Stefano Zamagni, le pandemie ricadono, in primis, sui più fragili

Stefano Zamagni, le pandemie ricadono, in primis, sui più fragili

31 Gennaio 2021 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

L’Italia, che in Europa è fra i Paesi maggiormente colpiti in termini di contagi e vite umane perse, vedrà una perdita del PIL pari al 11,2%, Le cause sono ovviamente il blocco delle attività sociali e produttive interne, ma anche la maggiore dipendenza della nostra economia dai servizi rispetto alla Germania ad esempio.

Si pensi al turismo, che è il settore maggiormente impattato dalle misure di contenimento. Nel 2021 si potrà assistere ad un recupero, seppur parziale della produzione persa, con un incremento del PIL pari ad un + 6,6%, riportando la produzione ad un valore comunque inferiore rispetto al pre-crisi e con prospettive di recupero di quel livello solo nel medio lungo termine, tenuto conto delle percentuali di crescita dell’economia italiana negli ultimi anni.

Anche se il governo ha attuato un piano di deconfinamento graduale, arrivato oggi alla Fase 3, è probabile infatti che l’attività economica si deteriorerà ulteriormente nel secondo trimestre, quando il calo degli investimenti e la perdita di entrate turistiche avranno un impatto negativo molto più forte (almeno -16% il risultato del trimestre).

Solo nel terzo trimestre si dovrebbe assistere ad un graduale ritorno alla normalità economica. Questo farà sì che il rapporto debito PIL su cui vengono misurate le performances del nostro Paese ha raggiunto quasi il 170% nel 2020, per rimanere a lungo nei prossimi anni sopra il 150%. Tutti i governi e le banche centrali hanno introdotto misure straordinarie, sia di natura monetaria che fiscale per fronteggiare questa crisi. Tutte queste iniziative però non hanno frenato l’ondata di insolvenze aziendali nel 2020, in tutte le aree del mondo, con incrementi sempre a due cifre e in molti casi superiori al 20%. In Italia abbiamo avuto un incremento dei fallimenti del 23% rispetto al 2019, che riguarderanno poco meno di 14.000 aziende.

Fallimento, disoccupazione, chiusura, povertà. Ecco i risultati del crollo economico dovuto alla nefasta pandemia.

Come porre rimedio a questa catastrofe epocale?

Ne parliamo con una figura di spicco dell’Economia Politica Internazionale che coniuga, mirabilmente, scienza e coscienza cristiana.

Stefano Zamagni è Professore di Economia Politica presso l’Alma Mater Studiorum, Università di Bologna. Adjunct Professor of International Political Economy, Johns Hopkins University, SAIS Europe, Bologna.

Nato nel 1943 a Rimini. Coniugato con Vera Negri, ha due figlie: Giulia ed Elena e quattro nipoti. Dal 1997 è Presidente del Comitato Scientifico di AICCON Associazione Italiana per la Cultura Cooperativa e delle Organizzazioni Non Profit), con sede a Forlì. Dal 2014 è Presidente della Fondazione Italia per il Dono (Milano). Membro del Consiglio di Amministrazione della Università LUMSA, Roma. Dal 2007 è Cavaliere Commendatore dell’Ordine di San Gregorio Magno. Dal 2019 è Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Ha ricevuto quattro lauree honoris causa. Tra le numerose pubblicazioni scientifiche, ricordiamo le più recenti: Economia Civile (Il Mulino, 2004, in coll. con L. Bruni), Bologna, (tradotto in inglese, portoghese, tedesco, e spagnolo). L’economia del bene comune, (Città Nuova, 2007). La cooperazione, (Il Mulino, 2008, con V. Negri), Ed. inglese Cooperative Enterprise, 2010. Avarizia, (Il Mulino, 2009). Famiglia e lavoro (con V. Negri), Il Mulino, 2012. Impresa responsabile e mercato civile, Il Mulino, Bologna, 2013. Mercato, Rosenberg, Torino, 2014. Prudenza, Bologna, Il Mulino, 2015. L’economia civile, (con L. Bruni), Bologna, Il Mulino, 2015. (Trad. inglese, 2016).  Responsabili. Come civilizzare il mercato, Bologna, Il Mulino, 2019.  Diseguali, Aboca, 2020.

Come ha vissuto e vive Stefano Zamagni la paura della pandemia ed il disagio per le doverose misure restrittive?

Tre le lezioni principali che ho tratto dalla pandemia: Ta pathemata mathemata (Erodoto, le sofferenze insegnano). Primo, la mancanza da parte di governi e altre istituzioni, di prudenza – l’” auriga virtutum” dell’Aquinate. La pandemia era stata prevista da anni. L’ultimo rapporto dell’OMS del sett. 2019, The world at risk, si concludeva con raccomandazioni specifiche di interventi rivolte ai governi. Nessuno se ne diede per inteso! Secondo, l’assenza di umiltà da parte dei cosiddetti esperti. Abbiamo così imparato che la scienza non è in grado di garantirci quella liberazione dal male che molti, non ritenendo di poterla chiedere alle religioni, auspicavano che da loro potesse provenire. Terzo, che le pandemie sono strettamente connesse al modello di economia che è venuto ad imporsi a livello globale a far tempo dagli anni ’70 del secolo scorso, cioè dal momento in cui globalizzazione e rivoluzione digitale hanno radicalmente mutato lo scenario economico e sociale.

La crisi pandemica ha divaricato inesorabilmente le ormai due sole classi sociali italiane, gli operai” poveri” ed i padroni” ricchi”, essendo praticamente sparita la classe media. Cosa può fare la politica per evitare rivoluzioni?

È ampiamente documentato che i costi economici, sociali, umani delle pandemie ricadono, in primis, sui segmenti deboli della popolazione dei paesi avanzati. Ne consegue che le diseguaglianze, già scandalosamente alte, conosceranno nel prossimo futuro un ulteriore aumento. Occorre allora avere il coraggio di dire, “apertis verbis”, che in situazioni del genere la strategia riformista a poco serve; piuttosto, occorre porre in atto una strategia trasformazionale come papa Francesco non si stanca di ripetere. Concretamente, occorre insistere, in sede ONU, perché si arrivi ad organizzare una Nuova Bretton Woods. Quella vecchia del 1944 fu pensata e articolata per risollevare e lanciare il mondo Occidentale dopo la tragedia bellica. La Nuova Bretton Woods deve mirare al mondo intero. Questo è oggi un obiettivo tecnicamente possibile.

La crisi del governo nazionale amplifica il rischio della risposta europea alla pandemia! I nostri figli ed i nipoti pagheranno l’indennizzo! Sono 5 milioni i poveri in Italia e la povertà è la vera emergenza! Sono negati, vituperati, disattesi, conculcati i diritti sostanziali, pertanto la povertà è alimentare e ci sono molte richieste di aiuto alla Caritas. Cosa pensa Lei del Flagello della Povertà e delle palesi diseguaglianze sociali?

Famiglia, Comunità, Società Civile organizzata sono entità fondamentali nell’avvio e nel sostegno del processo rigenerativo. Bisogna però decidersi, una buona volta, circa la concezione della natura di questi soggetti alla quale si intende aderire. Per un verso, la concezione additivista, secondo cui le attività svolte da queste entità si aggiungono a quelle realizzate dalla Stato e dal Mercato – entità bensì utili, ma non indispensabili per il progresso della Società. Per l’altro verso, la concezione emergentista, secondo cui missione propria di tali soggetti è, in primo luogo, quella di rendere visibile cosa comporti l’introduzione del principio di fraternità nell’agire economico. Quindi questi soggetti valgono prima ancora che per quel che fanno, per quel che sono e che testimoniano. Ancora troppi sono coloro che si accontentano della concezione additivista. Il futuro che auspico possa realizzarsi è che si affermi definitivamente il modello triadico di ordine sociale: Stato, Mercato, Comunità, in sostituzione dell’attuale modello diadico Stato-Mercato. Secondo, mi attendo che la prospettiva della prosperità inclusiva diventi l’ideale storico concreto nella nostra società. Terzo, faccio voti affinché il concetto di sviluppo umano integrale, così come definito nella Laudato Sì, vada a sostituire l’ormai obsoleto concetto di crescita. In nome della crescita, troppe ingiustizie e troppe nefandezze nei confronti della natura sono state consumate.

Abbiamo un alto tasso di mortalità e sono dimezzate le dosi di vaccino, i ristori sono inadeguati, cresce l’indignazione sociale, abbiamo debiti con l’UE. I dieci uomini più ricchi del mondo potrebbero, da soli, comprare il vaccino per l’intera umanità. “Cogliamo questo tempo di prova come un tempo di scelta. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri.” (Papa Francesco) Qual è la lezione, secondo Lei da imparare dal Covid?

Una vecchia tecnica impiegata in edilizia ci permette di comprendere la serietà dei problemi che ora ci troviamo ad affrontare. Una volta terminato il tetto della casa, questo veniva allagato, cosicché gli operai, seguendo l’acqua che entrava in casa potevano capire dove c’erano delle crepe non individuabili alla vista e correre così ai ripari. Il COVID-19 è stata una prova di allagamento del nostro modello di welfare e le crepe sono venute fuori. Una di queste è la mancanza di una strategia di salute territoriale, nonostante il fatto che l’istituzione in Italia nel 1978 del SSN fosse stata basata sulla dimensione locale di prevenzione e cura delle malattie. Una seconda crepa è l’assenza di un sistema di assistenza domiciliare sanitaria e socio-sanitaria, a favore del modello ospedalocentrico. Una terza crepa è che le strutture accreditate per anziani e disabili (RSA e Case Protette) non sono connesse con le strutture territoriali e, più in generale, non intrattengono rapporti di cooperazione con gli Enti di Terzo Settore e le altre espressioni della Comunità locale. Come ormai è ampiamente noto, in Olanda tutti gli ultra-settantenni hanno ricevuto un modulo: firmandolo, essi si impegnavano, qualora colpiti da COVID, a rinunciare al ricovero ospedaliero, per non sottrarre posti a chi avesse più probabilità di loro di guarire. E la cosa seria e preoccupante è che tutti lo hanno firmato! Quanto a significare che nella cultura di base della popolazione olandese è penetrata, come qualcosa di ovvio quella concezione utilitaristica, da cui discende l’accettazione del QALYs (Quality Adjusted Life Years) quale criterio di razionamento nell’allocazione delle risorse in sanità. Si tratta di un criterio che nega il significato autentico di giustizia (a ciascuno il suo) e che non riconosce la dignità di ogni uomo in quanto uomo senza distinzioni tra vite con dignità e vite senza dignità, in base alla capacità di autonomia, produttività, numero di anni da vivere. I criteri di stampo utilitaristico si pongono in contrasto con i diritti umani fondamentali, tra cui il diritto alla tutela della salute. Eppure, questi si vanno estendendo come se si trattasse di communis opinio. Termino con una osservazione di carattere generale. La pandemia della Sars2 (Covid-19) è una grande opportunità per lasciarsi alle spalle il sentiero di crescita finora percorso e per dare inizio ad un sentiero di sviluppo umano integrale. Non cogliere tale opportunità sarebbe un atto di grave mancanza di responsabilità. Essere responsabili, oggi, significa caricarsi sulle spalle il “peso delle cose” (res pondus), e non semplicemente non commettere reati o irregolarità varie. Quest’ultima è la responsabilità come imputabilità – si risponde delle conseguenze negative delle azioni che si compiono; la prima è la responsabilità come prendersi cura – si risponde per il bene che non si fa, pur potendolo fare. È di quest’ultima che c’è un grande bisogno nel nostro paese, soprattutto oggi.