La vita ridotta a valore economico, per i cristiani non è così

La vita ridotta a valore economico, per i cristiani non è così

3 Luglio 2019 0 Di La Redazione

Le tre fasi della pastorale della salute: da “momento” sacramentale a “momento” sanitario, al momento di accompagnamento dell’uomo verso il suo benessere.

A Pompei, nei giorni scorsi, l’incontro sui temi della salute e del benessere, che si è aperto con un momento di preghiera, guidato da Monsignor Francesco Alfano, che ha introdotto il tema dell’incontro “La gratuità del dono”.

Quindi padre Alberto ha presentato e introdotto don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale C.e.i. per la Pastorale della salute, che sul tema previsto ha offerto una interessante riflessione, di cui si presenta una sintesi.

La società ha ridotto a sistema economico ogni cosa, l’idea del gratuito è talmente lontana, che chi lo pratica viene guardato con sospetto, o considerato uno sciocco. Colpa dell’individualismo, esatto contrario della gratuità, che non è un di più, un andare oltre le normali cose da fare, non è il superfluo del tempo: è sforzo, talvolta è sacrificio. Questa è una sfida anche per la Chiesa: un cristiano non è un volontario, che fa qualcosa per il bene sociale, spinto da filantropia. La nostra identità risiede nel comandamento dell’amore, per Dio e per il prossimo, e con una speciale attenzione per i fragili. Oggi solo all’interno della identità cristiana è possibile vivere il gratuito, come singoli e come comunità, dove diventa azione pastorale e testimonianza. Gratuitamente abbiamo ricevuto i doni dello Spirito, siamo chiamati a ridistribuirli gratuitamente. Questo ciclo di gratuità non va interrotto, soprattutto oggi che la vita è stata ridotta a valore economico, dove anche i figli sono gestiti come beni privati, e l’esaltazione dei diritti e delle libertà dell’uomo sposta l’asse dei riferimenti esistenziali, da dono a possesso. Se passa l’idea che la vita è proprietà privata, ne consegue che se ne può decidere anche la fine. Si scontrano due modelli di vita opposti: dono e possesso. Dono, categoria del mistero. Non conosco, ma credo, mi fido, mi affido.

Oggi l’idea del primato del privato sta diventando mentalità diffusa, per cui i cristiani sembrano essere diventati quelli che vogliono far soffrire la gente, negando l’apertura all’omicidio “per pietà”. Ci viene sottratto il senso della nostra identità, alla luce di questo imperativo vigente di decidere della propria vita, e della vita che generiamo. In una logica di possesso, ma non certo di dono, si vuol decidere chi far nascere e chi no. E già in Islanda non ci sono più bambini Down. Ma la Chiesa, pur essendo oggi minoritaria, non è un piccolo gregge chiuso in un recinto. Si incontrano storie di grande generosità, che ci fanno riflettere su un dato: in Italia coesistono due realtà. Quella mediatica, raccontata dai media, che ci prospetta un modello di vita; e la realtà “reale”, che ce ne presenta un’altra. Per fortuna, la realtà si impone sul virtuale. Il sistema mediatico “costruisce” la realtà, ma la realtà è la vita che viviamo noi, non i costrutti socio-politico-economici, che tendono ad imporsi come reali. Dobbiamo tornare alla concretezza, fatta di gente vera, che si interessa, si mobilita, partecipa.

La Pastorale della salute ha attraversato tre fasi. La prima, della pastorale sacramentale, era caratterizzata dall’ accompagnamento sacramentale al fine vita. La seconda, da pastorale sacramentale a pastorale sanitaria, vede la nascita della Bioetica, e la Chiesa che affianca il mondo sanitario, con l’idea che la scienza non è nemica della dimensione spirituale. Nella terza fase, quella attuale, la pastorale diventa della salute, diventa accompagnamento dell’uomo verso il bene-salute, che è salvezza, e si sposta sul territorio. Ma tante realtà di Chiesa sono ferme ai primi aspetti, non vanno oltre. Anche nella Laudato sì, che non è una enciclica ecologica, si parla della cura delle ferite del Creato come strada per curare le ferite dell’uomo.

L’accesso alle cure oggi. Ci sono due ostacoli alla base della difficoltà dei cittadini ad accedere alle cure: il nostro S.S.N., che sta perdendo la sua dimensione assistenziale gratuita- sancita dalla Costituzione- per colpa di meccanismi economici che spingono verso percorsi privatistici, come le liste d’attesa troppo lunghe; e la modifica dei percorsi terapeutici, sottoposti a procedure di tipo aziendalistico, per cui si tiene d’occhio più il contenimento della spesa, i budget di struttura, che la cura stessa, e questo riduce sempre più quanto viene erogato in regime assistenziale. Si ospedalizza il meno possibile, si manda subito a casa, dove in assenza di una rete assistenziale pubblica, la persona deve rivolgersi al privato. Oppure restare da sola. Su questo punto, la Pastorale della Salute sta producendo sul territorio esperienze di vicinanza, sta aiutando le parrocchie a mappare le fragilità, i disabili, i cronici, gli anziani. Sono nuovi passi della Chiesa, che sperimenta una nuova dimensione pastorale. In prima linea i Ministri Straordinari della Comunione, ma anche i Catechisti, i Movimenti, i Volontari, che vivono nella gratuità del servizio ai fragili la loro appartenenza alla Chiesa. C’è tanto da fare nelle parrocchie, per educare al servizio, al gratuito, anche i ragazzi. Questo stile di vita, oggi esclusivamente cristiano, crea memoria del bene, perché chi riceve gratuitamente un dono, non lo dimentica, né conserva la traccia. Viviamo una sfida pastorale, non aver paura di accompagnare le fragilità, e anche il fine vita: la morte oggi è un tabù, non viene accompagnata, non viene spiegata ai più giovani, viene nascosta. C’è bisogno che l’accompagnamento dei fragili sia sostenuto da azioni pastorali, che siano condivise dalla comunità tutta, e non da pochi, andando anche nei luoghi della sofferenza.

Dopo un breve break, si passa alla seconda parte dell’incontro, dedicato al dialogo sulle problematiche relative al Protocollo d’intesa regionale e alle sue applicazioni non sempre corrette.

Don Massimo Angelelli ci informa che l’Ufficio Nazionale sta procedendo ad una mappatura dei contratti di assunzione dei Cappellani nelle varie regioni, e ci ricorda come questa è prevista a vari livelli nel nostro ordinamento legislativo: nei Patti Lateranensi, nel S.S.N, e infine a livello regionale, dove ogni regione attiva una propria intesa con la regione ecclesiale, che poi viene applicata in contratti stipulati nelle singole Diocesi, anche se oggi la riduzione dei costi ha una ricaduta anche sui profili contrattuali degli Assistenti Religiosi Ospedalieri; bisogna comunque pretendere che gli incarichi siano nominali, e non stipulati con la Diocesi, per evitare situazioni poco chiare di lavoro “in appalto”. Bisogna pretendere il ruolo, che inserisce in pianta organica il Cappellano, la cui attività lavorativa risulta così protetta da un sistema di riferimento ben chiaro.

Si rilancia pure il tema della formazione specifica, che offra competenze e abiliti al servizio di Cappellano. Anche i Diaconi Permanenti possono essere assunti, secondo gli accordi vigenti, che prevedono per il servizio i ministeri ordinati.

Si è dialogato su alcune criticità emerse, come la mancanza di chiarezza circa la sostituzione del Cappellano, la cui indicazione all’Azienda Ospedaliera, in merito al sostituto, va fatta dalla Diocesi. Più in generale, si ribadisce come nei rinnovi di convenzione ci si debba sempre riferire all’intesa regionale vigente. Ogni Diocesi, conclude don Massimo, veda i contratti con i quali sono assunti i propri Cappellani.

L’incontro, al quale hanno partecipato gli Assistenti Religiosi Ospedalieri di molte delle Diocesi della nostra regione, si è concluso con la Celebrazione Eucaristica in Santuario.