Bmi, dopo 50 anni l’indice di massa corporea potrebbe andare in pensione

Bmi, dopo 50 anni l’indice di massa corporea potrebbe andare in pensione

3 Luglio 2023 Off Di La Redazione

L’Indice di massa corporea (Bmi), la formula matematica più utilizzata al mondo per valutare il peso corporeo di uomini e donne, inventata nell’800 dal matematico belga Adolphe Quetelet, dopo 50 anni di onorato servizio potrebbe andare presto in pensione o almeno essere affiancato da altri parametri, come la misura del girovita e la stima della composizione corporea misurata dal plicometro.

Secondo uno studio americano appena presentato al meeting annuale dell’Endocrine Society Endo 2023, concluso pochi giorni fa a Chicago, il Bmi – che si ottiene dalla divisione tra il peso ed il quadrato dell’altezza – sbaglia la stima del grasso di troppo nel 53% dei casi, dando indicazioni inferiori alla realtà. La ricerca, condotta dalla Rutgers University, ha verificato come le persone che in base al solo Bmi erano state considerate obese erano la metà di quelle classificate tali in base alla Dexa, un esame a radiazioni ionizzanti in grado di fornire le informazioni più precise e accurate sulla composizione corporea. Tuttavia l’aggiunta della circonferenza della vita alla misura tradizionale del Bmi ha reso congruenti con Dexa il 69% delle diagnosi di obesità, riducendo il margine di errore del 23%. “Il principale limite del Bmi – sottolinea Anna Maria Colao, presidente della Società Italiana di Endocrinologia (Sie) – è che non distingue tra acqua, massa ossea, massa muscolare e tessuto grasso né tra accumulo di grasso viscerale, la cosiddetta ‘pancetta’, e grasso sottocutaneo, non tenendo così conto dell’influenza di genere. Le donne, infatti – precisa l’esperta -, hanno più grasso sottocutaneo rispetto agli uomini, localizzato su fianchi e cosce, che è meno dannoso per la salute rispetto al grasso addominale, che i maschi accumulano più facilmente nelle sezioni centrali del corpo. E’ evidente dunque che utilizzare un unico parametro che non tiene conto di queste sostanziali differenze porta sia a sovrastimare erroneamente l’obesità nelle donne che a sottovalutarla negli uomini, con una pericolosa distorsione della comprensione da parte dei medici del rischio di malattia e mortalità legate all’obesità”.