Problemi di udito, 7 milioni di italiani ne soffrono: passi avanti nella ricerca

Problemi di udito, 7 milioni di italiani ne soffrono: passi avanti nella ricerca

17 Novembre 2022 0 Di La Redazione

In Italia sono 7 milioni le persone che soffrono di problemi, più o meno grandi, dell’udito, pari al 12% della popolazione.

A esserne colpite maggiormente le persone più anziane tanto che un over 65 su tre lamenta il problema. Ma solo il 35% di chi ne avrebbe bisogno, utilizza apparecchi acustici, mentre il restante 65% non lo fa.

Sono alcuni dei dati emersi dall’edizione 2022 di EuroTrak, ricerca che misura l’efficacia e la qualità dell’uso di audioprotesi. illustrati durante lo speciale AnsaIncontra, trasmesso su Ansa.it. “L’età media del primo test dell’udito in Italia è 72 anni mentre i problemi iniziano molto prima. Dal primo esame – spiega Riccardo Cattaneo, responsabile relazioni istituzionali di Amplifon – al momento in cui si inizia a risolvere il problema aspettano in media 3 anni. Dalla ricerca emerge anche che chi li usa lo fa con livelli di soddisfazione di oltre l’80%. In pratica le persone che iniziano a usare gli apparecchi non smettono più di farlo, trovano benefici, migliorano la qualità della vita, sono più attivi nel mondo del lavoro, dormono di più”. E il motivo è facile da capire. “La perdita di udito peggiora ansia, equilibrio”, spiega Corrado Canovi, presidente Associazione Italiana Audioprotesisti Professionali. Di contro, “il 75% di chi usa apparecchi acustici, da quando ne fa uso si sente più sicuro alla guida; e vede ridurre il rischio di cadute perché la mancanza di udito crea anche problema di equilibrio. Purtroppo si tende a pensare che l’ipoacusia faccia parte dell’invecchiamento e sia inevitabile. Ma non è così. E’ necessario fare di più, a partire dal medico di medicina generale”. Bisogna, quindi fare più comunicazione per ridurre lo stigma. “L’Italia è tra i paesi con i più alti tassi di uso di apparecchi acustici in Europa, pari al 35%, ma molti over 65 soffrono del disturbo e non hanno diagnosi e alcuni nostri vicini di casa, come la Francia, sono ben oltre il 50%. Questo è dovuto al fatto che non esistono visite periodiche e campagne di screening nella popolazione generale, come quelle che si facevano anni fa al momento della leva”.