Operatori sanitari, soldati della guerra contro il Covid

Operatori sanitari, soldati della guerra contro il Covid

9 Aprile 2020 0 Di Mariarosaria Rondinella*

Una cura definitiva e la ricerca potranno sconfiggere definitivamente questo virus o, se ci sarà, un vaccino che ci liberi definitivamente da questa patologia.

 

Mariarosaria Rondinella

Questa è una guerra globale senza precedenti e l’umanità sta affrontando lo stesso nemico, il Covid-19, il nuovo Coronavirus, cogliendo tutti impreparati, perché va considerato non solo come una polmonite interstiziale, ma una malattia sistemica, ovvero una vasculite trombofilica virale con infiltrato infiammatorio con possibile presenza di microtrombosi emorragica con imponente liberazione a cascata di citochine, polmonite e compromissione sistemica. Purtroppo il primo campo di battaglia anche in Italia è stato l’ospedale in cui i nostri soldati sono stati i primi ad essere contagiati.

Gli Operatori Sanitari quotidianamente rischiano la loro vita e vanno lodati per il coraggio dimostrato. Negli ultimi due mesi hanno vinto tante battaglie cadendo anche numerosi sul campo di guerra. Consapevoli del compito e della missione di Medici e Infermieri, per garantire la vittoria è indispensabile assicurare DPI adeguati a tutto il personale, organizzati in team multidisciplinari, dai medici di base a quelli ospedalieri al 118, con protocolli adeguati, risorse sufficienti, esperienza, tecnologia, presidi efficienti di protezione. L’ addestramento di good practice deve essere continuo anche con esperienze maturate nei corsi Nbcr.

Ma adesso a due mesi dall’inizio e in vista della fase 2 (per fortuna i contagiati diminuiscono e si allenta la pressione sulle terapie intensive), facendo tesoro degli errori che pure ci sono stati occorre cambiare strategia permettendo così anche la ripresa delle attività produttive con maggiore serenità. La scommessa dell’exit, graduale ma necessaria e che ci porterà a convivere per parecchio tempo con il covid, non può prescindere dal rafforzamento della medicina territoriale, con un team multidisciplinare integrato anche con psicologi e assistenti sociali affinché nessuno rimanga mai solo e possa essere sorvegliato in modo attivo per tutta la durata della quarantena. Gli anziani stanno morendo soli a volte sacrificandoli per un posto letto, quindi ora è nostro dovere non farli arrivare tardi in terapia intensiva. Per questo bisogna concentrare le risorse.

Le Usca vanno potenziate. Gli investimenti fino ad ora fatti per aumentare i posti in terapia intensiva e gli ospedali nuovi vanno ora dirottati sul territorio. Questi ultimi anche in questa fase saranno utili per liberare gli ospedali “normali” dai pazienti covid che pure dovranno riprendere in sicurezza le attività fatte fino a due mesi fa. Non a caso gli anziani con patologie gravi non vanno più in ospedale e non chiamano il 118. È Importante creare task force di medici e infermieri in ciascuna Asl, muniti di saturimetro, fonendoscopio, ecografo portatile, che visitino i contagiati al loro domicilio e inizino la somministrazione precoce dei farmaci autorizzati se occorre.

Così si salvano più vite e non si sovraccaricano gli ospedali! E quei nonni che volevano godersi i nipoti avranno maggiore possibilità. Una cura definitiva e ricerca potranno sconfiggere definitivamente questo virus o, se ci sarà, un vaccino che ci liberi definitivamente.

*Medico chirurgo, già responsabile centrale operativa regionale di soccorso