Ilio Vannucci, l‘attore è un lavoro per ricchi

Ilio Vannucci, l‘attore è un lavoro per ricchi

9 Ottobre 2022 0 Di Rita Lazazzera & Pasquale Maria Sansone

 

Le “luci della ribalta” esercitano, per motivi diversi chiaramente, un fascino particolare sia sugli spettatori che sui protagonisti. Quale è stata la scintilla che ha fatto scattare in lei il desiderio di “saltare il fossato” e di recitare da protagonista.

La scintilla è qualcosa che si ha dalla nascita, poi nel corso della vita c’è chi la segue e chi no. Io ricordo che da piccolo giocavo a cantare davanti allo specchio come se davanti avessi un grande pubblico. Sognavo di partecipare al festivalbar sia come cantante che come presentatore. Ma la vera spinta l’ho avuta quando il teatro mi ha letteralmente salvato la vita, avevo 14 anni quando ho avuto quelli che, solo dopo molti anni, ho capito che si chiamavano attacchi di panico e quando sembrava tutto nero e brutto è arrivato il palcoscenico che mi ha tirato via dal buco nero. Questa cosa è capitato anche tante altre volte nella mia vita, e proprio per questo che sento questo legame così profondo con questo lavoro.

La depressione è il male oscuro, in particolare legato ai ritmi di questa epoca, che coglie larghi strati della società ma che pare mieta tante vittime proprio nel mondo dell’arte. Tanti attori ed attrici hanno raccontato la loro esperienza di attraversamento di questo doloroso tunnel. Direttamente o indirettamente ha avuto contatti con questa realtà?

Come ho detto prima ho sofferto spesso di attacchi di panico pur non sapendo realmente di cosa si trattasse, fino a cinque anni fa dove sono crollato nel maledetto tunnel della depressione. Chi non ha mai sofferto di questo brutto male non potrà mai capire cosa si prova. Io ricordo la psicoanalisi e ricordo anche quanto questa a un certo punto non bastasse più. Ho dovuto prendere anche medicinali, inizialmente ero totalmente contrario, adesso ne sono uscito dico che bisogna curarsi in tutti modi non c’è motivo di sentirsi malati se si prendono quei medicinali, semmai è proprio il contrario. Comunque credo che, proprio come quando ti ferisci e hai le cicatrici, la stessa cosa accade dentro dopo la depressione, non si pulisce mai del tutto o meglio si guarisce ma ti rimane sempre un campanellino attivo che ti comunica che stai andando in quella direzione e se lo ascolti per tempo riesci a salvarti. 

In famiglia o fra gli amici chi è stato a sostenere di più la sua vocazione artistica.

Inizialmente la mia famiglia voleva per me un lavoro stabile ma poi col tempo hanno capito che sarei forse morto se avessi fatto un’altra cosa nella vita.

Un personaggio che non ha mai interpretato e che magari le piacerebbe portare in scena.

Miranda Pristley, una versione maschile o anche no, sono pronto a tutto.

Il discorso è valido in tutti gli ambiti, ma nel suo in particolare sembra avere particolare valenza: conta la bravura e la preparazione artistica o anche la fortuna ha il suo peso.

Credo che alla base ci debba essere l’attitudine, poi la bravura, la passione e lo studio ma ho dovuto sperimentare mio malgrado che se non hai le spalle coperte, questo lavoro non lo puoi fare. In uno dei vari corsi di studio che ho frequentato c’era un coach che mi disse “Caro mio questo è un lavoro per ricchi”. Ricordo ancora la litigata, ma aveva assolutamente ragione. Quindi sì la fortuna è fondamentale, fortuna di nascere in una famiglia benestante, fortuna di poter studiare, fortuna di essere notati e fortuna di beccare i “canali giusti”.