Covid-19, Simg, un vademecum per i medici di famiglia

Covid-19, Simg, un vademecum per i medici di famiglia

3 Aprile 2020 0 Di La Redazione

“Oltre al Coronavirus c’è un’altra epidemia fatta di delibere, indicazioni, disposizioni confuse e subentranti che generano solo disorientamento e incertezza negli operatori del territorio”.

 

Nella confusione e nel disordine generalizzati, la Simg cerca di fare chiarezza e fornire un elemento di orientamento e supporto alla comunità dei medici di famiglia, che ammontano a circa 60mila professionisti in prima linea contro il Coronavirus, una categoria che sta pagando un prezzo assai alto in questa lotta quotidiana, in termini di vite umane.

“Si utilizza il termine Dpi (Dispositivi di protezione individuale) senza un perché e senza i presidi stessi – evidenzia il presidente Simg, Claudio Cricelli, che lancia un forte appello e cerca di precisare – questo significa che un medico potrebbe gettarsi a casa di un paziente con febbre munito di una mascherina chirurgica usata da una settimana e fornita sul piazzale di qualche distretto, con il risultato di occupare un letto in più in ospedale e lasciare 1500 persone senza un riferimento per un tempo imprecisato. Servono risposte concrete; semplici regole che sostituiscano algoritmi complessi. Cerchiamo di riassumerle in questo documento, attraverso semplici quesiti a fronte di un vademecum che verrà pubblicato in queste ore sul sito Simg per poter meglio orientare tutti i colleghi”.

Qual è il ruolo del Medico di Medicina Generale con le dotazioni ad oggi in suo possesso?

Identificare il paziente sulla base del sospetto clinico– I medici che operano in un territorio ad elevata incidenza di infezione da Covid-19 riconoscono dopo 30 secondi dall’inizio di un’intervista telefonica il paziente con sintomi compatibili. Abbandoniamo complessi algoritmi. L’esecuzione sul territorio del tampone per la diagnosi è un tema interessante, che però ci distrae dall’identificazione precoce del paziente. Una semplice regola: “Sulla base dei sintomi che riferisce il paziente saresti sorpreso che fosse affetto da Covid-19?” Se la risposta è “Non sarei sorpreso” identificalo e poniti il sospetto diagnostico. Segnaliamo questi pazienti al servizio di Igiene, perché è giusto, perché è di buon senso. Il nostro ruolo è identificare il paziente (siamo medici di medicina generale), il loro compito è creare percorsi che confermino il nostro sospetto.

Isolare in via precauzionale il paziente e mettere in quarantena i contatti stretti (perlomeno i familiari)– Abbiamo bloccato un Paese intero ma lasciamo che i parenti di pazienti con sintomi compatibili vadano a fare la spesa o peggio si rechino al lavoro. Dobbiamo invece isolare il paziente sintomatico dal suo contesto familiare e procedere in via precauzionale alla quarantena dei familiari. Quali siano gli strumenti burocratici-legali per agire in tal senso non si comprende nella giungla dei documenti circolanti. Abbiamo dalla nostra parte la comunicazione in primis (spieghiamo al paziente le norme di isolamento e ai familiari qual è il comportamento da seguire come precauzionale quarantena). Il Coronavirus corre veloce, più veloce dell’apparato burocratico; combattere con regole ordinarie lo straordinario, dovremmo ormai averlo compreso tutti, non è una strategia vincente. Il punto in oggetto è la vera battaglia contro questa epidemia: dovrebbe avere priorità assoluta dal punto di vista normativo e organizzativo.

Monitorare i pazienti– Sentiamo i pazienti anche due volte al giorno e diventiamo i corrieri dei saturimetri e ancora una volta del buon senso. Intervista telefonica ben fatta, domande precise, monitoraggio costante, saturazione, rilevazione di parametri (temperatura, pressione arteriosa, frequenza cardiaca e frequenza respiratoria) e la maggioranza dei pazienti può essere gestita a domicilio senza ulteriori interventi.

Impostare una terapia sintomatica e di supporto– Cerchiamo di stare con i piedi per terra e utilizzare la medicina basata sul buon senso. Che siano le Società scientifiche di riferimento a indicarci, attraverso il confronto intersocietario, come trattare il paziente a domicilio; ci sono terapie di comprovata efficacia (ad esempio l’ossigeno liquido, che nelle aree più colpite è difficile reperire) che non hanno bisogno di Aifa o di Rct. Se viene proposto un trattamento con farmaci, che questi siano disponibili sul territorio e non rimangano parole scritte su documenti virali inoltrati su chat di gruppo.

Pianificare il percorso del paziente – Nel monitoraggio cerchiamo di analizzare l’andamento clinico del paziente e identifichiamo le red flags per attivare in maniera appropriata il Servizio di emergenza e urgenza. Confrontiamoci con i Colleghi ospedalieri (meglio definirci Colleghi del Sistema sanitario nazionale) che stanno dimostrando una disponibilità infinita e un impegno senza precedenti.

Comunicare con il paziente e tra operatori– Siamo in una situazione in cui c’è confusione, servono parole chiare, lucide e di buon senso. Comunichiamo al paziente anche la straordinarietà del momento che vive il Ssn. Comunicare e informare non sono la stessa cosa. Parliamoci, confrontiamoci, sosteniamoci tra operatori, una categoria quest’ultima che comprende infermieri, personale di segreteria e amministrativo, farmacisti, volontari, servizi sociali e tanti altri.

Rimane un punto non chiaro, nebuloso, che ha bisogno di certezze e di semplici regole: il sommerso dei pazienti identificati e che non hanno eseguito tampone per la diagnosi guarisce clinicamente. Identificarlo è facile, considerarlo non infettivo difficile, forse impossibile senza l’esecuzione di un tampone (anzi due). Servono esperti che si confrontino con noi medici di medicina generale e ci diano delle indicazioni, preferibilmente semplici.