Vaccini anti-Covid-19: ecco gli ultimi studi e cosa fare

Vaccini anti-Covid-19: ecco gli ultimi studi e cosa fare

12 Settembre 2022 0 Di Miriam Perfetto

Nell’intervista al dottor Carlo Alfaro le più recenti evidenze scientifiche sui vaccini contro il Covid-19 e le indicazioni che possiamo trarne su come comportarci.

 

 

A che punto è la strategia della vaccinazione contro il Covid nel mondo?

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha posto attualmente l’obiettivo di vaccinare il 100% degli operatori sanitari, delle persone sopra i 60 anni e dei soggetti fragili in tutto il mondo. È un obiettivo ambizioso se consideriamo che, attualmente, solo il 28% dei soggetti over 60 e il 37% dei lavoratori del settore sanitario, nei Paesi a basso reddito, hanno ricevuto la prima dose di vaccino. In Italia, invece, la copertura è elevata: siamo uno dei Paesi con il più alto tasso di vaccinazione in Europa e nel mondo.

Oggi disponiamo finalmente di vaccini adattati per le nuove varianti, ce ne parli.

I vaccini che si basano ancora sul ceppo originario di Whan, causa l’affermarsi di varianti che eludono la risposta immunitaria (Omicron con le sue sotto-varianti), con tre dosi proteggono sempre al 90-95% solo dalla malattia severa, ma molto meno dall’infezione (60%). Per questo le industrie stanno approntando dei vaccini aggiornati. I vaccini aggiornati approvati finora sono vaccini bivalenti che includono il ceppo originario del Sars-CoV-2, quello di Wuhan, e Omicron 1, la prima sub-variante di Omicron. Sono stati messi a punto sia dalla Pfizer che da Moderna. Tali vaccini hanno mostrato la capacità di indurre una risposta anticorpale maggiore di quella del vaccino monovalente originario sia nei confronti della variante Omicron BA.1 che delle varianti BA.4 e BA.5. Sul piano della sicurezza i dati disponibili non mostrano differenze rispetto al vaccino monovalente originario. I vaccini adattati specificamente per le sub-varianti di Omicron BA.4 e BA.5 non sono ancora approvati. Non è ancora stato sviluppato un vaccino specifico per l’ultima sub-variante emersa, Omicron BA2.75.

Come si usano questi vaccini aggiornati?

In linea con la dichiarazione congiunta delle autorità scientifiche europee, l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), i vaccini bivalenti adattati a Omicron 1 sono stati raccomandati dal Ministero prioritariamente a chi deve ricevere la seconda  e la terza dose, gli over 60, i fragili, le donne in gravidanza e gli operatori sanitari.

Dunque i vaccini “vecchi” cioè i monovalenti non vanno più bene?

Un articolo pubblicato su Nature stima in realtà il miglioramento in termini di efficacia dei nuovi vaccini solo di pochi punti percentuali.

Il fatto che la pandemia non sia stata arrestata dai vaccini ha reso molte persone scettiche sulla loro efficacia.

Bisogna considerare come risultato dei vaccini le morti evitate non la limitazione dei contagi. I vaccini hanno ridotto di oltre la metà il potenziale bilancio delle vittime globali della pandemia nell’anno successivo alla loro utilizzazione, secondo uno studio pubblicato su Lancet Infectious Diseases a cura dell’Imperial College di Londra: sono stati risparmiati oltre 19 milioni di vite nel mondo nel corso del 2021. Tuttavia, si potrebbero salvare milioni di vite in più con una distribuzione più equa dei vaccini nei Paesi a basso reddito.

Com’è la situazione in Italia?

In Italia, secondo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), il tasso di mortalità per Covid-19  è 9 volte maggiore nei non vaccinati rispetto ai vaccinati con 3 dosi e di 4 volte maggiore rispetto ai vaccinati con 2 dosi. La protezione contro la malattia grave supera il 70% con due dosi e il 90% con tre dosi. Invece la prevalenza di Omicron ha reso minore l’efficace dei vaccini nel prevenire l’infezione: la protezione è al di sotto del 50% dopo due dosi di vaccino e sotto il 70% facendo la terza dose.

Anche chi ha avuto il Covid deve vaccinarsi?                                               

Sì, perché la protezione anticorpale diminuisce nel tempo. Inoltre, l’immunità “ibrida”, data da infezione più vaccinazione, sembra essere la più protettiva. Per esempio, uno studio reso noto dal European Journal of Immunology documenta che le persone guarite e successivamente vaccinate hanno livelli di anticorpi neutralizzanti circa 5 volte superiori ai vaccinati senza precedente infezione. Un altro studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha trovato che l’immunità acquisita per mezzo dell’infezione potenziata con la vaccinazione rimane elevata per più di un anno dopo la malattia, mentre quella conseguente a due dosi di vaccino decresce dopo pochi mesi.

Perché, se i vaccini sono così efficaci, ci sono persone che pur vaccinate sviluppano forme gravi e mortali?

Ci deve essere sicuramente una componente genetica nella risposta immunitaria al virus che condiziona il decorso dell’infezione. Uno studio pubblicato su Science Immunology ipotizza che le persone che, nonostante la vaccinazione, sviluppano forme gravi di Covid, abbiano auto-anticorpi contro l’interferone, una citochina in prima linea nella difesa contro il Coronavirus.

Conviene prima di vaccinarsi eseguire il dosaggio degli anticorpi anti-Spike?

Un dubbio diffuso è che il vaccino possa far male se si hanno molti anticorpi. In realtà, l’ipotesi che i vaccini anti-Covid possano innescare una reazione chiamata ADE, cioè “Antibody Dependent Enhancement”, in cui gli anticorpi anziché bloccare un virus ne facilitano il suo ingresso nelle cellule, non ha trovato conferme. Inoltre, non è stato determinato un livello di anticorpi che assicuri una protezione nei confronti dell’infezione né che possa indicare se una persona debba o meno essere vaccinata. La verità è che l’immunità contro il Covid non è basata solo sugli anticorpi neutralizzanti ma anche sui linfociti T (immunità cellulo mediata) e questa non possiamo misurarla. Per questo non ha senso il sierologico prima del vaccino.