Vera Negri Zamagni, guardare alle esperienze negative per investire meglio sul futuro

Vera Negri Zamagni, guardare alle esperienze negative per investire meglio sul futuro

15 Febbraio 2021 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

“Lo spread, grazie alla investitura di Mario Draghi si attesta intorno ai 94 punti base e secondo diversi analisti che saggiano gli umori del mercato è possibile che la discesa prosegua fino a collocare il differenziale tra i Btp e gli omologhi Bund tedeschi una forchetta tra i 55 e i 65 punti base, con il rendimento sui bond decennali che scenderebbe ulteriormente dall’attuale livello (attorno allo 0,5%). Poiché ogni 50 punti base in meno, il Tesoro risparmia in spesa per interessi attorno a 1,5 miliardi l’anno, si aprono degli spazi oggettivi di bilancio (da quantificare con precisione a fine anno), da utilizzare per rendere più corposa l’azione di sostegno alla crescita”.

Sembrerebbe proprio che la presenza di Draghi sulla scena politica italiana sia garanzia di ripresa. Da Governatore della Banca d’Italia e da Presidente della Bce, Draghi ha auspicato fortemente che l’economia italiana, dopo anni di stagnazione e ora di recessione, cominci finalmente a decollare. Il tema della crescita sarà senz’altro al centro delle dichiarazioni programmatiche che il presidente del Consiglio incaricato esporrà in Parlamento, non appena il Governo si sarà insediato. Al momento, appare praticamente impossibile che quest’anno si possa realizzare l’incremento del Pil indicato al 6% dall’ultima Nota di aggiornamento del Def.

Di spread, Def e Recovery plain, chiusure delle aziende, impoverimento della popolazione ed altro parliamo con una Storica dell’Economia di chiara fama.

 Laureata in filosofia nel 1966 all’Università Cattolica di Milano con 110 e lode, con una tesi sulla pubblicistica cattolica in campo economico e sociale negli anni 1890/1904; Studente postgraduate all’Università di Oxford (Gran Bretagna) 1969/1973. D.Phil. in Storia economica all’Università di Oxford 1976, con una tesi sui divari regionali in Italia attorno al 1911; Ha insegnato nelle università di: Trieste, Facoltà di Lettere, corso di laurea in storia (1975/761978/79, incaricata, poi stabilizzata) Cinematica dei fatti economici e sociali Firenze, Facoltà di Scienze Politiche (1979/801986/87, incaricata stabilizzata, poi associata dal 1982) Storia economica e, per supplenza, Economia internazionale e Teoria dello sviluppo economico Bologna, Facoltà di Scienze Politiche (1987/881989/90, associata) Metodologia della ricerca storica Cassino, Facoltà di Economia (1990/911992/93, straordinaria) Storia economica Bologna, Facoltà di Economia (1993/94-oggi, ordinaria) Storia economica, poi Storia dell’industria, Storia del commercio, Storia della finanza, Storia istituzionale e comparata, Storia economica del turismo; Dal 1973/74 è visiting professor di Storia economica europea presso il SAIS Europe Center della Johns Hopkins University. Nel 2016, il SAIS Europe ha denominato una professorship in Development Economics con i nomi congiunti di Vera and Stefano Zamagni.

È stata fondatrice e fino al 2001 co-editor della European Review of Economic History, la rivista leader di storia economica europea pubblicata da Cambridge University Press a partire dal 1997. Ha collaborato a Il Sole24 Ore e a numerose altre riviste e giornali. È stata segretaria della Società Italiana degli Storici dell’Economia (19891993), membro del Comitato 10 del Consiglio Nazionale delle Ricerche (1994-1999), reggente della filiale di Bologna della Banca d’Italia (1996-2000 e 2011-12), membro del GEV 13 dell’ANVUR (2011-13).

È stata vicepresidente della Giunta regionale dell’Emilia-Romagna e assessore alla Cultura, Sport e Rapporti coi Cittadini dal maggio 2000 al dicembre 2002.

È nel comitato scientifico dell’associazione ASSI per lo studio della storia d’impresa. E' nel gruppo di lavoro per il settore storico della Casa ed. Il Mulino di Bologna. È socio corrispondente della Deputazione di Storia patria per le Province di Romagna. E’ stata nel Consiglio dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani 2006-2011.

Nell’ottobre 2001 ha ricevuto una laurea honoris causa dall’Università di Umeå (Svezia). E’ stata nel CdA di Banca Carim di Rimini (2012-2017). E’ nel CdA della Datalogic di Bologna (2018…). È vicepresidente della ONG CEFA di Bologna. E’ presidente dell’Associazione Amici dell’Hospice M.T.Chiantore Seragnoli di Bologna.

150 saggi, 23 volumi e 15 curatele, di cui un buon numero in inglese e alcuni in spagnolo – riguardano il processo di sviluppo economico italiano dall’unificazione a oggi, con particolare riferimento agli squilibri regionali, alla distribuzione del reddito, agli standard di vita, alla business history, all’intervento dello stato e allo sviluppo del movimento cooperativo.

Come ha vissuto e vive Vera Negri, Accademica, moglie e madre la paura della pandemia e il forte disagio per le doverose misure restrittive?

Intanto devo dire che il mio cognome Negri è poco noto, perché nei quattro anni in cui già da sposata con Stefano Zamagni ho frequentato l’Università di Oxford per un dottorato (conseguito nel 1975) tutti mi hanno chiamato col nome di mio marito e persino il mio certificato di dottorato riporta Vera Zamagni. Si spiega così perché i miei libri e articoli siano prevalentemente firmati Vera Zamagni.

Tornando alla domanda, devo dire che uno dei molti effetti postivi della mia frequentazione dell’Università di Oxford fu aver lavorato negli anni 1970 con i primi computer mainframe a schede perforate, poi a nastro, il che mi ha spinto a proseguire anche una volta tornata in Italia con l’utilizzo dei computer. Quando arrivarono i PC a fine anni 1980, mi comperai un 386, che funzionava a comandi su tasti e così di seguito, fino ad oggi. Sono uno dei rari casi di persona della mia età, per di più donna, ad essere destra con l’elettronica, potendo imparare tutti i programmi, app e quant’altro che via via vengono sfornati in poco tempo da autodidatta. È così avvenuto che con il lockdown, le mie competenze informatiche non solo hanno permesso a me di collegarmi immediatamente con studenti, amici, parenti, nipoti, ma anche di fare da supporto a un marito che invece aveva sempre rifiutato l’informatica, ma ora si trovava necessitato a trasferire le sue lezioni e le sue conferenze on-line. Si può dunque immaginare quanto fossi impegnata, ad imparare a collegarmi con le nuove piattaforme, ad inventare modi di relazionarsi con chi non si poteva vedere in persona, ad offrire supporto a chi me lo chiedeva. Con i miei quattro nipoti, per esempio, avevamo un incontro su zoom o altra piattaforma almeno una volta alla settimana, con l’impegno a raccontarci qualche barzelletta, a relazionarci sulla DAD o altri eventi familiari. Avevo in corso un progetto di ricerca che implicava una serie di interviste, che ho trasferito online con grande soddisfazione. Uscivo quando potevo, ma ho dovuto trasferire la ginnastica posturale che facevo in palestra con esercizi a casa e passeggiate attorno a casa. Insomma, una vita certamente “anchilosata”, ma non persa, anzi, in certi casi, persino più piena ed essenziale di prima. Se c’è una “morale” da trarre è che coltivare le nuove tecnologie in armonia rispetto ai propri principi di vita permette di guardare con serenità al futuro.

In qualità di Storica dell’Economia, ci ricorda un precedente di grave disastro economico pari al tragico momento attuale?

Noi ci eravamo davvero voluti dimenticare di quanto è fragile l’umanità, avendo finalmente archiviato con la II guerra mondiale l’uso della guerra e avendo coltivato una fede sconfinata nella scienza. La pandemia da Covid-19 ce lo ha ricordato, così come altre epidemie di più limitata dimensione, attacchi terroristici e guerre locali. Ma prima dell’ultimo mezzo secolo i disastri economici, direttamente provocati dal malfunzionamento dell’economia o indotti da guerre, carestie ed epidemie erano ricorrenti. Sono usciti ora parecchi volumi sulle pandemie del passato, specie quelle di peste, che potevano ridurre di un terzo la popolazione nell’arco di pochi mesi, per non parlare della lebbra, del vaiolo, del colera, della poliomielite, dell’AIDS. L’influenza spagnola che ebbe tre ondate tra 1918 e 1920 infettò circa 500 milioni di persone (sui due miliardi circa dell’epoca) e ne uccise circa 50 milioni. Ma anche le carestie erano letali. Si pensi all’ultima carestia europea che colpì l’Irlanda tra 1845 e 1849. Più di un milione furono i morti e circa 4 milioni coloro che emigrarono rispetto ad una popolazione di circa 8 milioni di abitanti. È questo il vero motivo per cui i progressi dell’umanità sono stati sempre lenti nella storia, perché venivano contrastati da tutti questi eventi negativi, che riducevano pesantemente la popolazione e l’accumulazione di capitale e conoscenze. La prudenza è una virtù fondamentale per gli umani, che dovrebbero essere consapevoli della loro fragilità, evitando di farsi trovare impreparati di fronte ai rovesci che sono sempre in agguato. Chissà se riusciremo oggi a re-impararla.

Si registra un’Emergenza Sanitaria con un altissimo numero di decessi, ma soprattutto un’Emergenza Sociale con un marcato numero di Poveri e drammatico è il crollo Economico-Finanziario, pertanto si impone un Rilancio Economico con il Recovery Fund al fine d’investire nella risorsa dei Giovani e nel loro Futuro (Next Generation) ed è questa la sfida, che impone una coesione politico-sociale. Qual è il Suo Pensiero al riguardo?

Già ho sopra detto che, alla luce del lungo periodo, il presente crollo economico-finanziario non è affatto uno dei più gravi, anche perché il livello medio di reddito, ricchezza e conoscenze è molto più elevato oggi rispetto al passato e ci permette di reagire con più mezzi. Le persone, però, hanno la memoria corta e questo che ora viviamo è l’unico crollo che sperimentano personalmente, dopo un lungo periodo di prosperità, che aveva fatto dimenticare a molti la prudenza: non conviene spendere in consumi tutto il reddito, mettendone da parte un po’ per i tempi duri, che si pensava non sarebbero mai più arrivati. A peggiorare la situazione, ci si mette anche l’incapacità di cambiare registro da parte delle autorità pubbliche, che insistono in una routine politico, burocratica ed economica non più adatta alla situazione.  Da una situazione di grave crisi si esce in un modo solo: trasformando l’organizzazione politico-economico-amministrativa del paese investito dalla crisi. Naturalmente, qualche sussidio per fronteggiare i problemi più gravi di sopravvivenza è inevitabile. Ma il grosso della spesa pubblica va direzionato ad investire per risolvere i colli di bottiglia già da tempo noti e mai affrontati. Fu così che De Gasperi e i suoi collaboratori fecero uscire l’Italia dalla grave crisi successiva alla fine della seconda guerra mondiale, spendendo il grosso dei fondi di contropartita a valere sui beni inviati dagli Stati Uniti all’Italia tra 1948 e 1952 con il Piano Marshall in progetti di investimento che innescarono il miracolo economico. Siamo tutti fiduciosi che Mario Draghi saprà gestire in modo analogo il Next Generation EU.

Si registra un divario obiettivo, incontrovertibile ed inconfutabile in Italia tra Nord e Sud, ma soprattutto nel Mezzogiorno s’implementa un grave gender-gap nel mercato del lavoro, giacché sono le Donne a perdere il posto di lavoro. Qual è il suo contributo al riguardo?

Si tratta di un tema sul quale ho scritto moltissimo, fin dalla mia tesi di dottorato ad Oxford. In estrema sintesi, il nostro Sud ha avuto un’eredità storica pre-unitaria pesantemente negativa, specialmente per quanto riguarda l’istruzione (all’unificazione, gli analfabeti erano il 90% circa della popolazione meridionale). Ha poi subito i contraccolpi negativi delle due guerre mondiali e della dittatura fascista (scarsamente interessata al Sud). Anche quando nel secondo dopoguerra il problema dell’arretratezza del Sud venne affrontato, prevalse una mentalità assistenzialistica, che incentivò i fenomeni mafiosi, e solo pochi furono i tentativi di investire in capitale fisico e umano. Io non ho perso la speranza che si possa cambiare ma che, soprattutto, siano gli stessi meridionali a rialzare la testa e farsi loro stessi imprenditori capaci di sconfiggere le mafie. Ci sono molti importanti segni in questa direzione, che va appoggiata e sostenuta.

Quanto alle donne, esse soffrono in tutti i paesi della loro discriminazione storica ed è ovvio che soffrano di più dove l’economia è più debole. Ma anche in questo caso, sono le donne stesse che devono scuotersi e applicarsi a coltivare i loro talenti, sottraendosi alle sirene di voler risolvere i loro problemi facendo leva solo sul loro corpo e ribellandosi alla dipendenza soffocante da partner che le schiavizzano e poi le sfregiano e le uccidono. Basta con aspettare dall’alto la soluzione ai propri problemi. Per fortuna, sono molte le donne oggi, anche nel Mezzogiorno, che hanno compreso questo e che si fanno onore in tanti campi. Ma non sono ancora abbastanza.

 Il self-help che ho invocato sia nei confronti del Sud sia nei confronti delle donne implica che ci si coalizzi, che si agisca insieme per aumentare la propria capacità di resilienza. Sono le aree dove si è realizzata la cooperazione, l’associazionismo, il mutualismo quelle che hanno saputo meglio dare risposte a questi ed altri problemi.