Burn-out, stress e mancati riconoscimenti: Mmg a rischio scomparsa

Burn-out, stress e mancati riconoscimenti: Mmg a rischio scomparsa

5 Ottobre 2023 Off Di La Redazione

Finanziare la medicina di famiglia, livello di assistenza che è una certezza da anni per gli italiani: è l’appello di Pierluigi Bartoletti vicesegretario nazionale Fimmg e segretario Fimmg Roma. Le perdite della categoria dovute agli esodi pensionistici potrebbero essere impressionanti: rischia di scomparire a fine decennio. Il crollo è in tre passaggi: di qui al 2025 perderemo altri 3600 medici e scenderanno da 40 mila a poco più di 36 mila; tra 2008 e 2028 secondo l’osservatorio conti pubblici 60 milioni di italiani avranno perso 18 mila Mmg e 25 milioni di cittadini saranno senza curante.
Ma c’è di più. «I numeri citati sono ottimistici, ipotizzano che i medici cessino dalla convenzione a 70 anni. Invece chi chiede al sindacato i conteggi per andare via ha 65, 64, persino 63 anni», ha detto il vicesegretario nazionale Fimmg Pierluigi Bartoletti a un quotidiano romano. Burn-out, stress, mancati riconoscimenti, persino malattie legate all’età falcidiano la categoria. «Abbiamo avvisato l’Enpam: i calcoli vanno rivisti partendo dall’idea che chi chiede il conteggio se ne vuole andare. Se vede convenienza, ad esempio se la pensione è magra ma il coniuge lavora, quasi certamente lascerà il servizio», aggiunge Bartoletti a Doctor 33. «Nel 2005 percepivamo le stesse somme ma il potere d’acquisto era maggiore. Oggi lavoriamo di più per spendere di più, tra difficoltà, burocrazia. Tra spese per il lavoro e varie chi ha famiglia arriva a stento a fine mese».
Chi va via cessa di fare il medico?
«No, quasi nessuno si cancella dall’albo. Il trend è che chi ha un diploma specialistico e svolge anche un’attività specialistica tende a uscire di più dalla convenzione ed a proseguire con la sola libera professione. Così conserva la salute».
Come si spiega il boom dei casi di malattia?
«Abbiamo un’età media vicina ai 60 anni, molti di noi hanno patito il Covid-19 fino alle estreme conseguenze; altre patologie età correlate falcidiano la categoria. Si doveva pensare ad un ricambio adeguato anni fa».

Ha pesato la disponibilità telefonica inserita nel contratto del 2020?
«Ha formalizzato un trend di superlavoro già in parte in atto prima del Covid. In questi anni le nostre prestazioni sono aumentate del 30% per ottemperare alla crescita delle richieste, delle cronicità, e per la burocrazia. Abbiamo sostenuto spese per assumere collaboratori, centralino automatico, software per prenotare appuntamenti: la voce “costi” è un pozzo senza fondo. L’associazionismo aiuta a reggere l’impatto economico, gli studi di proprietà cedono il passo a strutture in affitto. Ci si mette insieme perché il nostro contratto di liberi professionisti ha di fatto meno margini di arrotondamento con altre attività rispetto a quello degli ospedalieri, molti dei quali riescono a svolgere la professione intramuraria con l’ente datore di lavoro che mette a disposizione i locali. I nostri accordi aggiuntivi, quelli sui tamponi ad esempio, a rigore presumono che il medico effettui l’attività nel suo studio, finito l’orario, procurando a sue spese il materiale. Con simili vincoli è impossibile garantire servizi che pure vorremmo affiancare a quelli della farmacia».

Nella storia del calo demografico dei medici di famiglia c’è il crollo dei medici di continuità assistenziale. L’assistenza primaria nel 2008 avrebbe potuto contare su 17 mila effettivi in più, nel 2022 sono scesi a 10 mila (dati Ocp).
«Alcuni sono confluiti nell’assistenza primaria, altri hanno cambiato attività vedendo come lavorare sia diventato una sfida, non ci sono stati riconosciuti i meriti», dice Bartoletti. Ed esemplifica: «Le Unità di continuità assistenziale-Usca nel Lazio hanno tenuto botta durante il Covid-19, con le visite a domicilio. Includevano molti neolaureati interessati alla nostra attività, poi hanno visto all’orizzonte scartoffie ed impegni non mantenuti dalla parte pubblica. Sempre in tema di visite domiciliari, assistenza programmata ed integrata, da sempre teniamo in piedi noi gli accessi, retribuiti 18 euro l’uno, nemmeno il costo del taxi. Nessuno ha investito sulla nostra attività né pensa di farlo, stiamo ancora aspettando i 235 milioni di euro della diagnostica in studio».
Cosa chiede Fimmg negli incontri con Sisac?
«Una proposta professionale comprensibile per un lavoro soddisfacente».
La casa di comunità viene incontro alla carenza di medici?
«No, basti pensare che nasce in tempi in cui non c’era carenza di medici in convenzione. E non è un rimedio per tutte le situazioni. In alcune realtà è necessaria ma in altre servono piccoli studi decentrati. E le serve del personale sanitario nei numeri adeguati. Quando le CdC saranno edificate, se non ci saranno medici convenzionati ed infermieri e ci si dovesse affidare al privato per sostenere i servizi SSN, chi a monte non ha fatto programmazione dovrebbe essere chiamato a rispondere. O basterà additare i medici di famiglia colpevoli di essere troppo pochi?».

 

 

 

 

Fonte: http://www.doctor33.it/politica-e-sanita/burnout-stress-e-mancati-riconoscimenti-mmg-a-rischio-scomparsa-crescono-le-richieste-di-prepensionamento/?xrtd=PVAALVLTRXPXPTSXTCRCVYR