Alessandro Cecchetti, la pallacanestro la mia guida educativa e sociale

Alessandro Cecchetti, la pallacanestro la mia guida educativa e sociale

14 Maggio 2021 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

“La pallacanestro è come una guerra in cui si sviluppano prima le armi offensive, poi ci vuole sempre un po’ di tempo perché la difesa si organizzi.” (RED AUERBACH)

Nei primi anni si perse subito la qualifica di no-contact game che aveva caratterizzato il gioco nei pensieri di Naismith; infatti la sua idea era proporre qualcosa di diverso dal football, a cui tutti potessero partecipare non in base alla forza o alla stazza ma proprio in base all’abilità di infilare una palla in un cesto a 10 piedi del pavimento. Con il primo professionismo, il gioco divenne perfino violento: i giocatori indossavano paramenti per difendersi dai colpi.

La pallacanestro veniva chiamata the Cage Game ovvero il Gioco della gabbia, perché le partite si disputavano all’interno di alte recinzioni. Lo scopo di tutto questo era proteggere gli sportivi dal lancio di oggetti da parte del pubblico, molto più vicino al campo rispetto ad altri sport: volavano bottiglie, monete, sedie. D’altra parte, si voleva anche difendere il pubblico dai giocatori, che erano già molto più grandi e grossi della media (chi giocava nel ruolo di centro raggiungeva i 195 cm circa, mentre al giorno d’oggi ci sono centri di 220 cm e oltre) e non avevano problemi a ricambiare i doni del pubblico.

Oggi il Basket ha perso completamente la sua nota “aggressiva” ma entusiasma ancora tantissimo giocatori e fan. Quanti problemi ha avuto il Basket in tempo di pandemia? Ne parliamo con Alessandro Cecchetti.

Laurea in Scienze della Comunicazione, Media e Pubblicità L 20 c/o, Università Telematica Internazionale “Uninettuno” di Roma con votazione 108/110;

Titolo Tesi: “Sport e comunicazione: il racconto del fenomeno sportivo nell’era digitale”

Come ha vissuto e vive Alessandro Cecchetti la paura della pandemia ed il notevole disagio legato alle inevitabili/indispensabili misure restrittive?

La pandemia dovuta al Covid-19 ha inevitabilmente cambiato la mia vita ed il modo di approcciare a tutto ciò che fa parte della mia quotidianità, dai legami familiari e sentimentali a quelli professionali con il mondo della pallacanestro. Quando ci si trova davanti ad un avversario, usando termini sportivi, di cui non si sa nulla, occorre del tempo per studiarlo, analizzarlo e trovare le giuste contromisure per vincere la partita. Con il Covid è stato in parte così, questo maledetto virus ci ha colti tutti un po’ di sorpresa e ancora oggi giorno stiamo vivendo in un periodo storico molto particolare, dal quale a fatica, grazie a molti sacrifici, stiamo riuscendo ad uscire a piccoli passi. Quando tutto è cominciato, nel Marzo del 2020, mi trovavo a Cassino dove militavo in Serie B nella squadra di basket cittadina. Eravamo alle prese con il finale della stagione sportiva e contemporaneamente ero impegnato nella stesura della mia tesi di laurea in Scienze della Comunicazione che avrei dovuto discutere, in presenza, nel mese di Aprile. Poi di colpo il mondo è cambiato, lo scoppio della pandemia, la crescita costante del numero dei contagi ed il conseguente lockdown. Più stavo chiuso in casa per rispettare le restrizioni governative e più prendevo coscienza del periodo davvero complicato che ci avrebbe aspettato. Ad oggi, a poco più di un anno dall’inizio di tutto, credo che siamo diventati tutti un po’ più responsabili, anche quelli che all’inizio erano più scettici sulla pericolosità di questo virus. Con le mascherine, il distanziamento, il coprifuoco e l’avanzare della campagna vaccinale vediamo finalmente una piccola luce fuori dal tunnel, speriamo davvero di continuare a fare passi in avanti in questa direzione.

Professionalmente parlando, in parte, il covid ha anche inciso sulle mie decisioni, quest’estate  ho decisioinfatti di rimanere a Roma, la mia città, per stare anche più vicino ai miei familiari ed alla mia fidanzata. Ora sul finire di stagione ho accettato l’offerta di Pozzuoli in serie B dove concluderò l’annata sportiva. In generale sapevo che questa stagione sarebbe stata molto particolare, le porte chiuse nei palazzetti avrebbero reso tutto più complicato, sia per i club che per gli atleti. Senza contare poi il pericolo del contagio per gli atleti praticanti sport di contatto, infatti tra quarantene obbligatorie sotto indicazioni delle Asl e partite rinviate, i vari campionati agonistici sono stati, a mio giudizio, molto falsati. Però trovo che sia stato giusto proseguire i campionati nazionali in tutti gli sport, oltre al calcio anche le altre discipline hanno il diritto di sopravvivere, compresi tutti gli atleti, allenatori, preparatori, etc che fanno della loro passione un vero lavoro.

Quanti danni hanno arrecato al Basket la pandemia, la clausura e la confusa/cattiva gestione politica?

La pandemia ha provocato dei danni importanti a tutto il mondo dello sport. A cominciare dall’anno scorso quando le necessarie decisioni prese a livello politico hanno di fatto fermato tutto il mondo dello sport in maniera definitiva, ad eccezione della massima serie di calcio ripresa poi durante l’estate. Ciò ha portato alla sospensione momentanea del lavoro sia per atleti, che per tecnici, che addetti ai lavori che hanno inevitabilmente dovuto accettare  intese per transare gli accordi economici presi con i club per i quali offrivano prestazioni e servizi. I collaboratori sportivi, che godevano di minor tutele a livello contrattuale, sono riusciti ad avere accesso ai contributi economici offerti da Sport e Salute, insomma in un modo o nell’altro chi lavora nel mondo dello sport ha cercato di salvare il salvabile.

Entrare in merito alle decisioni che sono state prese a livello politico è difficile, onestamente sarebbe stato difficile per chiunque prendere delle scelte e dare delle indicazioni in un contesto così complicato. Ad ogni modo nella pallacanestro la pandemia ha colpito davvero tutti, dai club della Serie A fino alle piccole società delle minors. Le società hanno dovuto sostenere spese importanti per sanificare le proprie strutture e per permettere ai propri atleti di allenarsi e fare sport in sicurezza. Senza contare i soldi spesi per tamponare gli atleti che hanno regolarmente svolto i campionati nazionali durante questa annata. Le varie Leghe e Federazioni hanno stretto accordi di convenzione per permettere alle società di acquistare i tamponi a prezzi più bassi ma, considerando però che i componenti di ogni team, dalle giovanili alle prime squadre, devono essere tamponati ogni settimana prima delle partite ufficiali, si capisce bene come le spese siano state ugualmente importanti. Poi si è giocato tutta la stagione a porte chiuse, senza pubblico in stadi e palazzetti, tradotto, significa nessuna possibilità di entrate dal botteghino e dagli abbonamenti, veri e propri strumenti di sostegno per i club. Molti sponsor, partner delle società, si sono fatti da parte, in quanto in momenti di difficoltà economica si sa che le aziende per prima cosa tagliano i contratti di sponsorizzazione e trovarne di nuovi per molte società è stato complicato. In più nei vari settori giovanili e nel minibasket si è rischiato il fuggi fuggi generale perché la pandemia ha comunque spaventato molti ragazzi e le loro famiglie e si sa che il settore giovanile rappresenta la vera e propria linfa vitale per molte società. Insomma la situazione è sicuramente complicata però molti club provano orgogliosamente ad andare avanti spint dalla passione e dall’amore verso la palla a spicchi di molti presidenti, molti invece hanno mollato, inevitabilmente.

“La pallacanestro è un sport in cui il successo, simbolizzato nella vittoria del campionato, richiede che l’obiettivo comune prevalga sugli istinti egoisti dei singoli. Quanto minori sono i conflitti nello spogliatoio, si riducono al minimo le frizioni inevitabili durante le partite. Le squadre danno il massimo quando i talenti e le personalità si integrano al meglio gli uni con gli altri”. (Bill Bradley). Cosa Le hanno trasmesso in termini di crescita personale e professionale lo Sport in generale ed il Basket in particolare?

Lo sport e la pallacanestro in particolare per me è stata una scuola di vita, una vera e propria guida nel mio percorso personale sia dal punto di vista educativo che sociale. Essere parte di una squadra significa far parte di una vera e propria famiglia in cui si condivide di tutto, dai problemi personali, alle situazioni extra-sportive fino alle proprie aspirazioni ed ai propri sogni. Quando sei giovane fai sport essenzialmente per divertirti, poi chi decide di continuare il percorso a livello agonistico capisce che per ottenere successo e raggiungere obiettivi, c’è bisogno di molta fatica e sacrificio. Arrivi al punto in cui devi decidere se continuare a fare sport come divertimento a livello amatoriale o provare a diventare un professionista raggiungendo il massimo livello possibile. Il percorso da giocatore professionista sicuramente non è facile, ci sono alti e bassi, momenti di euforia dovuti a successi e momenti di sconforto dovuti a sconfitte, infortuni, stagioni fortunate, altre particolarmente sfortunate, la chiave è trovare equilibrio e credere sempre in ciò che si fa e nella cultura del lavoro. Il modo con cui ti approcci allo sport nel quotidiano, la determinazione in ogni allenamento e in ogni partita è, secondo me, il segreto per toglierti quante più soddisfazioni possibili. La competizione poi è importante nello sport come nella vita dove la sana competizione è un elemento essenziale che, a mio giudizio, ti spinge a migliorarti continuamente. Rapportarsi con avversari e compagni di squadra, gestire le tensioni in uno spogliatoio, confrontarsi e discutere insieme sono tutte occasioni per mettersi in gioco e per prendersi delle responsabilità. Tutto ciò contribuisce ad ampliare le proprie vedute, perché fortunatamente non siamo tutti uguali e bisogna imparare nelle squadre, come in altri contesti lavorativi, a saper convivere in armonia con compagni e colleghi, anche questo è uno punto di crescita importante. Se ci si ragiona bene sono molti i punti di contatto tra la realtà sportiva e quella professionale, temi come la collaborazione, team, responsabilità condivisa fanno secondo me dello sport e del lavoro due facce della stessa medaglia. In quest’ottica spero di trovare la strada spianata anche nel mio futuro professionale.