Raffaella Galasso, la discriminazione di genere in ambito sanitario

Raffaella Galasso, la discriminazione di genere in ambito sanitario

6 Giugno 2021 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

Il 13 giugno 2019 è stato firmato dal ministro della Salute Giulia Grillo il decreto con cui venne adottato il Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere, previsto dall’articolo 3 della Legge 3/2018, approvato in Conferenza Stato-Regioni il 30 maggio del 2019.

Si tratta di una data molto importante che pone l’Italia all’avanguardia in Europa nel campo della Medicina di Genere.

Raffaella Galasso

L’esigenza di questo nuovo punto di vista, da includere in tutte le specialità mediche, nasce dalla crescente consapevolezza delle differenze associate al genere, con il fine ultimo di garantire ad ogni persona, sia uomo che donna, la migliore cura, rafforzando ulteriormente il concetto di “centralità del paziente” e di “personalizzazione delle terapie”.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce il “genere” come il risultato di criteri costruiti su parametri sociali circa il comportamento, le azioni e i ruoli attribuiti ad un sesso e come elemento portante per la promozione della salute. Pertanto, in base a tali indicazioni, si definisce “medicina di genere” lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso) e socio-economiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e di malattia di ogni persona.

Con l’approvazione di tale Piano per la prima volta in Italia viene inserito il concetto di “genere” nella medicina, al fine di garantire in modo omogeneo sul territorio nazionale la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale. Nell’era della medicina personalizzata risulta quanto mai importante, anzi diremmo indispensabile, tenere conto delle numerose differenze osservate tra uomini e donne.

Il Piano è nato dall’impegno congiunto del Ministero della Salute e del Centro di riferimento per la Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità con la collaborazione di un Tavolo tecnico-scientifico di esperti regionali in Medicina di Genere e dei referenti per la Medicina di Genere della rete degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) nonché di AIFA e AGENAS.

Oltre alla descrizione dello stato dell’arte della Medicina di Genere a livello nazionale e internazionale, il Piano indica gli obiettivi strategici, gli attori coinvolti e le azioni previste per una reale applicazione di un approccio di genere in sanità nelle quattro aree d’intervento previste dalla legge:

  • Percorsi clinici di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione
  • Ricerca e innovazione
  • Formazione
  • Comunicazione.

Allo scopo di assicurare l’avvio, il mantenimento nel tempo e il monitoraggio delle azioni previste dal Piano è stato costituito, presso l’Istituto Superiore di Sanità, un Osservatorio dedicato alla Medicina di Genere al fine di fornire al ministro della Salute i dati da presentare annualmente alle Camere

Obiettivo generale dell’Osservatorio è assicurare l’avvio, il mantenimento nel tempo e il monitoraggio delle azioni previste dal Piano, aggiornando nel tempo gli obiettivi in base ai risultati raggiunti, in modo da fornire al Ministro della Salute gli elementi per riferire annualmente alle Camere.

Altri Obiettivi dell’Osservatorio sono:

  • Assicurare il contributo delle diverse istituzioni centrali (Ministero della Salute, ISS, AGENAS, UVI, AIFA) e regionali (Conferenza Stato Regioni, tavoli tecnici regionali) anche attraverso la costituzione di gruppi di lavoro con rappresentanti dei soggetti istituzionali coinvolti
  • Assicurare il monitoraggio del Piano e il suo aggiornamento periodico
  • Garantire che tutte le Regioni italiane, in tutti i contesti appropriati, abbiano avviato programmi di diffusione della Medicina di Genere secondo le indicazioni del Piano
  • Promuovere l’interattività delle azioni di diffusione della Medicina di Genere tra gli assessorati regionali

L’Osservatorio è presieduto dal Prof. Silvio Brusaferro, Presidente dell’ISS ed è composto da 36 componenti, di cui 31 esterni all’ISS. Inoltre si avvale di una segreteria scientifica, di una segreteria di coordinamento e di una segreteria amministrativa.

Parliamone con un valido funzionario dell’ISS e Coordinatrice Nazionale Donne Federazione Innovazione e Ricerca Cisl, dott.ssa Raffaella Galasso.

Come ha vissuto e vive Raffaella Galasso la paura della pandemia ed il disagio legato alle indispensabili misure restrittive?

La pandemia ha rappresentato per tutti noi l’interruzione della nostra quotidianità. Prima della emergenza sanitaria che ci ha travolto nessuno, credo, avesse mai pensato alla possibilità di vivere l’esperienza del coprifuoco; mai avrei ipotizzato che nel mezzo del cammino della mia vita mi sarebbe stato proibito di abbracciare persone a me care, di condividere con amici e parenti serate che, prima dell’emergenza sanitaria, consideravo ordinarie e che solo ora mi appiano straordinarie e fondamentali per la mia vita. La paura maggiore è rappresentata dalla incertezza circa la fine della pandemia. Le restrizioni, definite draconiane, e che io invece ho ritenuto indispensabili per contenere lo sviluppo repentino della pandemia e per scongiurare il precipitare della situazione sanitaria, hanno comportato la necessità di individuare nuove modalità lavorative ed esplorare un nuovo modo di vivere i rapporti personali. Osservare visi amici solo attraverso i computer o le video chiamate rimarrà un’immagine indelebile nella memoria di tutti noi. Tuttavia, ritengo che quanto accaduto abbia determinato un modo nuovo di interpretare il nostro stesso stile di vita.

Il lavoro agile, le riunioni on line, indotte dalle inevitabili restrizioni, ci hanno obbligato a rivedere le nostre priorità ma soprattutto a rideterminare la percezione del nostro tempo, a riappropriarci di spazi che la vita quotidiana ci aveva lentamente sottratto. Forse l’unico lascito positivo della tragedia che ci ha travolto è l’averci costretto ad una diversa visione di vita, alle cui implicazioni pratiche molti non vorranno a giusta ragione rinunciare. Penso ad esempio al lavoro agile, che consente, in molti contesti lavorativi, di ottimizzare l’attività, impiegando per la famiglia o per se stessi il tempo che altrimenti sarebbe stato impiegato negli spostamenti verso e dai luoghi di lavoro. Tuttavia, il dato che induce inevitabilmente a riflettere soprattutto a chi come me si occupa anche di pari opportunità e di politiche di genere, è che durante la pandemia ad usufruire maggiormente del lavoro agile siano state le donne, alle quali è ancora demandata l’incombenza della cura familiare, così come sono state in misura maggiore le lavoratrici a perdere, purtroppo, il proprio posto di lavoro durante quest’ultimo anno.

Mi auguro, allora, che questa sconvolgente esperienza ci induca a riflettere su tali aspetti, nella consapevolezza che non possiamo rimandare oltre l’avvio di un processo di ammodernamento della nostra società che passi necessariamente anche attraverso la parità di genere.

In che modo la pandemia ha rallentato l’encomiabile ed innovativo progetto della Medicina di Genere?

Durante la pandemia l’attenzione della comunità scientifica è stata inevitabilmente focalizzata sul tema del Covid 19. La ricerca, però, non si ferma mai e le altre attività scientifiche svolte in ISS, come in altri enti di ricerca, hanno continuato il proprio percorso. Pertanto, come da voi ricordato, il giorno 8 aprile 2021 si è insediato in ISS l’Osservatorio Nazionale sulla Medicina di Genere (OSMG) a norma di quanto disposto dal Comma 5 dell’art.3 della Legge 3/2018. Ho appreso con piacere che durante la prima riunione i componenti dell’osservatorio hanno approvato un regolamento e hanno avviato la propria attività attraverso la costituzione di gruppi di lavoro, segno evidente della volontà di realizzare quanto disposto dal Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere. Ritengo che la costituzione del tanto atteso osservatorio sia la prova tangibile dell’attenzione che ormai da più parti, anche nel mondo sindacale, sia appuntata sulla tematica della Medicina di Genere.

La consapevolezza delle diversità anche biologiche tra uomo e donna e, quindi, della necessità di un approccio di genere anche nella pratica clinica, contribuisce a determinare cure più adeguate per i malati e contestualmente a migliorare il nostro Servizio Sanitario Nazionale.

Tale evidenza è emersa prepotentemente anche durante l’attuale crisi pandemica; si è riscontrata, infatti, un’incidenza diversa a livello di contagi tra uomo e donna, così come si è evidenziata una differenza nel tasso di letalità tra i due sessi.

Ho avuto modo di verificare con piacere che l’Italia, anche durante tale emergenza sanitaria, ha da subito fornito dati disaggregati per genere, proprio grazie al diverso approccio culturale che il nostro paese ha avuto rispetto alla Medicina di Genere.

Quanto le donne professioniste che operano sul campo, sostengono, valorizzano e promuovono la Medicina di Genere?

La prima volta che sentii parlare di Medicina di Genere fu durante un convegno dal titolo “Il ruolo femminile nel mondo della ricerca”, che organizzai in qualità di coordinatrice donne della FIR CISL presso il CNR il 9 maggio del 2011, benché chiaramente se ne parlasse già da tempo all’interno della comunità scientifica. L’intervento dell’allora Direttore Generale dell’ISS, la Senatrice Paola Bettoni, quindi una donna, verteva proprio sulla Medicina di Genere, sulla importanza delle differenze di sesso ai fini dell’appropriatezza delle cure e quindi sulla necessità di un maggiore coinvolgimento delle donne nei trials clinici. In quella occasione, per chi come me si occupava della integrazione di genere nei processi lavorativi e delle connesse ripercussioni sociali, si aprì un filone di riflessione nuovo ma essenziale, ovvero la discriminazione di genere in ambito sanitario. Da quel giorno in poi ho partecipato a diversi eventi sindacali nei quali si è discusso di Medicina di Genere, dell’impatto che la stessa ha in diversi campi non solo sanitari, ma anche sociali ed economici.

Ho riscontrato, nel corso del tempo, la presenza di molte professioniste femminile che operano in tale settore. Lo stesso Direttore del Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità è una donna, la Dott.ssa Alessandra Carè. Cosi come è una donna la Sottosegretaria alla Salute con delega per la Medicina di Genere, l’On Zampa. Mi auguro che in futuro tale branca continui ad essere adeguatamente valorizzata, poiché la parità di genere cui auspichiamo sarà frutto di una rivoluzione culturale che riguarderà tutti i settori, ivi compreso quello scientifico e sanitario.