Ipertensione arteriosa, scoperto meccanismo implicato nello sviluppo

Ipertensione arteriosa, scoperto meccanismo implicato nello sviluppo

9 Febbraio 2022 0 Di La Redazione

Un nuovo studio frutto dalla collaborazione tra I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, Università di Salerno, Università Federico II di Napoli e Università di Düsseldorf ha permesso di individuare un nuovo meccanismo molecolare implicato nello sviluppo dell’ipertensione arteriosa, aprendo la strada a nuove prospettive terapeutiche. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Journal of Clinical Investigation.

Nella pubblicazione i ricercatori evidenziano il ruolo significativo della sortilina, una proteina presente nel sangue con un ruolo essenziale per il trasporto proteico intra- ed extra-cellulare, nell’indurre alterazioni dell’omeostasi vascolare. Tramite la sua azione su uno sfingolipide, lo S1P, la sortilina provoca la disfunzione dell’organo più importante della componente vascolare, l’endotelio, che produce il principale determinante del benessere cardiovascolare rappresentato dall’ossido nitrico.

Questa ricerca, oltre ad ampliare la conoscenza dei meccanismi implicati nella fisiopatologia dell’ipertensione arteriosa ed associati alla disregolazione degli spingolipidi, apre la strada a nuove prospettive diagnostiche e terapeutiche, soprattutto in pazienti resistenti ai comuni farmaci antipertensivi.

«In particolare abbiamo dimostrato – illustra la dottoressa Paola Di Pietro, Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Salerno, primo autore dello studio – che la somministrazione di sortilina evoca ipertensione arteriosa ed un forte incremento dello stress ossidativo, principale nemico dell’ossido nitrico endoteliale, caratterizzando i meccanismi molecolari coinvolti. La ricerca è stata condotta in modelli sperimentali con importanti ricadute traslazionali nell’uomo».

Nello studio, i ricercatori hanno rilevato elevati livelli di proteina nei pazienti ipertesi dove la combinazione con diversi farmaci non era in grado di determinale un ottimale controllo dei valori pressori. Tali evidenze sono state riscontrate nella banca dati Moli-sani, presente all’istituto Neuromed, in collaborazione con la prof.ssa Licia Iacoviello ed in pazienti del Centro Campania Salute Network della Federico II. Elevati livelli di sortilina si correlano anche con la disfunzione endoteliale nel paziente iperteso in assenza di altre patologie cardiovascolari.

Per Carmine Vecchione – IRCCS Neuromed, Direttore del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Salerno e coordinatore dello studio: «Il dosaggio dei livelli di sortilina nel sangue potrebbe costituire un valido marcatore precoce di danno vascolare ma anche un parametro da monitorare per valutare l’efficacia della terapia. È anche ipotizzabile che il blocco della sortilina circolante (ad esempio con anticorpi monoclonali) possa rappresentare una nuova valida prospettiva terapeutica per contenere il danno vascolare e l’incremento dei valori pressori nel paziente iperteso. Ma naturalmente saranno necessari ulteriori studi per traslare questa ipotesi in campo clinico».

Il vaccino anti-COVID protegge anche gli anziani malati di tumore

Da uno studio svolto all’Azienda AUSL di Piacenza e pubblicato sulla rivista Vaccines emerge che la vaccinazione contro il COVID-19 ha una buona efficacia anche nei pazienti con cancro e più di 70 anni, popolazione in cui si verifica circa la metà di tutte le neoplasie maligne.

«I malati oncologici inizialmente non sono stati inseriti negli studi clinici sui vaccini, ma considerandone la fragilità le organizzazioni scientifiche italiane e internazionali hanno caldeggiato fin da subito la loro vaccinazione. Ciononostante esiste ancora un vuoto di conoscenza sull’efficacia dei vaccini in questa popolazione» afferma il coordinatore dello studio Luigi Cavanna, direttore del Dipartimento oncoematologico, spiegando che la ricerca si è concentrata su un campione di 115 pazienti oncologici con più di 70 anni in cura a Piacenza. «Il primo aspetto emerso nello studio, e che continuiamo a monitorare nelle visite di controllo, è la sicurezza del vaccino» dice ancora Cavanna, precisando che lo studio non ha rilevato alcun effetto collaterale di rilievo.

Non meno importante è l’efficacia della vaccinazione in una popolazione che, a causa dell’età, della patologia e dei trattamenti che sta assumendo, potrebbe avere una risposta immunitaria insufficiente a proteggere dal virus. I pazienti coinvolti, infatti, erano per oltre il 65% affetti da un tumore metastatico, e nell’87% dei casi erano in trattamento al momento della vaccinazione, più della metà con protocolli chemioterapici. Nonostante ciò è stata osservata una produzione anticorpale significativa dopo il vaccino nel 65% circa dei casi, con una risposta nettamente migliore in quanti erano affetti da tumori solidi (70,2%) rispetto a chi invece soffriva di un tumore del sangue (42,8%). Il monitoraggio dei pazienti, intanto, va avanti e nei prossimi mesi dovrebbero essere disponibili i dati sull’efficacia della terza dose, sulla risposta cellulare alla vaccinazione e sulle infezioni riscontrate in questi malati. «E i primi risultati sono incoraggianti» anticipa Cavanna.

 

Fonte:DoctorNews33