Mirko Zisi: “Lo sport vi insegna cos’è l’ambizione, la perseveranza, il sacrificio”

Mirko Zisi: “Lo sport vi insegna cos’è l’ambizione, la perseveranza, il sacrificio”

4 Aprile 2023 Off Di Marco Magliulo & Pasquale Maria Sansone

Nato a Porretta (BO) il 08-11-1992, sin dall’infanzia è appassionato sia di sport, in particolare di arti
marziali, che di movimento umano in generale.
Ha iniziato a praticare karate, e, dopo una carriera agonisitica, ha deciso di intraprendere un percorso
accademico, laureandosi in Scienze dell’attività motoria e sportiva con specializzazione in attività motoria preventiva ed adattata, conseguendo un Master in Posturologia clinica, ed uno in Neuroscienza dello Sport. Dal 2011 ad oggi , ha ottenuto più di 40 certificazioni europee nei diversi ambiti delle scienze motorie e dell’allenamento, sino ad incontrare il Prof. Vincenzo Canali, ideatore e fondatore del Canali Postural Method®, l’unica metodologia posturale derivante dalla chinesiologia
È fondatore e proprietario di Habitus et Motus, un centro di chinesiologia e posturologia, specializzato nel Canali Postural Method®, nonché membro del Comitato Operativo del “Presidio termale internazionale di foniatria e postura globale” del Gruppo Monti Salute Più.

Oggi parliamo di Covid, sport e salute con: Mirko Zisi.

La fase pandemica più acuta sembra essere oramai alle spalle anche se i continui colpi di coda non lasciano del tutto tranquilli. Come ha vissuto, come vive, come ha affrontato e come affronta questa situazione di grande difficoltà per il mondo dello sport? Come ha gestito la paura del contagio ed il disagio legato alle severe misure restrittive?

La pandemia ha messo in ginocchio il mondo dello sport, già fortemente in crisi dalla mancanza di una vera riforma che ponga lo sport stesso come caposaldo della società odierna. Quello che abbiamo dovuto affrontare qualche anno fa è stata una vera e propria tragedia sociale: non è solo venuto a mancare lo sport inteso come valvola di sfogo, ma anche e soprattutto ne è stato disconosciuto il valore educativo, formativo e preventivo. Questo si concretizzò nella chiusura dei centri sportivi, alcuni dei quali non hanno mai più riaperto, e nella demonizzazione dell’attività fisica. Gli allenatori hanno dovuto affrontare un dramma anche psicologico da parte degli utenti, soprattutto dei bambini, provando a mantenere unito quel tessuto sociale che fa dello sport un sinonimo di aggregazione da dietro uno schermo, togliendo ciò che lo sport insegna: unione.

Abbiamo affrontato la situazione con la massima cautela possibile, nel rispetto dei vari DPCM, anche se molto spesso in contrasto tra di loro, tra i decreti attuativi e tra i protocolli federali.

Insieme alle restrizioni i tentennamenti del mondo politico hanno causato gravi danni allo sport, soprattutto a quello, cosiddetto, minore. Cosa è successo, in particolare, nella sua specialità?

 I tentennamenti del mondo politico purtroppo hanno fatto emergere le disuguaglianze tra i vari sport. Ci sono due cose che nello sport nessuno può mettere in discussione, entrambe paiono scontate perché ontologicamente legate al concetto di competizione sportiva: le uguali condizioni di partenza e le pari condizioni di fronte alle regole. Purtroppo queste condizioni vennero meno: i decreti diedero più importanza agli sport maggiori, solo perché più visibili; si vedevano quindi campi da calcio pieni e palazzetti vuoti. Questo fu un ulteriore schiaffo in faccia a chi, per scelta, decise ,e continua a farlo, di praticare uno sport minore. Ma non fu tutto: quelle società che si appoggiavano alle palestre scolastiche per portare avanti la loro mission, dovevano scontrarsi ulteriormente con i decreti del Ministero dell’Istruzione, con le regole interne all’istituto , e questo fu un ulteriore divisione nella disuguaglianza. Ma ora questo tempo è finito, e come ci insegna lo sport, dobbiamo pensare di riprendere da dove abbiamo lasciato, rendendo tutti consapevoli che non esistono sport di serie A e di serie Z.

Chi è stato a spingerla all’attività agonistica? o si è trattato di una folgorazione magari guardando ai modelli dei grandi campioni?

Non c’è stato un reale motivo che mi ha spinto a far agonismo. Mi ritengo fortunato nel dire che faccio parte di quella generazione che da piccolo usciva al parco e giocava, cadeva e si faceva male. Muoversi e avere voglia di farlo, è sempre stato parte di me. Oggi queste considerazioni, per i bambini odierni, sembra utopica. Il karate mi ha insegnato il rispetto, l’abnegazione, il sacrifico, la dedizione e la perseveranza. Ci sono state persone però che mi hanno instradato alla carriera formativa: quando spiegavano quei movimenti che fanno del karate un sport cosi elegante e raffinato, mi immaginavo i muscoli del corpo umano muoversi. Li figuravo nella mia mente. Quella fu la scintilla, ma anche la mia più grande fortuna: aver avuto qualcuno che sapesse regalare passione. La più grande vittoria dello sport: regalare passione.

Al di là delle doti personali e delle attitudini, quanto conta la forza di volontà nel raggiungimento degli obiettivi?

La forza di volontà è un muscolo da allenare. La volontà ,il desiderio e l’impulso sono la triade che spingono all’eccellenza. Forza di volontà e sport alla fine sono sinonimi. I progressi rafforzano il desiderio di continuare – si diventa più ambiziosi ma soprattutto più sicuri, un po come quando la coordinazione grezza diventa coordinazione fine. Prendi consapevolezza, fiducia. Non esiste forza di volontà senza un reale ambizione o passione: andare avanti con un unico obiettivo in testa, al di la di ogni cosa, contro tutto o tutti, è possibile solo e soltanto se il traguardo arde come il fuoco.

Se dovesse dare qualche “consiglio utile” ai ragazzi che si avvicinano alla sua specialità, cosa suggerirebbe?

Se dovessi dare qualche consiglio ai ragazzi è quello di fare sport, a prescindere.

Perché serve. Vi insegna cos’è l’ambizione, la perseveranza, il sacrificio. Poi è necessario perché è un problema sociale: la sedentarietà e la mancanza di un ambiente arricchito, come erano i parchi una volta, sono un problema serio. I bambini si muovono poco, si muovono male; gli adulti lo ritengono superfluo, ma non sanno che la sedentarietà costa 1, 3 miliardi di euro all’anno. Quindi un appello: fate sport a qualsiasi età e non privatene i vostri figli. Toglietegli il telefono, non lo sport. Non è un passatempo, ma una necessità.

Poi se posso permettermi. Un appello alle istituzioni: lo sport deve diventare un caposaldo della società odierna, è un esperienza di crescita e condivisione.