Maurizio Serra: “Sorvolate gli steriotipi legati al ballo”

Maurizio Serra: “Sorvolate gli steriotipi legati al ballo”

27 Settembre 2023 Off Di Marco Magliulo & Pasquale Maria Sansone

La fase pandemica più acuta sembra essere oramai alle spalle anche se i continui colpi di coda non lasciano del tutto tranquilli. Come ha vissuto, come vive, come ha affrontato e come affronta questa situazione di grande difficoltà per il mondo dello sport? Come ha gestito la paura del contagio ed il disagio legato alle severe misure restrittive?

La pandemia ha inevitabilmente rimescolato le carte delle nostre certezze di vita ed esasperato stati d’animo come stress, paura e ansia. Questo ha fatto sì che, tutto ciò che fino a poco prima era per noi un’assoluta verità venisse riconsiderata e ridiscussa; dai rapporti umani, alle abitudini, al lavoro, allo sport. Premesso questo, la storia insegna che l’evoluzione umana ha affrontato più volte delle crisi epidemiologiche e che sebbene con minor informazione, tecnologia e studio rispetto ad oggi, queste abbiano sempre avuto un ciclo di vita temporalmente circoscritto.

Aggrappandomi a questo, ho sempre provato a mantenere una linea positiva a riguardo, pensando che anche questa epidemia esattamente come le precedenti, sarebbe prima o poi sparita. Nonostante tutto, personalmente parlando ho affrontato il periodo frazionato emotivamente in due: da una parte, c’era il mio essere ancora un atleta e un competitore alla ricerca di stimoli sportivi inevitabilmente scemati; dall’altra invece, il mio essere insegnante promotore di stimoli affinché la mia scuola risentisse del periodo il meno possibile.

Non è stato semplicissimo resistere ma ho sempre creduto che a tutto questo ci sarebbe stato un termine, ed ora che la parola fine sembra comunque assodata, mi ritrovo emotivamente e personalmente diverso.

In merito alla paura del contagio e al disagio delle misure restrittive potrei personalmente aprire un capitolo decisamente più articolato, però mi limito a fare un’unica considerazione: all’inizio, che la paura faceva da pioniera alle giornate, ero fermamente convinto che le restrizioni fossero adatte e perfettamente adattate ad ogni situazione e luogo; successivamente pur mantenendo fermi i punti della sicurezza, dell’attenzione nonché al rispetto delle regole, per certe discrepanze e differenze oggettivamente visibili in merito alla gestione della pandemia, ho (abbiamo) per certi versi subito più del necessario, soprattutto in ambito sportivo. Però preferisco chiudere la considerazione così, catalogandola fra gli episodi di vita passata, guardando al futuro con più entusiasmo di prima. 

 Insieme alle restrizioni i tentennamenti del mondo politico hanno causato gravi danni allo sport, soprattutto a quello, cosiddetto, minore. Cosa è successo, in particolare, nella sua specialità?

Questo non è un tasto dolente, ma IL tasto dolente…

Non entro in ambito politico, perché come ho detto nella precedente intervista servono impegno e fatica per amministrare una scuola di Danza, non so immaginare cosa serva per gestire una Nazione in preda ad un’epidemia mondiale. Parto però dal presupposto che benché dispiaccia sentirlo dire o leggerlo, non tutti gli Sport hanno lo stesso peso e che piaccia o no, lo spessore del Campione del Mondo del nostro settore non è lo stesso del Campione del Mondo di uno sport più “famoso”. Pur avendo la certezza che livello pratico nessuno sport sia da considerare MINORE rispetto ad un altro, mi sento di dire che i danni subiti da alcuni sportivi, non siano stati gli stessi subiti da qualche altro. In una disciplina sportiva come la Nostra tante situazioni sono ancora in ombra, tante cose ancora non sono alla portata di tutti e di conseguenza tutto ciò che potrebbe girarci intorno a livello mediatico, economico e di fama è ancora lontano.

Questa premessa per dire che nella mia specialità, la strada verso una carriera sportiva appagante e soddisfacente prevede essere molto lunga e tortuosa ma soprattutto sacrificata. Addirittura sotto questo profilo non considero il mio Sport minore ma bensì SUPERIORE rispetto ad altri, in quanto oltre a rinunce e sacrifici comuni a tutti gli sport, ciascun ballerino provvede ad autofinanziare le proprie lezioni, i propri allenamenti, il proprio studio, i propri viaggi, le proprie competizioni ecc. E questo “autofinanziarsi” (con l’insegnare la sua stessa disciplina e talvolta con un secondo lavoro) porta via tempo ed energie che potrebbero essere destinati a degli allenamenti più lunghi o anche a qualche ora di tempo libero.

Perché ho voluto sottolineare tutto questo?

Perché queste situazioni di difficoltà dopo la pandemia si sono raddoppiate, portando i competitori a scegliere meglio come sacrificarsi e a scegliere come ottimizzare le proprie finanze, spostando di conseguenza l’attenzione su altri canali di Danza Sportiva “meno impegnativi” sotto tutti i profili.

Tanti ballerini invece purtroppo hanno smesso prematuramente.

Ecco, se un ballerino di alto livello così come altri sportivi del suo calibro, potesse girare intorno a sponsor, pubblicità, comparsate mediatiche ecc le difficoltà sarebbero (state) decisamente minori.

 Chi è stato a spingerla all’attività agonistica? O si è trattato di una folgorazione magari guardando ai modelli dei grandi campioni? 

Diciamo che è passato un po’ di tempo dal primo esordio, avendo iniziato molto presto è stata una cosa che è avvenuta pressoché in automatico, fra l’altro dopo uno o due anni che iniziai a ballare. Penso di aver fatto la mia prima competizione ai sette anni.

Magari i miei insegnanti dell’epoca mi spinsero all’agonismo, ma io non avevo l’età per gestire certe dinamiche, tanto meno ricordarle oggi, quindi credo fosse una combinazione fra insegnanti e genitori.

I modelli e i Campioni dell’epoca era difficile vederli, perché non avevamo sicuramente YouTube o i canali social su cui passare qualche ora ad osservarli.

Al di là delle doti personali e delle attitudini, quanto conta la forza di volontà nel raggiungimento degli obiettivi?

La forza di volontà è L’UNICO motore per il raggiungimento degli obbiettivi.

Non ci sono altre strade o scorciatoie, perché avere delle doti personalmente naturali o delle attitudini di predisposizione è sicuramente un valore aggiunto, un surplus che potrebbe fare la differenza a lungo termine, ma questo non significa niente se alla base non c’è la giusta determinazione.

Tutto il mondo dello sport è stato visitato da persone altamente talentuose e fisicamente predisposte, che senza la giusta motivazione mentale non hanno portato a termine il loro percorso agonistico e non hanno raggiunto dei risultati proporzionati alla loro prestanza naturale.

D’altro canto invece, tantissimi Campioni con doti e prestanze minori hanno avuto la giusta motivazione che ha permesso loro di raggiungere dei grandi risultati.

 Se dovesse dare qualche “consiglio utile” ai ragazzi  che si avvicinano alla sua specialità, cosa suggerirebbe?

Sarei di parte, ma che sia fatta per hobby o per agonismo, la mia disciplina ha sempre un suo perché, e il consiglio che mi sento di dare è quello di sorvolare gli stereotipi legati soprattutto ai maschietti; se ballare piace, tanto vale provare. Poi quello che sarà non è mai dato saperlo, sia nel nostro sport che in qualunque altro.