Il magistrato Antonio Corbo, l’influenza della pandemia sui reati

Il magistrato Antonio Corbo, l’influenza della pandemia sui reati

12 Gennaio 2021 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

 

La Pandemia da Covid-19 finisce per mettere in uno stato d’impasse perfino la nostra Costituzione. La Carta costituzionale prevede, infatti, la proclamazione dello stato emergenziale solo in caso di guerra ed in questa occasione l’Esecutivo ha la possibilità di decretare in urgenza, vicariando così, pro tempore, la funzione legislativa.

Questa tragica circostanza, determinata dalla diffusione del virus, impone l’autorità giudiziaria a proporsi quale interlocutrice imprescindibile del Governo. L’Associazione Nazionale Magistrati: espressione unitaria della Magistratura Italiana manifesta, infatti, profonda angoscia per l’emergenza pandemica e per il suo devastante riflesso sulla giurisdizione.

Rivendica il diritto-dovere di elaborare il proprio qualificato contributo di ordine tecnico, sugli interventi legislativi adottati, in modo da consentire ogni approfondimento in ordine alla loro valenza, praticabilità ed effetti, nonché in ordine alla congruenza rispetto alle esigenze: assicurare la funzionalità del sistema giustizia e contenere, in ex aequo, il rischio di contagio.

Sulla delicata materia abbiamo discusso con un autorevole rappresentante della magistratura: il dottor Antonio Corbo.  Diplomato a Caserta presso il Liceo Classico dell’Istituto Salesiano, nell’anno 1985/1986, con il voto di 60/60. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli il 28 novembre 1990, con il voto di 110/110 e lode.

Corsista presso la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione di Caserta nell’anno 1993/1994, risultando il primo classificato.

Accede in Magistratura a far data dall’8 luglio 1994.

Dopo il periodo di tirocinio presso gli Uffici Giudiziari di Napoli, ha svolto le funzioni di:

  • Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere dal dicembre 1995 al gennaio 2000;
  • Giudice del Tribunale di S. Maria Capua Vetere dal gennaio 2000 al febbraio 2006 (con assegnazioni al dibattimento penale, alla Sezione per l’applicazione delle misure di prevenzione ed alla Corte d’Assise);
  • Magistrato addetto alla Segreteria del Consiglio Superiore della Magistratura di Roma dal febbraio 2006 al settembre 2011 (con assegnazioni, tra l’altro, alla Commissione per gli incarichi direttivi e alla Sezione Disciplinare);
  • Magistrato addetto all’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione dal settembre 2011 al novembre 2015, assumendo anche l’incarico di Coordinatore del settore penale;
  • Consigliere della Corte di Cassazione, addetto alle Sezioni Penali, dal novembre 2015 ad oggi (attualmente ricopre anche gli incarichi di Magistrato addetto al Centro Elettronico di Documentazione della Corte di Cassazione e di Magistrato della Struttura della Formazione decentrata della Corte di Cassazione per il Settore Penale).

Autore di numerose pubblicazioni.

Ha tenuto numerose lezioni di insegnamento per le materie di Diritto Penale e Diritto Processuale Penale presso le Scuole di Specializzazione per le Professioni Legali, istituite presso varie Università quali: La Sapienza di Roma, Tor Vergata, Campobasso, Santa Maria Capua Vetere, nonché presso la Scuola di Polizia di Caserta.

Ha tenuto numerose relazioni presso la Scuola Superiore della Magistratura per le materie di Diritto Penale, Diritto Processuale Penale ed Ordinamento Giudiziario.

Come ha vissuto e vive Antonio Corbo, magistrato, marito e padre la paura della Pandemia ed il disagio per le indispensabili restrizioni?

Ritengo che il rischio di contagio sia serio; la preoccupazione, però, deve indurre non ad una chiusura e ad una paralisi, ma a scelte di prudenza. A mio avviso, è di fondamentale importanza indossare la mascherina e attenersi alle indicazioni fornite dalle Autorità competenti in materia sanitaria.

Le restrizioni, soprattutto alla lunga, risultano soffocanti. È però importante comprendere che le stesse sono indispensabili, e dovrebbero finire entro un periodo di tempo ragionevole.

Come Padre, posso ritenermi fortunato, perché le mie figlie, per ragioni di età, da un lato, si avvalgono della didattica in presenza (frequentano le scuole elementari o medie a Roma), e, dall’altro, non avvertono ancora una forte esigenza di uscire da sole, senza familiari.

Il diritto alla libertà in questo momento storico contingente è fortemente limitato. In che modo l’Autorità Giudiziaria può supportare l’Esecutivo nella scelta di disposizioni, sicuramente indispensabili, ma fortemente restrittive?

L’Autorità Giudiziaria ha il dovere di applicare le leggi, ma può, anzi deve, sollevare davanti alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni che ritiene in contrasto con i diritti fondamentali e le previsioni della Costituzione o i principi della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

L’Autorità giudiziaria, inoltre, deve disapplicare i regolamenti, come i famosi D.P.C.M., qualora ritenga che gli stessi si pongano in contrasto con le leggi.

Le valutazioni debbono essere compiute contemperando i diversi interessi e valori rilevanti. Del resto, una precisa indicazione è fornita dall’art. 16 della Costituzione, che riconosce il diritto di ogni cittadino di «circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o sicurezza».

Come sta impattando l’Emergenza Sanitaria da Covid-19 sull’operatività da Giustizia? Qual è il monito per il Futuro?

Indubbiamente, l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha avuto ampie ricadute sull’organizzazione dell’attività giudiziaria, imponendo di prevedere lo svolgimento di udienze il più possibile a distanza o mediante forme di contraddittorio scritto.

Il problema è di valutare quanto queste nuove forme attengono solo a profili organizzativi, e quanto, invece, alla tutela dei diritti ed al migliore e più corretto esercizio della funzione giurisdizionale: ad esempio, è difficile ritenere che porti ad identici risultati esaminare un testimone a distanza o per iscritto, o, invece, in presenza, in un’aula di Tribunale.

L’esperienza fatta in questi mesi, però, è importante. Infatti, alcune soluzioni organizzative introdotte a causa della pandemia potrebbero essere conservate anche per il futuro, quando ritorneremo in condizioni di normalità: penso a quelle innovazioni che incrementano l’efficienza e non riducono le garanzie, come l’adozione di forme scritte in relazione ad alcune procedure caratterizzate da un alto tasso di tecnicità e dall’assenza di diretti accertamenti riguardanti il “fatto storico”

Ai tempi del Covid-19 sono diminuiti i crimini in generale, mentre si registra una crescita esponenziale di cruente violenze di genere, attesa l’amplificazione di preesistenti disagi relazionali e familiari. Qual è il Suo pensiero a riguardo?

I reati sono comportamenti che si collocano nell’ambito delle relazioni sociali. Di conseguenza, il loro verificarsi è strettamente condizionato dal contesto sociale di riferimento.

Sembra perciò comprensibile perché i reati predatori, come i furti o le rapine, divengano più rari in connessione con una molto meno ampia libertà di movimento e perché, invece, le violenze domestiche risultino più frequenti, siccome incentivate da contatti molto più intensi in ambito familiare.