Candida Sorrentino, la danza durante la pandemia

Candida Sorrentino, la danza durante la pandemia

19 Agosto 2020 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

“Il ballo è un rozzo tentativo di entrare nel ritmo della vita” diceva il grande G. B. Shaw. Entrare nel ritmo della vita è la cosa più difficile al mondo, ma durante il lockdown anche la danza professionale, quella che svolge un efficace ruolo catartico, ha perso questa nobile e terapeutica funzione.

Parliamo delle ripercussioni che la clausura ha avuto sul mondo della danza con una magnifica étoile del Teatro San Carlo. Candida Sorrentino si forma alla scuola di ballo del Teatro San Carlo diretta da Anna Razzi e, ancor prima del conseguimento del diploma, entra a far parte del Corpo di ballo dello stesso teatro, diretto da Elisabetta Terabust, ricevendo il “Premio al merito Leonilde Massine” a Positano.

Danza in prestigiose compagnie italiane e internazionali come Maggiodanza del Maggio Musicale Fiorentino, l’English National Ballet, l’Arena di Verona.

Interpreta numerosi ruoli di prima ballerina nei più famosi balletti di repertorio classico e moderno, tra cui Medora e Gulnara in “Le Corsaire(c. Fadeechev), la Musa in “Paganini”(c.Vassiliev), Kitry in “Don Chisciotte”(c. Gorsky), Clara-Fata Confetto ne “Lo Schiaccianoci”(c.Deane, Cannito, Panzavolta, Chang).

Dal 2014 fa parte della compagnia stabile del Teatro San Carlo, essendosi classificata prima nella graduatoria del concorso.

Ha partecipato a numerosi gala internazionali come il “Gala in onore di Vassiliev e Maximova” al teatro Bolshoj di Mosca, danzando con Vladimir Derevianko, la “Martona di danza” a Spoleto, il “Gran pas classique et corégraphes du XXème siècle a Bordeaux, il “Concert for Diana” allo stadio di Wembley di Londra, il “Gala per Jhon Gilpin” all’Opera di Montecarlo.

Come ha vissuto Candida Sorrentino la paura per il Coronavirus e la conseguente lunga clausura?

La paura per il Coronavirus è cresciuta con il passare dei giorni.

Devo riconoscere che, durante la settimana seguente al famoso 20 febbraio (giorno in cui fu segnalato a Codogno il primo focolaio di Coronavirus) ho fatto parte anche io di coloro che non comprendevano l’incredibile gravità del problema.

D’altronde in quei giorni ero impegnata al teatro San Carlo nel meraviglioso allestimento del Don Chisciotte, che ho interpretato, insieme a tutto il Corpo di ballo, fino al 3 marzo.

Ho iniziato realmente a percepire l’entità del problema quando io e i miei colleghi, la sera del 28 febbraio, abbiamo avuto la comunicazione ufficiale dalla Sovrintendenza dell’annullamento degli spettacoli che erano previsti di mattina per le scuole.

Dall’ultima recita del Don Chisciotte, l’evoluzione del dramma è stata rapidissima.

Dal martedì 3 marzo al fatidico 9 marzo, le misure più restrittive adottate in alcune zone del nord Italia venivano estese a tutto il territorio nazionale. 

“L’Italia chiude!”

Confesso che il mio primo pensiero è stato:” Come farò con le lezioni e le prove? Una ballerina professionista, che non si ferma per più di tre giorni nemmeno durante le vacanze estive, come potrà mai affrontare l’allontanamento dalla sala ballo e dal palcoscenico per un periodo indefinito di tempo?”

Ma, presto, a questa grande preoccupazione si è accostata la paura del virus sempre più profonda, paura che cresceva con l’aumentare quotidiano dei contagiati e delle vittime.

Così, è stata proprio la danza a “venire in mio soccorso”!

Dal primo giorno di clausura ho cominciato ad utilizzare il davanzale in marmo della finestra della camera da letto come sbarra e il tappetino da yoga come pavimento antiscivolo per gli esercizi con le scarpette da punta e per i piccoli salti.

Poi, già nella settimana successiva c’è stata un’evoluzione: ho acquistato online (ovviamente) una sbarra e un quadrato di tappeto da danza professionale (il famoso linoleum che solitamente vedete in palcoscenico durante gli spettacoli).

Mi sono completamente aggrappata alla danza e ho voluto fortemente seguire la routine del teatro per tentare di mantener vivo un quotidiano (anche se surreale) che rispecchiasse il più possibile la realtà della vita di sempre.

È stata dura, durissima, ma posso solo ringraziare la danza e le persone che mi sono state vicine con tutti i mezzi che la tecnologia oggi ci offre.

Un grazie speciale va alla mia meravigliosa maitre de ballet Pia Russo, che mi ha seguito tramite Zoom, e al fantastico padre Carlo Manunza, che ha coinvolto me e gli altri ragazzi della Comunità di Vita Cristiana in intensi e profondi incontri di preghiera (tramite Skype).

L’uomo, che crede di avere il totale dominio del mondo, ritrova tutta la sua miseria e la sua impotenza.

Il virus, volente o nolente, ci rende tutti umili.

Ognuno sempre con le proprie caratteristiche, ma certamente ognuno sempre più calato nella dimenticata condizione di “essere umano e basta”.

Negoziazione e umiltà. Ritengo che solo attraverso di esse l’uomo potrà tornare a vivere questo mondo, senza dover restare per sempre rinchiuso nella sua “prigione d’oro”.

In che modo il mondo della danza ha vissuto questo momento drammatico?

Per il mondo della danza, già perennemente in difficoltà, soprattutto nel nostro Paese, per motivi economici, legislativi e burocratici, questa pandemia è stata una catastrofe.

Se per ogni ballerino è stata una sfida con se stesso riuscire a mantenere un’adeguata forma fisica e un atteggiamento mentale positivo, per le compagnie di danza e per i corpi di ballo degli enti lirici la sfida per la sopravvivenza è stata titanica.

Il teatro San Carlo, come il teatro dell’Opera di Roma, il teatro Alla Scala di Milano o anche il teatro Massimo di Palermo hanno provveduto a creare dei canali web nei quali hanno inserito una programmazione di spettacoli di danza, di opera e di concerti di cui avevano valide registrazioni ufficiali.

L’American Ballet, così come l’opera di Vienna o di Stoccarda hanno consegnato a casa dei propri ballerini delle strisce di tappeto da danza professionale per permettere loro di ricreare nelle proprie dimore una parvenza di sala ballo e per trasmettere loro anche la vicinanza affettiva dell’ente lirico di appartenenza in un periodo così difficile e assurdo.

Certo è che la danza e tutte le attività che si svolgono in teatro rientrano (non a caso) nella categoria dello “Spettacolo dal vivo” e questo presuppone uno scambio di energia e di emozioni tra artista e pubblico che non potrà mai essere sostituito da nessun supporto tecnologico e da nessuna “intelligenza artificiale’.

Gli spettacoli di danza sono ora ripartiti utilizzando gli spazi aperti e riducendo il numero dei posti a sedere.

È stato per me un dono immenso tornare in scena il 18 luglio nel meraviglioso sito del Castello aragonese di Baia con una coreografia creata dal nostro direttore Giuseppe Picone sulla musica delle “Quattro Stagioni” di Vivaldi, rispettando la regola del “distanziamento sociale”.

Io, però, credo fermamente che, per la danza, più che per qualsiasi altra forma d’arte, sia necessario un ritorno al contatto umano diretto per permettere all’arte tersicorea di svelare tutte le sue meraviglie.

Vivendo anche in una famiglia di medici, che hanno messo a rischio la propria vita durante questo terribile periodo e che continuano a farlo, cerco di guardare avanti nella maniera più lucida possibile.

Osservo la realtà di questi giorni e spero vivamente che ogni essere umano possa comprendere l’importanza del proprio ruolo e possa essere più attento e rispettoso verso i propri simili.

Siamo tutti protagonisti del Nuovo Mondo che ci si presenta davanti.