Vulvodinia, la sindrome “invisibile” per il Servizio sanitario nazionale

Vulvodinia, la sindrome “invisibile” per il Servizio sanitario nazionale

19 Febbraio 2022 0 Di Luigi De Rosa

Vulvodinia, parola composta da “vulva”, la parte esterna dell’apparato genitale femminile, e dal suffisso “dinia”, che indica invece il dolore: un dolore vulvare persistente, cronico e invalidante. Per chi ne soffre bastano dei pantaloni attillati o un semplice giro in bicicletta a scatenarlo. Per diagnosticare la vulvodinia basta eseguire uno swab test. Si tocca la vulva con la punta di un cotton fioc: lo stimolo, normalmente non doloroso: viene percepito come un bruciore, una puntura, in alcuni casi una lama. Spesso si accompagna a una contrattura della muscolatura del pavimento pelvico. Ne viene fuori un effetto domino: la contrattura rende la penetrazione dolorosa, porta alla formazione di lacerazioni della mucosa vaginale e facilita il passaggio di batteri che provocano la cistite. La vulvodinia è una sindrome non rara, secondo recenti studi può colpire il 15% delle donne nel corso della loro vita, prevalentemente in età fertile (tra i 18 e i 40 anni) ma ne soffrono anche bambine e donne in pre-menopausa e in menopausa. È caratterizzata da un malessere della zona genitale in assenza di alterazioni cliniche che ne giustifichino la presenza. L’assenza di alterazioni cliniche è essenziale per la diagnosi di vulvodinia. Le cause della vulvodinia sono varie e possono corrispondere a: infezioni batteriche o micotiche vaginali e vescicali, predisposizione genetica alle infiammazioni, lesioni del nervo pudendo dovute al parto a o traumi. Il problema è che questa sindrome come molte di quelle che la stampa di settore definisce “malattie invisibili” non è, appunto, riconosciuta dal Servizio sanitario nazionale. Questa “invisibilità” da parte del nostro SSN comporta due conseguenze, la prima è che la patologia è poco studiata, la seconda è che le cure gravano tutte sulle tasche di chi ne soffre. Si stima che una donna, di tasca propria, possa spendere tra i 20€ i 50mila euro nell’arco dell’intero percorso di diagnosi e cura della vulvodinia. La carenza del Servizio sanitario nazionale ha inoltre permesso ad alcuni specialisti privati di chiedere fino a 650 euro per una prima visita o una semplice valutazione del pavimento pelvico. Il prezzo medio è comunque oneroso: trai 150 e i250 euro per le visite ginecologiche o urologiche semestrali, e ogni mese almeno 300 euro di fisioterapia, tra i 50 e i 100 euro di integratori e circa 50 euro di farmaci non detraibili. A tutto questo poi va aggiunto il costo della psicoterapia.  In questo silenzio istituzionale, diverse persone con vulvodinia hanno cominciato a fare divulgazione, in collettivi o sui social network. Dare voce a queste donne sofferenti è un atto non solo di solidarietà ma di civiltà, pretendere che lo Stato offra un aiuto concreto a queste cittadine in difficoltà e sofferenti una richiesta legittima.