Smi: “Il sindacato deve tutelari i diritti della categoria”

Smi: “Il sindacato deve tutelari i diritti della categoria”

10 Dicembre 2020 0 Di Pina Onotri*

Ben due collegi giudicanti (sei giudici) si sono espressi in proposito accogliendo il ricorso presentato dalle organizzazioni sindacali mediche.

 

 

Scrivo in merito alle sentenze, numero 05520 e numero 03723 del 2020, emesse dal Tar Lazio il 16 novembre e il 20 novembre 2020, in seguito al ricorso presentato dallo Smi, e successivamente da Snami e Cipe, contro la delibera della Regione Lazio che investiva i medici di medicina generale dei compiti propri delle Usca (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) finanziate con 780 milioni di euro a livello nazionale di cui 124 milioni alla Regione Lazio, come riportato da organi di stampa.

 Ben due collegi giudicanti (sei giudici) si sono espressi in proposito accogliendo il ricorso presentato dai sindacati in epigrafe in quanto la istituzione delle Usca costituisce “Principio fondamentale di legislazione concorrente nella materia tutela della salute sulla cui esistenza le regioni non esercitano alcuna discrezionalità”.

 Il rinforzo degli organici sul territorio, tramite le Usca, rientra nella lotta al contrasto della pandemia ed è tesa a impedire il diffondersi del virus sul territorio, così come nell’intenzione del legislatore nazionale.

Abbiamo semplicemente chiesto l’applicazione della legge, a tutela dei diritti dei nostri pazienti, e il tribunale ci ha dato ragione.

Da qui si è scatenata una campagna massmediatica denigratoria, orchestrata ad arte, contro i medici di medicina generale “fannulloni “cui si chiede di dimostrare il proprio valore occupandosi dei pazienti Covid e, tra una visita e l’altra, effettuare tamponi a destra e a manca.

Non sapendo, o facendo finta di non sapere, che seguiamo puntualmente e capillarmente, da marzo di quest’anno, circa il 96% dei pazienti Covid (solo il 4% è ospedalizzato), più l’extracovid, le altre malattie non sono scomparse per miracolo, vicariando le funzioni dei SISP carenti di organico, con compiti aggiuntivi, come quello della reperibilità per 12 ore al giorno, mai contrattualizzati.

 Lavoriamo più di 60 ore a settimana, tantissimi di noi sono contagiati o malati, non sappiamo neanche quanti, non rientrando nelle statistiche Inail in quanto non destinatari di alcuna polizza di infortunio sul lavoro. Ci ammaliamo, moriamo, al ritmo di tre medici al giorno. Tutti i giorni.

A oggi 230 medici sono deceduti, di cui la metà medica di medicina generale, media superiore del 500% rispetto ai medici morti negli altri paesi europei. E ci si chiede di dimostrare il nostro valore facendo tamponi?

Credo che essere medico abbia un significato e un valore più alto che fare un tampone.

La Regione Lazio invece di implementare l’assistenza domiciliare ai malati Covid, che da marzo in poi sono solo ed esclusivamente in carico alla medicina generale (ribadiamo che le Uscar a casa dei nostri pazienti non ci sono mai state e lì dove avevamo bisogno di un’ecografia polmonare di un emogasanalisi siamo stati costretti all’invio in ospedale), ricorre contro il Sindacato dei Medici Italiani al Consiglio di Stato, specificando che tale Sindacato “ha una quota di rappresentatività pressoché insignificante”.

Quando un organo istituzionale, per il tramite dei suoi avvocati, principia un contenzioso in questo modo, mi preoccupa lo stato di diritto di qualsivoglia singolo cittadino di questo paese.

Circa nove Regioni sono scese in campo contro Smi: Lazio, Veneto, Molise, Puglia, Lombardia, Calabria, Basilicata, Trentino Alto Adige, Liguria. Tutte regioni contro i medici di medicina generale.

Tutte, ad adiuvandum alla Regione Lazio, contro lo S.M.I., sindacato dalla rappresentanza insignificante. Se è tanto insignificante perché c’è stato tutto questo dispiego di forze per abbattere un “moscerino”? Abbattere, con forza, una delle poche voci di dissenso serve a dare l’esempio, questa è la nostra analisi!

Ma la cosa che ci ha lasciato più stupefatti è la discesa in campo della Fimmg, con intervento per opposizione al Consiglio di Stato, ed ad adiuvandum alle Regioni, contro lo Smi. Nello Statuto Smi è previsto l’obbligo di: “Promuovere la solidarietà tra tutti i sindacati le associazioni e le categorie mediche al fine di tutelare gli interessi della professione medica”. Devo supporre che altrettanto non sia previsto nello statuto della Fimmg.

 Abbiamo sempre evitato di commentare, per rispetto istituzionale, l’operato altrui ma, a questo punto, è doveroso ricordare al sindacato maggioritario della categoria medica, sindacato che paga con le quote dei medici il ricorso contro i medici, qual è la definizione di sindacato: associazione di lavoratori per la tutela dei diritti e degli interessi di categoria sul posto di lavoro e nell’ambito della società. Tutelare i diritti e gl’interessi della categoria: non c’è nessuna vergogna in questo. Ed è questo che Smi intende fare, per gli iscritti che rappresenta e per i non iscritti: tutelarne i diritti e gli interessi.

In nome di tutti i colleghi morti e di cui alle istituzioni, compreso il sindacato di maggioranza, non sembra interessare granché!

 

*Segretario Generale Sindacato Medici Italiani