Il clima nella storia dell’uomo (Parte II)

Il clima nella storia dell’uomo (Parte II)

26 Maggio 2023 Off Di Corrado Caso

È tempo d’Ippocrate filosofo e medico che, in virtù dei suoi insegnamenti e delle opere a lui attribuite, sarà definito il “Padre” della medicina moderna. Osservazione e metodo sono il motivo centrale del suo pensiero, la pietra d’angolo della didattica del maestro. Un pensiero laico, consapevole che, presente e futuro dell’uomo, è in quel contenitore misterioso e intricante che è l’universo delle cause esistenti. Lo scienziato studia il clima e i fenomeni a esso correlati. Crea un’identità inscindibile tra sapere medico e creato. Così parla agli allievi: “chi vuole approfondire la conoscenza dell’arte medica deve prendere in considerazione le stagioni e gli influssi esercitati da ciascuna di esse, deve in seguito considerare i venti caldi e freddi… Qualsiasi elemento naturale caldo, freddo, secco, umido è in grado di penetrare il corpo dell’uomo che è un sistema aperto ed è capace di modificare l’equilibrio della salute”
 Nel trattato “Delle arie, delle acque, dei luoghi” Ippocrate, al pari di un veggente, vive il presente e narra il futuro. Lega insorgenza e propagazione delle malattie infettive alla corruzione dell’aria e al tempo umido. La sua è un’appassionata ricerca dei termini fondanti il rapporto uomo-clima. Un rapporto plastico, linee mai ferme, interrogativo insonne che lo porteranno a concludere che la natura, nei molteplici fenomeni che la caratterizzano, è la causa efficiente dell’insorgenza di molti fatti patologici. Aristotele, filosofo e uomo di scienza (384 circa-322 a.C.), si ispirò al pensiero e alle osservazioni di Ippocrate nella sua opera “Meteoron”: una ricerca sui fenomeni atmosferici che il filosofo analizza con metodo rigorosamente scientifico. È un capitolo della storia dell’uomo che ha reso la Grecia culla di ogni sapere. Dal Parnaso il “testimone”, come la Fiaccola olimpica, percorre le vie d’acqua del Mediterraneo con un prezioso bagaglio di conoscenza. Approdarono, nel cuore della sorgente civiltà romana, uomini di pensiero, laboratori di arte e cultura. Asclepio, figlio di Apollo, rigenerò nelle acque del Tevere e divenne Esculapio. Così accade che” Graecia capta Romanos feros cepit”. Si materializzò una eredità di pensiero ed esperienza, un viaggiare “insieme” verso la conoscenza e la pienezza del tempo. Nel poema filosofico-didascalico “De rerum natura” Tito Lucrezio Caro, (I sec. a.C.), prende ispirazione dall’opera di Epicuro “Sulla Natura” (opera smarrita). Il poeta latino esplora il cosmo, ne interroga le leggi e rileva il movimento degli atomi. Attraverso l’osservazione, Lucrezio interpreta i fenomeni celesti e terrestri come fenomeni naturali e non divini. Nella solitudine e nel terrore dell’oscurità della notte, si interroga sul senso di un mondo ostile all’uomo: “La paura domina tutti i mortali: perché vedono prodursi in terra e in cielo molti fenomeni di cui in nessun modo possono scorgere le cause, e credono che si producano per volere divino”. Secoli dopo Theophrastus Bombastus Von Hohenhein, detto Paracelso, (1493-1541), allievo di Tritemio, Abate di San Giacomo a Wurzburg e di Agrippa von Nettesheim che lo iniziò all’alchimia, associò scienza, spiritualismo, astrologia e alchimia. Attribuì l’origine delle malattie all’influsso di stelle e pianeti sul “corpus” astrale dell’uomo*. Considerazioni che attribuirono la causa della terribile epidemia di peste che sconvolse l’Europa del XV sec. a una particolare congiunzione di elementi atmosferici e astronomici.