Microadenomi ipofisari non secernenti, da estendere l’intervallo del controllo RM

Microadenomi ipofisari non secernenti, da estendere l’intervallo del controllo RM

11 Giugno 2022 0 Di La Redazione

Gli adenomi ipofisari non funzionanti sono il secondo tipo per frequenza dopo i prolattinomi. «Mentre i macroadenomi (> 10 mm) non funzionanti spesso si manifestano con effetto massa, quale cefalea o disturbi visivi, i micro-adenomi incidentali (microAI) vengono perlopiù diagnosticati durante indagini per altri sintomi neurologici non correlati a patologia ipotalamo-ipofisaria» ricorda Renato Cozzi, Endocrinologia, Ospedale Niguarda, Milano.
«La prevalenza dei microAI varia dal 10 al 38% (Orija IB, et al. Best Pract Res Clin Endocrinol Metab 2012). La storia naturale dei microAI è poco conosciuta e non è ben chiara la strategia ottimale per il loro follow-up. L’attuale linea guida dell’Endocrine Society (Freda PU, et al. J Clin Endocrinol Metab 2011) raccomanda un controllo RM dopo 12 mesi e, se immutato, ogni 1-2 anni per 3 anni; per quanto riguarda la funzione ipofisaria, favorisce fortemente gli esami ipofisari di routine per i microAI più grandi (6-9 mm), ma non per quelli più piccoli, a meno che non insorga una variazione del quadro clinico o della RM. Altri autori invece non raccomandano né il controllo radiologico né ormonale per i pazienti con microAI < 5 mm e il solo controllo RM in caso di microAI > 5 mm» (Boguszewski CL, et al. Best Pract Res Clin Endocrinol Metab 2019; Chanson P, et al. Ann Endocrinol (Paris) 2015).
È stato pubblicato recentemente uno studio retrospettivo. Sono stati inclusi soggetti con microAI diagnosticato in maniera incidentale mediante RM in un singolo centro dal 2006 al 2021 mentre sono stati esclusi individui con anamnesi positiva per adenoma ipofisario trattato in precedenza, segni clinici di disendocrinia al basale e durante il follow-up, follow-up di gravidanza e di cisti della tasca di Rathke. In tutto sono stati arruolati 347 pazienti (F 64%, età media alla diagnosi 41 ± 15 anni, BMI 30.4 ± 7.7 kg/m2 ). Queste le valutazioni eseguite, riporta Cozzi: «a) PRL durante infusione di salina e valutando nell’anamnesi l’eventuale assunzione di farmaci iperprolattinemizzanti; b) cortisolo dopo test di stimolo con ACTH per iposurrenalismo; c) FT4 per ipotiroidismo centrale; d) testosterone totale o riscontro di amenorrea per ipogonadismo; e) GH dopo test di stimolo per GHD, a meno che non fossero già presenti tre deficit ormonali. In tutti i pazienti sono stati eseguiti campimetria e RM in condizioni basali e dopo mdc, con un protocollo standard per la patologia ipofisaria. Lo stesso neuroradiologo» specifica Cozzi «ha valutato le dimensioni tumorali basali e le variazioni dimensionali durante il follow-up per stabilire, in base al risultato, il tempo ideale di controllo della RM. È stata considerata significativa una variazione > 2 mm di qualsiasi dimensione dell’adenoma. Le dimensioni tumorali sono state giudicate stabili, aumentate, ridotte (oppure scomparsa del tumore). Nei pazienti in cui le dimensioni sono variate è stato calcolato il tempo (medio e mediano) di variazione delle dimensioni tumorali. Sono state eseguite sotto-analisi delle variazioni tumorali in base all’età alla diagnosi, al sesso e alla dimensione tumorale iniziale». Questi i risultati.«I sintomi all’arruolamento erano astenia (78%), cefalea (70%), disturbi visivi (49%), vertigini (44%), nausea (34%)» riferisce l’endocrinologo. «I deficit ormonali alla diagnosi erano rari (ipogonadismo e GHD i più comuni); durante il follow-up (mediana 18.5 mesi, range 3-180) le variazioni molto rare: solo 5 pazienti hanno sviluppato nuovi deficit (2 con adenoma < 5 mm), GHD in 4 e insufficienza surrenalica in uno. Le dimensioni medie dell’adenoma alla diagnosi erano di 4.5 ± 1.9 mm e il 54.8% dei tumori era < 5 mm. In nessun paziente la visita oculistica è risultata patologica». Il follow-up neuroradiologico (tra la prima e l’ultima RM) era di 29 (3-154) mesi; il numero (mediano) di RM con mdc durante lo studio era di 3 (1-12). «Si è osservata crescita solo nell’8.1% dei microAI» riporta Cozzi. «Tra gli adenomi che crescevano il tempo medio/mediano alla crescita era 38.1 (± 36.4 DS)/24.5 (12-70.8) mesi. Rispetto ai pazienti < 65 anni, il tempo medio alla crescita era più breve nei > 65 anni (che presentavano i tumori di maggiori dimensioni al basale, 5.3 vs 4.5 mm, P = 0.018), ma il tempo mediano alla crescita non variava significativamente in base a dimensioni tumorali iniziali, sesso o età».
In conclusione, scrivono gli autori dello studio, solo l’8.1% dei microAI cresce (incidenza 2.1 per 100 pazienti/anno); al contrario, la maggior parte (56.1%) rimane stabile e una parte significativa diventa più piccola (10%) o non è più visibile (25.8%) all’ultima RM (dato che probabilmente dipende dalla variabilità del giudizio del neuroradiologo). Mentre i microAI più voluminosi possono mostrare una crescita più precoce, per quelli che aumentano di dimensione il tempo medio/mediano alla crescita non varia in rapporto alla dimensione iniziale del tumore. I tumori che crescono in maniera significativa (> 2 mm) non mostrano effetti clinici clinicamente significativi. Nella maggioranza dei pazienti che mostrano crescita tumorale, questa si manifesta dopo circa 3 anni di follow-up. Per questo motivo, il primo controllo RM dei microAI può essere programmato dopo 3 anni, anziché 12 mesi come raccomandato dalle linee guida dell’Endocrine Society. Questo dato assume un significato chiaro di risparmio delle risorse e inoltre riduce l’esposizione del paziente al gadolinio, con conseguente minore accumulo nel tessuto cerebrale, dato la cui implicazione clinica è tuttora sconosciuta.
«Il dato saliente di questo lavoro è che i microAI solo raramente aumentano di volume, mentre nella maggior parte dei casi rimangono stabili o addirittura si riducono» commenta Cozzi. «Il lavoro sottolinea la possibilità di cambiare profondamente la strategia di follow-up dei microAI, anche se l’esperienza clinica insegna che raramente il paziente di fronte a una diagnosi di adenoma ipofisario, di qualunque natura, si accontenta di un follow-up così dilazionato, che sembra sminuire l’importanza del reperto patologico e potrebbe portarlo a cercare una seconda opinione. In merito alla prevalenza dell’ipopituitarismo, modesta ma presente nello studio, va considerato il BMI elevato dei pazienti della serie, elemento che può comportare errori/difficoltà diagnostiche (ipogonadismo funzionale, diagnosi errata di GHD). Rimane ancora da stabilire quale sia il pannello di esami ormonali più specifici per inquadrare il paziente nella maniera più appropriata, per evitare di eseguire un numero ridondante di esami di funzionalità ipofisaria».