Potito Paccione: “Cosa consiglio ai ragazzi? Praticare lo sport che li rende felici”

Potito Paccione: “Cosa consiglio ai ragazzi? Praticare lo sport che li rende felici”

2 Settembre 2022 0 Di Marco Magliulo & Pasquale Maria Sansone

“Il calcio è il regno della lealtà umana esercitata all’aria aperta.” (Antonio Gramsci)

Oggi parliamo di Covid, sport e salute con: Potito Paccione.

La fase pandemica più acuta sembra essere alle spalle. Come vive e ha vissuto la situazione? Come l’ha affrontata? Come ha gestito la paura del contagio e il disagio legato alle misure restrittive?

Credo che abbiamo vissuto e in parte stiamo ancora vivendo qualcosa più grande di noi. Credo che nessuno di noi avrebbe mai immaginato una pandemia di queste proporzioni, nessuno avrebbe mai creduto di poter stare recluso in casa così a lungo. Non poter andare a lavoro, non poter svolgere le attività quotidiane minime, non poter vivere, socializzare è stato un duro colpo per chiunque e soprattutto il non sapere quando poter tornare alla normalità ha messo a dura prova le nostre menti. Mi sono reso conto di quanto tutto questo ci abbia cambiati, siamo portati a ragionare con un gap spazio-temporale e a non renderci conto, a volte, dell’effettivo tempo trascorso tra un evento e l’altro, a causa di questo buco, di questo deficit nelle nostre vite; si ragiona “pre covid” e “post covid” come se fosse un evento spartiacque e in effetti lo è.

Insieme alle restrizioni, i tentennamenti della politica hanno causato molti disagi al mondo dello sport, specie quello minore. Cosa è successo alla sua specialità?

Purtroppo le restrizioni hanno colpito duramente lo sport e se in un primo momento, probabilmente e onestamente, sono state necessarie, in un secondo momento credo siano state eccessive e non ragionate. Il blocco di tutti i campionati ha fermato la stagione nel momento più bello, stagione mai più ripresa, naturalmente parlo del mio sport, il calcio, e parlo dei campionati non professionistici. Ancora una volta è stato segnato un confine netto tra il calcio minore, ancora vissuto come sport e passione e il calcio professionistico oramai sempre più show business regolato e condizionato da sponsor, pay tv e meccanismi totalmente diversi di gestione. È stato doloroso non poter uscire fuori dalla mia abitazione per calciare un pallone e fare due palleggi altrimenti si rischiava l’arresto e al contempo assistere alla ripresa del professionismo perché “show must go on”. È stato vietato perfino di allenarsi in solitudine e all’aria aperta, questo per qualsiasi sportivo è stato davvero massacrante. Io ho sopperito comprando un tapis roulant e rompendolo a furia di allenarmici sopra per non perdere la condizione atletica che. si sa, è fondamentale per chi pratica sport agonistico.

Chi è stato tra gli amici o in famiglia a spingerla verso l’attività agonistica? Oppure si è trattato di una sua folgorazione, magari guardando ai modelli dei grandi campioni?

Ho amato il calcio fin da bambino. Mio padre giocava a calcio e lo seguiva da tifoso ma non mi ha mai spinto né a guardarlo, né a praticarlo. È stato un amore che ho avuto fin da bambino e che non ho mai lasciato, nonostante i mille impegni e i condizionamenti del lavoro. La passione per il pallone mi scorre nelle vene e non potrei mai immaginare la mia vita senza.

Se dovesse dare qualche consiglio utile ai ragazzi che si avvicinano alla sua attività, cosa suggerirebbe?

Farsi trasportare dalla felicità, praticare lo sport che li rende felici. Il calcio per me è stato felicità, gioia, amicizia, possibilità di confronto, condivisione, tutte cose che insegnano poi a vivere, a confrontarsi nella società, a rispettare compagni e avversari. La condivisione dello spogliatoio è un qualcosa che può comprendere solo chi pratica sport di squadra. Vivete la passione in maniera sana, siate predisposti al sacrificio ma divertitevi.