I segreti di Omicron

I segreti di Omicron

27 Marzo 2022 0 Di Carlo Alfaro*

Omicron (B.1.1.529) è la variante che ha cambiato il volto della pandemia da Covid-19: con la sua incredibile capacità di contagio, ha creato una diffusione senza precedenti del virus Sars-CoV-2.

Segnalata per la prima volta in Sudafrica il 24 novembre 2021, il 26 novembre 2021 l’Oms l’ha designata come “voc”, “variant of concern”, ossia “variante preoccupante” in quanto i dati preliminari dal Sudafrica suggerivano che Omicron si diffondesse più velocemente di qualsiasi precedente variante.

La variante presenta almeno 53 mutazioni di amminoacidi nella proteina Spike rispetto al ceppo ancestrale di Wuhan.

La variante Omicron ha quattro lignaggi principali noti, BA.1, BA.1.1, BA.2 e BA.31. BA.1.1 è molto simile alle BA.1, da cui deriva. BA.2, invece, detta Omicron 2, presenta 70 mutazioni in più rispetto al ceppo originario di Wuhan, che la rendono ancora più contagiosa. Omicron 3 (ancora poco presente in Italia) differisce poco dalla 2, di cui ripete l’elevata contagiosità. Si stanno trovando soggetti, anche vaccinati, con doppia infezione, da Omicron 1 e 2.

A livello globale, attualmente la variante Omicron 2 ha preso il sopravvento tra i lignaggi Omicron. A fronte dello 0,1% della presenza nel mondo della variante Delta, unica altra variante di cui al momento rimane una flebile traccia, la Omicron 2 è oggi la variante dominante a livello globale (85,96%).

In Italia al 21/03/2022 in base ai risultati dell’indagine rapida condotta dall’Iss e dal Ministero della Salute insieme ai laboratori regionali e alla Fondazione Bruno Kessler, la variante Omicron risulta assolutamente predominante, con una prevalenza stimata al 99,9%, con il ceppo Omicron 2 pari al 44,1%.

Caratteristiche di Omicron

  1. Contagiosità- Omicron è stata responsabile della quarta ondata epidemica, essendo più contagiosa di Delta, e Omicron 2 è la responsabile della nuova impennata di casi, in quanto ancora più contagiosa rispetto a Omicron 1. Il livello di contagiosità dei ceppi Omicron è paragonabile al morbillo, quindi 1 persona contagiata ne può infettare 18. Le persone infettate dalle varianti Omicron hanno quasi il 50% in più di probabilità di infettare le persone con cui convivono rispetto agli individui infettati dalla variante Delta. Omicron crea focolai estesi in breve tempo, con un raddoppio dei casi ogni 1,5-3 giorni. Omicron 2 ha portato un nuovo picco di contagi persino in Cina, nonostante le politiche di “zero Covid” nel Paese. In tutta Europa c’è un aumento di casi di Covid-19, mentre la mortalità sta diminuendo. Fra i Paesi in cui si registra particolare aumento ci sono Italia, Regno Unito, Francia, Germania, Olanda. In Italia, la curva dei contagi nelle prime due settimane di marzo è salita velocemente, in particolare in Puglia e in Campania, ma per il momento i ricoveri ordinari crescono di pochissimo e quelli in intensiva e i decessi sono ancora in discesa. Purtroppo, però, l’Italia resta sempre fra i primi Paesi in Europa per morti da Covid-19. Vista la elevata trasmissibilità di Omicron, hanno maggior importanza le misure di contenimento della trasmissione (es. uso delle mascherine a maggior poter filtrante, FfP2).
  2. Età minore- Omicron ha anche abbassato notevolmente l’età media dei casi, colpendo in percentuale elevata i giovani e in particolare i bambini di età inferiore a 4 anni, non ancora protetti dai vaccini.
  3. Concentrazione nelle vie aeree superiori- I dati suggeriscono che Omicron si replica più velocemente nel sistema respiratorio superiore rispetto a tutte le precedenti varianti. Soggetti infettati da Omicron presentano una carica virale nel naso-faringe fino a 4 volte superiore rispetto ai soggetti colpiti da Alfa e Delta. L’alta concentrazione nelle alte vie respiratorie rende conto sia dell’elevata contagiosità sia della minor gravità clinica rispetto a varianti in grado di replicarsi nel tessuto polmonare. Secondo una ricerca dell’Università di Hong Kong su colture cellulari, Omicron si replica 70 volte più velocemente di Delta nelle cellule delle alte vie aeree, ma perde efficienza negli alveoli polmonari, dove si moltiplica 10 volte più lentamente.
  4. Incubazione breve- L’incubazione di Omicron è più rapida delle varianti precedenti, 2-3 giorni.
  5. Clinica- Fino al 27% delle infezioni da Omicron potrebbero essere completamente asintomatiche, una percentuale più alta di quanto avveniva con le varianti precedenti, secondo uno studio condotto da diverse istituzioni sudafricane e pubblicato in pre-print sul database medRxiv. I sintomi di Omicron sono mal di testa, raffreddore con starnuti e naso che cola, stanchezza, dolori muscolari, febbre, mal di gola con deglutizione molto dolorosa, tosse da tracheite. Nausea e diarrea sono più accentuati con Omicron 2: più intensi anche il mal di gola, la febbre che dura di più, anche nei soggetti vaccinati. Con Omicron appaiono meno frequenti perdita di olfatto e gusto.
  6. Decorso più veloce- Anche i casi ricoverati hanno mediamente una degenza minore.
  7. Minore gravità- I dati disponibili mostrano una riduzione della gravità clinica di Omicron rispetto a Delta. Nello specifico, si stima che una persona infettata da Omicron abbia tra il 31% e il 45% in meno di probabilità di necessitare di cure di emergenza rispetto alla variante Delta, e il 50-70% in meno di probabilità di essere ricoverata in ospedale. Infatti, sebbene l’attuale tasso complessivo di nuovi casi corrisponda globalmente al picco più alto osservato finora durante la pandemia, i tassi di ospedalizzazione e la mortalità sono inferiori ai livelli osservati nelle ondate precedenti. La minore gravità potrebbe verosimilmente essere collegata alla maggiore immunità della popolazione, attraverso la vaccinazione o una precedente infezione.
  8. Maggiore resistenza nell’ambiente- Un’altra peculiarità di Omicron è, secondo uno studio di Hong-Kong uscito su bioRxiv, quella di resistere più a lungo sulle superfici rispetto al SarsCov2 originario e ciò potrebbe facilitare la trasmissione dell’infezione attraverso il contatto con le superfici o altri oggetti, i cosiddetti fomiti, da cui l’importanza dell’igiene delle mani e della disinfezione frequente delle superfici.
  9. Infezioni in soggetti guariti o vaccinati- Una caratteristica di Omicron è l’alto tasso di reinfezioni che si sta registrando, soprattutto con Omicron 2, anche in chi è immunizzato con 3 dosi, il che conferma la capacità di eludere le difese immunitarie. Inoltre, le reinfezioni si verificano anche a breve distanza. La protezione data dal vaccino sembra scendere al 20% con Omicron 2. Il rischio di reinfezione appare maggiore tra gli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione. Uno studio uscito su medRxiv mostra che la protezione dei vaccini mRNA contro il contagio e la malattia sintomatica da Omicron diminuisce a circa il 10% dopo soli 4-6 mesi dalla terza dose, pur continuando a difendere dal rischio di malattia grave, a patto di avere tre dosi di vaccini. In base a un ampio studio pubblicato su BMJ, l’efficacia dei vaccini mRNA nel prevenire i ricoveri ospedalieri da Covid-19 richiede 3 dosi per ottenere un livello di protezione contro Omicron simile (circa 85%) a quello garantito da 2 dosi contro le varianti Alfa e Delta (mentre con sole 2 dosi scende al 65%). Non sappiamo se col passare dei mesi dalle terze dosi anche la protezione verso malattia severa da Omicron 2 declinerà. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista JAMA Network Open suggerisce che il vaccino Johnson&Johnson (J&J) potrebbe essere il migliore contro la variante Omicron, con un tasso di infezioni «breakthrough», cioè quelle che colpiscono le persone vaccinate, più basso rispetto a tutti gli altri vaccini. Lo studio ha anche dimostrato che il vaccino di Johnson & Johnson ha fornito un’immunità duratura fino almeno 6 mesi. Il vaccino J&J potrebbe essere anche un efficace richiamo per le persone che hanno ricevuto inizialmente un vaccino mRNA.
  10. Minore durata dell’immunità- Chi si infetta con Omicron sarebbe anche meno protetto da futuri contagi. Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica CELL mostra infatti che le reinfezioni di Omicron inducono una risposta anticorpale minore di un decimo rispetto a quanto faceva Delta e minore di un terzo di quanto faccia un booster di un vaccino.
  11. Aumento dei sintomi post-acuti- I casi di Long-Covid dopo infezioni da Omicron superano il 20%.

In conclusione, Omicron potrebbe essere positiva per la fine della pandemia, perché la sua spiccata contagiosità potrebbe creare immunità nella maggior parte della popolazione. Un gruppo di scienziati sono tuttavia intervenuti sulla rivista Nature per avvertire che non è escluso che si sviluppino nuove varianti del virus che potrebbero sfuggire all’immunità ed essere più gravi.