Nursing Up, protesta degli infermieri del Regno Unito

Nursing Up, protesta degli infermieri del Regno Unito

16 Dicembre 2022 Off Di La Redazione

 E se i colleghi britannici, a cui esprimiamo il nostro forte appoggio, con il loro stipendio netto base che corrisponde a circa 2300 euro, ed ai quali si aggiungono bonus e straordinari, chiedono una radicale revisione delle loro retribuzioni, ciò rinforza le ragioni delle nostre battaglie, in una Italia dove i nostri  stipendi di 1400 euro netti, senza bonus e straordinari, non raggiungono nemmeno la paga del più giovane degli infermieri inglesi».

 

«In questo momento di grande fermento e agitazione per gli infermieri britannici, che hanno messo in atto, in queste ore, legittimamente, quello che può essere definito uno sciopero senza precedenti, non solo per il Regno Unito, ma per tutto il contesto sanitario del Vecchio Continente, ci sentiamo di dover esprimere la nostra forte vicinanza ai colleghi che coraggiosamente hanno deciso di incrociare le braccia, rivendicando un consono aumento di stipendio, rapportato al mutato costo della vita e all’inflazione.

Quanto accade nel Regno Unito, esordisce Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up, non può non toccarci da vicino. 

Non può non farci sentire coinvolti e parte integrante di un legittimo “motus” di cambiamento che si respira non solo nel nostro Paese.

Se guardiamo a noi, come è inevitabile, e se viviamo in qualche modo le medesime aspirazioni dei colleghi britannici, è perché l’aumento spropositato dei beni di prima necessità, e non solo delle bollette energetiche, lo abbiamo ripetuto più volte, rischia di trasformare concretamente noi infermieri italiani nei nuovi poveri, con una retribuzione netta di 1400 euro al mese, che arriva a poco più di 1700 solo per alcuni, in dipendenza di straordinari, premi e quant’altro. Abbiamo stipendi tra i più bassi d’Europa.

Un sistema del quale, paradossalmente, siamo la colonna portante, con le nostre capacità e con quelle specializzazioni che ci rendono ambitissimi in altri Paesi europei verso i quali, da anni, è in atto una vera e propria giustificabile fuga.

Ed è per questa ragione che comprendiamo a pieno lo stato d’animo dei professionisti del Regno Unito e condividiamo i capisaldi che hanno portato, dalle prime ore di questa mattina, all’agitazione di decine di migliaia di colleghi.

E pensare, continua De Palma, che lo stipendio netto di un infermiere della Gran Bretagna, e parliamo di retribuzione base, tocca le 2mila sterline, circa 2300 euro netti, senza contare straordinari e premialità.

Una situazione economica profondamente diversa dalla nostra, ma che comunque appare, agli occhi della collettività britannica, non solo condivisa dai professionisti della sanità ma anche dai cittadini, come profondamente iniqua rispetto al costo della vita locale.

Lo sciopero senza precedenti che nelle prime ore di oggi è entrato in vigore nel Regno Unito ci richiama, inevitabilmente, alla nostra condizione, quella di una realtà sanitaria con una voragine di 80mila infermieri, e con una media ben al di sotto di quella europea, nel rapporto infermiere-paziente e infermiere-medico.

Anche la stampa italiana sta dando, come è giusto, ampio risalto all’agitazione degli infermieri del Regno Unito, mettendo in evidenza che il governo locale ha per ora ha respinto la richiesta di aumento salariale del 19% della rappresentanza sindacale, definendola “insostenibile”.

Sono stati allestiti picchetti davanti ai principali ospedali statali, tra cui il Guy’s and St Thomas NHS Foundation Trust di Londra.

Sembra lontano, almeno per ora, l’aumento di stipendio auspicato di 1400 sterline, mentre si cercherà un accordo per ottenere un aumento salariale del 5% al di sopra dell’inflazione, di per se molto alta .

Ci chiediamo, ed è doveroso farlo, cosa accadrà in Italia da qui ai prossimi mesi e quali potrebbero essere gli echi di protesta che si respireranno, in altri Paesi europei, dove gli infermieri vivono condizioni addirittura ben più gravi di quella dei colleghi britannici, dove la disparità tra retribuzione dei medici e quella degli altri professionisti del comparto ha toccato livelli altissimi di sperequazione», conclude De Palma.