a tratti ha avuto qualche timido segno di ripresa ma il teatro purtroppo è devastato e completamente annullato, sparito dall’orizzonte degli eventi.

Contrariamente a molti colleghi non vedo il lockdown come una forma punitiva contro la cultura, tutt’altro, trovo sia meglio ricominciare alla grande. a pandemia finita, che continuare stentatamente con il distanziamento  che comunque penalizza  sia gli spettatori che gli interpreti  sul palcoscenico.

Il cinema è più vicino alla musica che alla pittura, perché è fatto non di immagini ma di inquadrature, dentro le quali scorre il tempo come nella musica (Eric Rohmer).

Cosa significa il Cinema per Lei?

Il cinema per me è estasi pura perché è un salto nella vita reale in cui alla fine ti convinci di aver vissuto l’esperienza che, in realtà, stai solo rappresentando in maniera fittizia davanti alla macchina da presa. Complice la verità di ciò che ti circonda, il cinema con solide sceneggiature e magiche atmosfere non è altro che  pura seduzione per un attore …qualcosa di veramente indescrivibile e inebriante.

Tanta fatica …ma tanto appagamento.

Invece per lo spettatore che ne fruisce, attraverso le immagini, l’incanto è la prova provata che le emozioni vanno vissute in maniera collettiva per cui va fruito nelle sale e non sulle piattaforme web proprio per la condivisione delle emozioni.