Laudato sì

Laudato sì

1 Dicembre 2018 0 Di Antonio Magliulo

Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse (Gen. 2,15). In nome del dio danaro, invece, lo stupro dell’ambiente.

Don Leonardo Zeccolella è direttore dell’Ufficio Diocesano Pastorale della Salute nell’Arcidiocesi di Napoli. Con lui abbiamo affrontato le tematiche, scottanti, relative all’inquinamento ambientale, globale e locale.

Nel libro della Genesi Dio affida all’uomo il giardino affinché lo custodisca. Certo, c’è da considerare, in primis, il giardino interiore ma questo non esclude il creato in tutte le sue manifestazioni. Alla luce dei recenti, e globali, disastri ambientali l’affidamento sembra ampiamente disatteso.

In Genesi 2,15 si dice che all’uomo viene affidato il giardino affinché lo “coltivasse e custodisse”. Sono due verbi che indicano una relazione di reciprocità tra essere umano e natura. Questo determina il fatto che l’uomo non è il padrone della terra ma colui che crea cultura e attraverso la sua protezione e conservazione trasmette la vita anche in termini di solidarietà generazionale. Le tematiche ambientali, che sono attento oggetto del magistero della Chiesa, non ultima l’enciclica di Papa Francesco “Laudato sì”, non sono opzionali, ma corrispondono all’affidamento divino espresso in Genesi. La dottrina della Creazione non è solo l’atto iniziale, ma è un continuum nel tempo dello stesso venire all’esistenza del mondo e dell’umanità nel suo univoco fine e destino. Il giardino interiore è tutt’uno con ciò che ci circonda perché uomo e ambiente si coltivano e si custodiscono all’unisono. Non puoi amare l’uno(uomo) e violentare l’altro (la natura).  Il Vangelo della vita e quello della natura coincidono.

Da Campania felix a Terra dei fuochi. Il documento di ben 4 vescovi, le cui diocesi insistono in aree del territorio maggiormente violentate, che non solo condannano ma levano un preoccupato grido di dolore sullo scempio della natura, è un fatto senza precedenti. Spia di una situazione di gravità estrema o nuovo corso di una Chiesa più “interventista”?

L’intervento dei Vescovi ed anche dei sacerdoti che operano sul territorio a contatto quotidiano con le persone è “provocato” dalla realtà che si impone con la sua forza intrinseca. L’ascolto attento del popolo e la condivisione delle attese e speranze, come le gioie e i dolori, non scaturisce da una visione politica o strategica dell’agire ecclesiale, ma dal cuore del “buon pastore” che come ha detto Papa Francesco deve sentire “l’odore delle pecore”! Direi che intervenire pastoralmente verso il popolo ed attivarsi verso le autorità politiche e sanitarie faccia parte integrante del ministero episcopale e dei sacerdoti che non può essere avulso dal contesto esistenziale. La Parola di Dio è incarnata nel presente e non annunciata solo come dottrina o visione escatologica!

Non sono mancati, nel recente passato, sacerdoti e vescovi impegnati in battaglie ambientali e sociali: don Patriciello, monsignor Riboldi e tanti altri. Come si sta muovendo la Pastorale della salute su queste tematiche?

Tra i compiti della pastorale della salute, la cui definizione della CEI è più completa di quella datata 1948 dell’OMS dice che “salute è l’equilibrio dinamico fra corpo, psiche e spirito, ed esternamente fra persona e ambiente” fa comprendere che essa non deve limitarsi solo agli aspetti meramente religiosi o sacramentali, ma impegnarsi nella formazione e nella maturazione etica delle persone.

La Chiesa non è impegnata a trovare soluzioni tecniche e scientifiche, non è il suo compito, ma ad aiutare l’uomo nella sua crescita umana e spirituale.

Predicazione, catechesi, evangelizzazione: sono questi gli ambiti operativi con cui si esprime la pastorale della salute cercando attraverso tutti gli operatori pastorali di infondere consapevolezza che impegnarsi per l’ambiente non è primariamente una strategia politica ma è connaturale all’etica cristiana di “coltivare e custodire” il creato e con esso l’uomo.

Le pene per disastro ambientale sono state inasprite, i controlli intensificati, eppure i roghi, sempre negli stessi luoghi, continuano. Cosa si può fare di più incisivo?

Come sopra specificato non è compito della pastorale proporre soluzioni repressive o di controllo del territorio. Piuttosto agire con maggiore intensità nel far maturare le coscienze, in primis dei criminali delle eco-mafie e loro probabili epigoni, e sollecitare in continuazione l’azione dell’autorità politica e amministrativa verificandone gli esiti, ma senza strumentalizzazioni partitiche perché non è in gioco il potere ma la vita stessa di tutti, criminali compresi!

La sanità campana fra scontri politici e casi di malasanità. Ci sono anche cose positive ma finiscono per passare in secondo piano. Qual è la sua valutazione sulla qualità dell’assistenza in Campania?

A questa domanda ciascuno potrebbe rispondere a partire dalla propria esperienza, ma temo che non si abbia una visione esatta e globale, perché non è possibile riferire a tutto un sistema quello che “io” ho sperimentato. Ci sono eccellenze e deficienze evidenti e penso che ci sia un processo in corso di miglioramento se si è fedeli ai progetti di riordino che vengono si, “pensati”, ma poi sempre un po’ disattesi sulle spinte di interessi localistici. Se si riuscisse, dopo anche infiniti dibattiti, ad avere una visione unificante e contemporanea delle azioni da mettere in campo, allora faremmo dei passi avanti. Ma dare un “bollino di qualità” o di “inqualità” ad una realtà magmatica, variabile a macchia di leopardo, è un po’ difficile. Però si può dire con assoluta certezza che moltissimi tra medici, infermieri, operatori sanitari, amministratori, manager agiscono nel silenzio, senza pretesa di essere lodati o gratificati pubblicamente, praticando l’arte medica con competenza ed umanità. Ma come sempre un caso di malasanità viene subito rappresentato mentre la buona sanità è considerata “normale” per cui non fa notizia. Va bene che deve essere poi così, ma forse se i giornalisti facessero anche inchieste sul “positivo” magari fanno meno ascolto ma contribuiscono a far crescere la cultura, ad incoraggiare i buoni, e a far mormorare di meno la gente!