Vaccini anti-Covid-19: ecco gli ultimi studi e cosa fare (III parte)

Vaccini anti-Covid-19: ecco gli ultimi studi e cosa fare (III parte)

6 Ottobre 2022 0 Di Miriam Perfetto

Tutto Sanità continua il viaggio nel mondo dei vaccini dialogando con il Dottore Carlo Alfaro che si è reso sempre disponibile a fare luce sui timori e le perplessità dei nostri lettori.

  

Ci sono differenze di efficacia tra i diversi tipi di vaccini?

Uno studio olandese, pubblicato su Plos Medicine, ha confrontato le performance di 4 vaccini Covid-19: Pfizer-BioNTech, Moderna, AstraZeneca a Janssen (J&J). Sebbene tutti prevengano efficacemente le forme gravi di Covid, le persone che hanno ricevuto un vaccino a vettore virale risultano più vulnerabili all’infezione da varianti. Rispetto all’efficacia protettiva contro il virus originario, comunque, la capacità di neutralizzare le varianti è risultata ridotta per tutti i vaccini, con il calo maggiore contro Omicron. Uno studio pubblicato su The Lancet Respiratory Medicine che ha esaminato i dati di quasi 50.000 ricoveri ospedalieri tra aprile e novembre del 2021 conferma l’efficacia complessiva dei vaccini nella prevenzione di infezioni gravi con conseguente ricovero in ospedale per Covid-19, ma mostra anche un sostanziale calo della protezione dopo sei mesi. Lo studio ha rilevato in particolare che il vaccino Moderna offriva la migliore protezione nel tempo, mentre il vaccino Pfizer-BioNTech offriva una protezione iniziale equivalente a quella di Moderna ma che diminuiva più rapidamente nel tempo. Oltre i sei mesi, si è trovato un rapido declino della protezione, specialmente per i pazienti di età pari o superiore a 80 anni. 

Come è il vaccino Novavax?

Il 23 dicembre 2021 è stato autorizzato anche in Italia il vaccino Nuvaxovid (della Novavax), basato su piattaforma proteica, cioè una metodica di produzione più tradizionale. L’uso effettivo di tale vaccino è iniziato in Italia il 28 febbraio 2022. Viene somministrato per via intramuscolare in due dosi a distanza di 3 settimane l’una dall’altra. Al momento è usato in persone oltre i 18 anni; non ci sono studi specifici in gravidanza e allattamento. La Commissione Europea ha approvato l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio condizionata anche negli adolescenti in Europa tra i 12 e i 17 anni, secondo le stesse modalità di somministrazione degli adulti. Successivamente, il vaccino ha ricevuto da parte del Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell’Agenzia Europea per i Medicinali (Ema) l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio per la somministrazione come dose di richiamo omologa ed eterologa negli adulti a partire dai 18 anni di età, sei mesi dopo il ciclo primario. I dati sono ancora pochi per dire se sia valido quanto quelli a mRNA.

E’ stato reso disponibile anche un nuovo vaccino, il Valneva.

Sì, l’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha approvato il vaccino anti-Covid di Valneva, azienda biotecnologica francese, dai 18 ai 50 anni: si tratta di un vaccino classico, basato su particelle virali intere inattivate. Lo studio principale condotto sul vaccino di Valneva è un trial cosiddetto di “immunobridging”. Si definiscono così gli studi che confrontano la risposta immunitaria indotta da un nuovo vaccino con quella di un vaccino già autorizzato. In tal caso Valneva è stato confrontato con Vaxzevria di AstraZeneca. Sulla base dei dati forniti, non si può concludere sull’efficacia negli over 50.

Dopo tante dosi somministrate, possiamo stare tranquilli sulla sicurezza dei vaccini anti-Covid?

Dal 12esimo Rapporto di farmacovigilanza sui vaccini Covid-19 pubblicato dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) in base alle segnalazioni di sospetta reazione avversa registrate nella Rete nazionale di farmacovigilanza, tra il 27 dicembre 2020, data di avvio della campagna vaccinale anti-Covid, e il 26 giugno 2022, per i vaccini in uso in Italia sono arrivate quasi 138mila segnalazioni di sospetta reazione avversa su un totale di oltre 138 milioni di dosi somministrate. Il tasso di segnalazione è di 100 eventi avversi ogni 100.000 dosi. Per l’81,8% sono eventi non gravi, come dolore in sede di iniezione, febbre, astenia/stanchezza, dolori muscolari/articolari, cefalea, brividi, disturbi gastro-intestinali, reazioni vegetative. Le segnalazioni di eventi gravi corrispondono al 18,1% del totale, con un tasso di 18 eventi gravi ogni 100.000 dosi somministrate, in linea con i precedenti rapporti. La reazione avversa si è verificata nella maggior parte dei casi (71% circa) nella stessa giornata della vaccinazione o il giorno successivo, solo raramente oltre le 48 ore.

Uno degli aspetti più preoccupanti è il rischio di miocardite nei giovani maschi.

Negli adolescenti e giovani adulti che dopo i vaccini contro il Covid-19 a mRNA esiste un basso rischio che insorga una miocardite o una pericardite. Di solito l’entità dell’infiammazione è lieve, il decorso è a bassa gravità con guarigione in tempi rapidi. Il rischio è maggiore nei maschi dai 12 ai 30 anni, dopo la seconda dose ed entro 7 giorni dalla vaccinazione. Il rischio è ridotto dopo la terza dose. L’incidenza stimata di miocardite dopo i vaccini a mRNA è di circa 1-2 casi per 100.000 persone. D’altro canto, le infiammazioni cardiache causate dall’infezione da Covid-19 sono più frequenti e gravi rispetto a quelle causate dal vaccino. Il rischio risulta lievemente maggiore dopo la seconda dose del vaccino Moderna rispetto a Pfizer, forse in relazione alla maggior quantità di RNA presente nel Moderna. Per questo motivo alcuni Paesi come Svezia, Finlandia, Danimarca, Germania, Francia, Regno Unito hanno consigliato di usare solo il Pfizer nei giovani maschi. Secondo una lettera di ricerca pubblicata su JAMA Pediatrics, per gli adolescenti una dose singola potrebbe bastare, per offrire comunque protezione ma ridurre i rischi di miocardite.

Si è anche detto che i vaccini incidano negativamente sulla salute cardio-vascolare.

Uno studio israeliano ha rilevato una corrispondenza fra la somministrazione dei vaccini anti Covid-19 e aumento del 25% delle chiamate per problemi cardiovascolari (arresto cardiaco e sindrome coronarica acuta), da parte di giovani e adulti fra 16 e 39 anni. Invece, i vaccini anti-Covid-19 non aumentano il rischio di ictus, secondo quanto dimostrano i dati su milioni di pazienti pubblicati sulla rivista Neurology. L’Ema segnala anche il rischio con il vaccino Janssen (Johnson&Johnson) di vasculite dei piccoli vasi e con il Moderna di sindrome da perdita capillare, condizione estremamente rara e grave che provoca fuoriuscita di liquidi dai capillari, causando gonfiore di braccia e gambe, improvviso aumento di peso, sensazione di svenimento, ispessimento del sangue, bassi livelli ematici di albumina e bassa pressione sanguigna.

Molte donne lamentano dopo il vaccino alterazioni mestruali.

Questo è confermato dalle ricerche: un numero significativo di donne ha riportato variazioni del ciclo mestruale dopo il vaccino Covid-19, in particolare un flusso mestruale più intenso. Si ritiene che questi effetti collaterali siano legati non tanto a cambiamenti ormonali, ma a un aumento dell’infiammazione immuno-correlata.

Ci sono anche altre reazioni collaterali in corso di studio?

L’Oms sta indagando su alcune segnalazioni di improvvisa perdita di udito o acufeni in seguito alla vaccinazione. Riguardo al rischio di epatite autoimmune, il Prac dell’Ema ha concluso che le prove disponibili non supportano un nesso causale con i vaccini contro il Covid. Va detto che una percentuale consistente di reazioni avverse ai vaccini anti-Covid potrebbe essere dovuto all’effetto “nocebo”, per cui si intende l’espressione di effetti collaterali sollecitati dall’aspettativa della loro comparsa per l’ansia e la preoccupazione.

Quali sono le prospettive future?

Sono allo studio vaccini universali contro tutte le varianti del Covid-19 (Pan-SARS-CoV-2) o contro tutti i Beta-coronavirus umani e animali (Pan-Sarbecovirus), basati su nanoparticelle che presentano frammenti di diverse proteine Spike o su SarsCoV2 e altri coronavirus inattivati somministrati attraverso uno spray nasale.