Giulio Tarro, per un vaccino efficace servono 18 mesi

Giulio Tarro, per un vaccino efficace servono 18 mesi

24 Novembre 2020 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

 

Il Covid-19 imperversa, gli ospedali italiani sono vicini al collasso, aumentano anche i decessi.

La denuncia dei malati ricoverati nel Pronto Soccorso dell’Ospedale “A. Cardarelli” di Napoli fa il giro delle emittenti televisive. La Regione Campania, dal 15 novembre 2020 è in zona rossa!!

Parliamo di questo e, soprattutto, delle cure e del vaccino con uno Scienziato Napoletano, di fama internazionale. Giulio Filippo Tarro, già Direttore del Dipartimento dei Servizi Diagnostici e Primario del Servizio di Virologia dell’A.O. “D. Cotugno” di Napoli dall’1/6/1973, è stato nominato Primario Emerito dopo il Suo pensionamento (23/11/2006). Giulio Tarro è nato a Messina il 9/7/1938 e si è laureato (110/110 e lode) in Medicina e Chirurgia all’Università di Napoli (1962). Si è specializzato in Malattie Nervose e Mentali nel 1968 a Napoli. Libera Docenza in Virologia (Roma D.M.29/1/1971), conferma definitiva con D.M. 15/12/1976. Laurea Honoris Causa in Medicina nel 1989 all’Università Cattolica di Albany (New York), in Immunologia nel 1991 presso l’Accademy St. Teodora di New York e in Bioetica nel 1996 presso la “The Constantinian University” Cranston (R.I.) USA, in Scienze Sociali all’Université de Bouaké, Abidjan, Costa d’ Avorio (2010), Master of Science in Tecnologie Biomediche A.S.A.M. University Roma (2008). Assistant Professor dal 1968 al 1969 all’University of Cincinnati Ohio (USA). Professore ufficiale di Virologia Oncologica dal 1971/1972 a1 31/10/1985 presso la I Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Napoli.

Come ha vissuto Giulio Tarro, scienziato, medico e padre la paura della pandemia ed il lungo lockdown?

«Non ho mai avuto paura di questo virus. Per me il Sars-Cov-2 è uno dei tanti innumerevoli virus che ci circondano. La prevenzione è fondamentale durante le viremie e per questo ho tutelato il mio sistema immunitario.

La macchina di fango che ha riguardato il mio buon nome non ha toccato la tranquillità domestica, anche se, non lo nascondo, mi ha molto amareggiato. Non è bello vedersi mettere in discussione da gente non titolata a farlo. Alcuni giornalisti hanno scritto e rielaborato con meschinità mie dichiarazioni, molte volte stravolte. Non tutti possono comprendere e quindi parlare di scienza, finanche alcuni medici, che d’un tratto sono diventati scienziati. La virologia non è per tutti e credo si sia visto. Ribadisco che le mie convinzioni scientifiche rimangono immutate. Il Covid19 potrebbe, in futuro, sparire completamente come la prima SARS, ricomparire come la MERS, ma in maniera localizzata o cosa più probabile diventare stagionale come l’aviaria. Credo che sia quest’ultima l’ipotesi più probabile. È fondamentale trovare una cura, una terapia efficace, piuttosto che un vaccino. Ricordo la sieroterapia. Può e deve essere, una delle soluzioni.

Sulla macchina del fango esplosa nei miei confronti credo sia frutto dell’invidia e di scelte passate mal digerite da una parte della scienza. Tutto inizia oltre un anno fa, quando dopo diverse sollecitazioni, ho scelto di collaborare attraverso la redazione di articoli per il Giornale dei Biologi e la partecipazione a vari convegni, alle attività dell’ONB, Ordine Nazionale dei Biologi. Questa mia scelta non è evidentemente piaciuta a quanti non condividono le scelte dell’ONB in materia di sicurezza dei vaccini e da allora, attraverso i social network, questi signori non hanno perso occasione per infangarmi e diffamarmi, costringendomi così a rivolgermi all’autorità giudiziaria per vedere tutelato il mio buon nome.

Su questi anni si esprimerà la storia. Temo un giudizio impietosi per molti. Io ho agito rispettando le mie convinzioni scientifiche, frutto di decenni di esperienza».

I dati che, quotidianamente, gli organi di informazione ci forniscono sulla diffusione del virus e sulle difficoltà degli ospedali ad affrontare i numerosi ricoveri ci preoccupano. Lei che nei lontani anni Settanta ha fronteggiato il vibrione colerico in Campania, cosa suggerisce a medici e politici che, in questi giorni, affrontano e gestiscono la “seconda ondata” del Coronavirus?

«Si confonde il tasso di mortalità con il tasso di letalità da Covid-19. Non tutti i soggetti infettati dal Sars-Cov-2 muoiono a causa del virus. I conteggi sui decessi che vengono diramati sono in parte fuorvianti. Tra i decessi tanti vantano quadri clinici compromessi.  Sono convinto che in Italia si debba applicare la ricetta israeliana: vanno tutelati gli anziani e i soggetti immunologicamente compromessi da altre patologie pregresse, isolandoli e proteggendoli, lasciando circolare il virus tra i più giovani, per arrivare pian piano all’immunità ed evitare di riempire i pronto soccorso. Parlare di lockdown e di Natale mutilato è un errore enorme che danneggia gli umori e l’economia e che massacra il sistema immunitario. Mortificare l’umore delle persone danneggia la salute. Parlare di lockdown fa aumentare la fobia da virus. Conseguenza? Il caos negli ospedali che non riescono più a curare le altre patologie e a gestire i malati. Le file ai pronto soccorso sono il risultato di questo delirio informativo. I Covid Hospital, se garantiscono l’isolamento e le distanze, potrebbero essere una giusta soluzione. Sicuramente è da evitare per qualsiasi tipo di positivo.

Tornando alla mortalità vi posso dire che non di solo Covid si muore in Italia. I dati ufficiali, quelli dell’Istituto Superiore di Sanità, confermano che il tasso di letalità del Virus non è quello che appare dai bollettini diramati. Ci sono altre patologie che vengono successivamente notificate per lo stesso paziente deceduto e in cui il Virus può agire da catalizzatore, ma siccome non ci sono vittime per altre patologie, si muore solo di Covid-19. Ma è ovvio che nel frattempo si continua ancora a morire di tumore; di malattie cardiocircolatorie, secondo i cinesi per il 14%; di malattie metaboliche per il diabete, il 7% e il 6% per patologie che possono riferirsi allo stesso polmone o eventualmente ad altri organi come fegato e rene. Il rene, tra l’altro, parecchio trascurato in questo periodo a mio avviso. Ricordo la prima SARS del 2003 – che ha fatto registrare oltre 8mila contagi e più 774 vittime, ossia più del 10% di mortalità- e la SARS del Medioriente, la MERS, che è iniziata nel 2012 in Arabia Saudita proprio con un decesso per blocco renale legato alla sindrome respiratoria».

Lei ritiene che il lockdown sia valido al fine di ridurre i contagi? Quali sono i luoghi dove si registra il maggior rischio di trasmissione del virus?

«A mio avviso no. Il lockdown in questa fase è praticamente inutile e danneggia l’economia, oltre che la psiche. Ci troveremo a dover affrontare molti problemi psichiatrici in futuro.

Le malattie infettive si sono, da sempre, combattute con l’isolamento dei “soli” soggetti infetti. Nell’affrontare il Covid19 si sono isolate, in teoria, milioni di persone non isolando de facto i soggetti infetti. Il sistema di monitoraggio si è dimostrato molto poco efficiente. I luoghi chiusi, le abitazioni, gli ospedali ma soprattutto le RSA si rivelano ambienti assai confortevoli per il virus. In questa seconda fase di contagio si sta procedendo lentamente verso la medesima errata soluzione. A mio avviso si è fatto il contrario di quello che andava realmente fatto.  Vanno incentivate le uscite all’aria aperta. Vanno evitati i luoghi chiusi e eccessivamente affollati. Le mascherine vanno usate, ma non arbitrariamente ed in ogni istante. Sicuramente vanno usate sui mezzi di trasporto. È una follia renderne obbligatorio l’uso durante l’attività motoria».

                                                                                                                 

Allorquando sarà disponibile un vaccino efficace, secondo Lei sarà un’arma potente contro il Covid-19?

 «Per fare un vaccino efficace ci vogliono 18 mesi. Sono “tempi tecnici” di sperimentazione.

Nell’affrontare le epidemie, o pandemie che dir si voglia, servono due cose: competenza e ordine, soprattutto nelle vaccinazioni. La soluzione non è in un vaccino ‘arronzato’. In questo momento non esiste un vaccino sicuro al 100%. Come Le ho già detto, il virus è mutato. Un virus può mutare in appena cinque giorni. Ripeto in “soli cinque giorni”. A mio avviso bisogna avere i piedi per terra prima di proporre alcune situazioni. Esistono più versioni del virus ed è per questo motivo che non può esserci un vaccino in grado, come nell’influenza, di metterci al riparo completamente. Difatti, se il virus ha come sembra più varianti, sarà complicato avere un vaccino che funzioni, esattamente come avviene per i vaccini antinfluenzali che non coprono tutto, a differenza di quello che si pensa.

I vaccini meritano un diverso approccio a seconda dei singoli casi. Reputo che obblighi vaccinali di massa non abbiano alcun senso e siano controproducenti. Non per questo mi si può definire ‘no vax’. È chiaro che la vaccinazione, in generale, è un fatto positivo per la salute delle popolazioni ma bisognerebbe fare un’anamnesi di ogni caso, capire quale è la storia di ogni paziente. Siamo invece al cospetto di campagne di massa e medici che per principio dicono che i vaccini non hanno effetti collaterali. Ma è assurdo. Il vaccino è di per sé un farmaco e può avere effetti collaterali, anche gravi.  

Qualora dovesse prodursi un vaccino efficace potrei sostenere la vaccinazione. Per ora non vedo la soluzione nelle vaccinazioni. È prematuro parlare di vaccini. Bisogna sperimentare e renderli efficaci. Il virus muta e quindi potrebbero non servire».