L’onere della prova nelle infezioni ospedaliere

L’onere della prova nelle infezioni ospedaliere

2 Marzo 2021 0 Di Corrado Riggio

I supremi Giudici hanno ribadito che l’onere della prova di avere approntato in concreto tutto quanto necessario per la perfetta igiene della sala operatoria è, ovviamente, a carico della struttura.

Le infezioni ospedaliere rappresentano nel nostro Paese una delle piaghe della sanità italiana e non solo, infatti, studi recenti hanno dimostrato che in Europa dette infezioni provocano ogni anno 37 mila decessi attribuibili direttamente e centodiecimila morti per le quali l’infezione rappresenterebbe, comunque, una concausa; ad esempio, in Italia, ogni cento pazienti ricoverati, 6,3 ne contraggono una in ospedale. In pratica, su un totale di oltre dieci milioni di ricoveri annuali si verificano oltre seicentomila infezioni ospedaliere; almeno l’1% di questi pazienti andrà incontro al decesso per cause direttamente riconducibili ad essa ed almeno seimila pazienti muoiono in un anno in conseguenza di una infezione contratta in ospedale. Anche per tali ragioni, assume importanza l’Ordinanza recante numero 16697 del 2020 con la quale la Cassazione, accogliendo il ricorso dei familiari di una donna operata per una frattura e deceduta dopo aver contratto un’infezione batterica da stafilococco aureo, ha ribadito con forza che la responsabilità contrattuale gravante sulla struttura sanitaria nei confronti dei pazienti che si sottopongono ad un’operazione esige il rispetto di diverse obbligazioni, tra le quali rientra anche quella di garantire l’assoluta sterilità non solo delle attrezzature chirurgiche ma anche di tutti gli ambienti operatori, nella loro interezza. In tale Ordinanza, la Cassazione aggiunge, anche, come lo stafilococco aureo sia notoriamente un batterio di frequente origine nosocomiale, e come sia altrettanto noto che, proprio per questa sua frequente origine, esso sia particolarmente resistente agli antibiotici. Ciò implica la necessità, da parte della struttura sanitaria, di una particolare attenzione alla sterilità di tutto l’ambiente operatorio, proprio perché l’insorgenza di un’infezione del genere non può considerarsi un fatto né eccezionale né difficilmente prevedibile. In questo contesto, pertanto, i supremi Giudici hanno ribadito che l’onere della prova di avere approntato in concreto tutto quanto necessario per la perfetta igiene della sala operatoria è, ovviamente, a carico della struttura.

Alla luce di ciò, non essendo stata neppure prospettata la possibilità che l’infezione da stafilococco aureo avesse avuto una genesi diversa da quella nosocomiale, deve darsi per accertato, anche se in via presuntiva, che i danneggiati abbiano dimostrato che il contagio sia avvenuto in ospedale, con ogni probabilità in occasione dell’intervento chirurgico. La questione decisiva di tale vicenda, dunque, diventa la correttezza o meno della profilassi antibiotica al momento dell’intervento. Una volta dimostrata, da parte del danneggiato, la sussistenza del nesso di causalità tra l’insorgere della malattia ed il ricovero, secondo la Cassazione è onere della struttura sanitaria provare l’inesistenza di quel nesso, dimostrando, ad esempio, l’assoluta correttezza dell’attività di sterilizzazione, ovvero l’esistenza di un fattore esterno che rendeva impossibile quell’adempimento ai sensi dell’articolo 1218 del codice civile.