Depressione, speranze da molecola che stimola l’immunità

Depressione, speranze da molecola che stimola l’immunità

12 Marzo 2024 Off Di La Redazione

Stimolare le difese immunitarie per migliorare la risposta alle cure nei pazienti con depressione e disturbo bipolare. E’ la strategia suggerita da uno studio italiano finanziato dell’Ue, pubblicato su ‘Brain Behavior and Immunity‘. Il lavoro è firmato da Francesco Benedetti, responsabile dell’Unità di ricerca in Psichiatria e Psicobiologia clinica dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano-Turro e professore di Psichiatria all’università Vita-Salute San Raffaele, e da Sara Poletti, ricercatrice dell’Unità di Psichiatria e Psicobiologia del San Raffaele-Turro. Gli autori dimostrano “per la prima volta la sicurezza e l’efficacia della somministrazione di interleuchina-2 a basso dosaggio in pazienti depressi con disturbo depressivo maggiore (Mdd) e bipolare (Bd)”.

 Nonostante gli enormi miglioramenti nella psicofarmacologia antidepressiva basata su farmaci che agiscono direttamente sulla funzione dei neurotrasmettitori – spiegano dal San Raffaele – un terzo di chi soffre di Mdd non raggiunge una remissione sintomatica completa e nei pazienti con trattamento iniziale inefficace si osservano molte ricadute, aprendo la strada alla depressione resistente al trattamento. Gli esiti sono ancora peggiori nel Bd che è stato associato a tassi di successo estremamente bassi dei farmaci antidepressivi. Studi precedenti avevano già dimostrato che un’attivazione infiammatoria sistemica precede e si associa alla comparsa di episodi depressivi in corso di Mdd o Bd. La letteratura indica inoltre che il 30-50% delle persone con disturbi dell’umore presenta uno stato infiammatorio clinicamente identificabile. La depressione, in particolare quando resistente alle terapie tradizionali, è accompagnata da uno stato infiammatorio che investe l’intero organismo. I pazienti depressi sono più vulnerabili alle malattie infiammatorie e autoimmuni e, a loro volta, queste patologie scatenano la depressione anche in chi non ne ha mai sofferto: la depressione che ha colpito i reduci da Covid ne è un esempio.

 Le evidenze più recenti suggeriscono che questa attivazione pro-infiammatoria sia una conseguenza di un più generale squilibrio immunitario, con segni di senescenza delle cellule linfocitarie e una loro eccessiva attivazione in senso infiammatorio e autoimmune. Da qui l’ipotesi di stimolare le componenti regolatorie del sistema immunitario, non bloccando le sue funzioni – come si tentò di fare in passato con farmaci antinfiammatori e anticorpi monoclonali – ma indirizzandone l’attività verso un migliore equilibrio omeostatico. Gli esperti del San Raffaele hanno dunque puntato sull’interleuchina-2 (Il-2), una molecola normalmente presente nell’organismo con funzioni di immunomodulazione, in grado di influenzare l’attività dei linfociti T stimolando la produzione di nuove cellule e le loro funzioni regolatorie su immunità e infiammazione. Questo fattore di crescita delle cellule T ha mostrato un’efficacia antinfiammatoria in altre patologie autoimmuni ed è già in uso sul mercato, benché in formulazioni diverse dalle microdosi utilizzate in questo studio.

I ricercatori hanno valutato la sicurezza, l’efficacia e le risposte biologiche di Il-2 a basso dosaggio in pazienti depressi con Mdd o Bd. Sono stati reclutati 36 assistiti nel reparto per i disturbi dell’umore del San Raffaele-Turro, suddivisi casualmente – in un rapporto 2 a 1 – per ricevere o interleuchina-2 (12 pazienti Mdd e 12 Bd), o placebo (6 Mdd e 6 Bd). Gli autori hanno così definito un trattamento di potenziamento antidepressivo con Il-2 a basso dosaggio, associato alle tradizionali terapie antidepressive che i pazienti stavano assumendo.

 I cambiamenti nelle frequenze cellulari indotte dall’interleuchina – riporta il San Raffaele in una nota – sono stati rapidamente ottenuti nei primi 5 giorni di trattamento e hanno predetto il successivo miglioramento della gravità della depressione, senza effetti collaterali di rilievo. Proporzionalmente alla stimolazione dei linfociti T, i partecipanti allo studio hanno mostrato un potenziamento della risposta antidepressiva, anche quando affetti da forme di depressione resistente ai trattamenti tradizionali.

 Il lavoro ha quindi confermato che “i meccanismi immuno-infiammatori rappresentano obiettivi promettenti per la farmacologia antidepressiva, e che la correzione degli squilibri tra le componenti infiammatorie e regolatorie del nostro sistema immunitario può costituire una nuova strategia terapeutica per la depressione resistente”.

“Questo – afferma Poletti – è il primo studio di controllo randomizzato a supporto dell’ipotesi che il trattamento per rafforzare il sistema immunitario, e in particolare le cellule T, può essere un modo efficace per correggere le anomalie immuno-infiammatorie associate ai disturbi dell’umore e, al tempo stesso, potenziare la risposta antidepressiva”.

 “Pensiamo che i nostri studi possano già modificare la pratica clinica”, dichiara Benedetti: “Abbiamo infatti evidenziato con questa ricerca gli effetti terapeutici di interleuchina-2 a basso dosaggio senza rilevare effetti collaterali. Speriamo che queste evidenze aprano ora la strada a un nuovo modo di intervenire sulla depressione resistente ai trattamenti”. L’augurio è di “accendere l’attenzione” su questo nuovo approccio, “per affrontare l’iter previsto per ottenere l’indicazione all’uso clinico di questa sostanza per la depressione”.

 

 

 

 

Fonte: https://www.doctor33.it/articolo/59963/depressione-speranze-da-molecola-che-stimola-limmunita-lo-studio-del-san-raffaele