Più vitamina D, meno Covid

Più vitamina D, meno Covid

20 Settembre 2021 0 Di La Redazione

Recenti ricerche stanno confermando il nesso che sembra esistere tra insorgenza dell’affezione virale da Coronavirus e deficit vitaminico. A quanto pare emergerebbero chiare evidenze, infatti, che la carenza di vitamina D nel sangue è tra i fattori coinvolti nell’incidenza e soprattutto nella severità del Covid-19, tanto che sono in corso un numero consistente di studi internazionali di approfondimento. Lo afferma Andrea Giustina, professore ordinario di Endocrinologia all’Università del San Raffaele e direttore della U.O. di Endocrinologia del San Raffaele e coordinatore scientifico della Consensus sulla Vitamina D a cui è dedicata la V International Conference on Controversies in Vitamin D che si tiene a Stresa.

L’associazione tra bassi livelli di vitamina D e Covid-19 era stata ipotizzata molto precocemente rispetto all’esplosione in Italia della pandemia, con una lettera pubblicata a marzo 2020 sul British Medical Journal. Giustina spiega che «all’epoca la lettera era il frutto di una riflessione personale, legata alla fascia di popolazione colpita, quella più anziana, e al fatto che nel nostro Paese, particolarmente nelle regioni settentrionali, dove il Covid-19 ha colpito più duramente e precocemente, la carenza di vitamina D è estremamente diffusa». «La riflessione – commenta l’esperto in una nota – si è poi rivelata corretta e oggi abbiamo chiare evidenze che la carenza di vitamina D nel sangue è tra i fattori coinvolti nell’incidenza e soprattutto nella severità del Covid-19, tanto che sono in corso un numero consistente di studi internazionali di approfondimento». Il punto di partenza degli esperti è la visione del Covid-19 come malattia multi-sistemica per arrivare a chiarire sia i meccanismi endocrinologici sia l’esistenza di un vero e proprio fenotipo osteo-metabolico del Covid-19: «Questo fenotipo, di cui abbiamo evidenza – chiarisce Giustina – ha tre componenti riconoscibili: l’ipocalcemia, le fratture vertebrali e l’ipovitaminosi D».

L’esperto richiama anche i dati Istat sui decessi del periodo tra febbraio e novembre 2020: 57.647 avvenuti in persone positive al Covid-19, con una percentuale di soggetti in età inferiore ai 50 anni attorno all’1% e del 60% nella classe degli over 80. «Sono dati che sottolineano ancora una volta l’importanza di alzare la guardia e approfittare della campagna vaccinale, ora che ci avviciniamo alla terza dose, per affrontare l’annosa problematica della carenza di vitamina D negli anziani nel nostro Paese – sottolinea Giustina -. Per questo, nel corso del nostro confronto riprendiamo il tema tradizionale della carenza di vitamina D nell’anziano, di quanto impatti sulla sua salute scheletrica e sulla struttura muscolare, con un aumento del rischio di cadute e quindi di fratture». Ma anche il malassorbimento è «un fattore negativo in più che aggrava una eventuale situazione di ipovitaminosi D» aggiunge con riferimento a malattie gastrointestinali, quali le malattie infiammatorie croniche e la celiachia.