Gianni Dell’Aiuto, no al panico da FakeNews

Gianni Dell’Aiuto, no al panico da FakeNews

23 Marzo 2021 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

Sebbene la Costituzione italiana non faccia riferimento al nostro dovere di usare il PC, e con esso il WEB, le APP e chi più ne ha, più ne metta, gli uomini gutemberghiani e marconiani come noi due non hanno possibilità di vivere senza Internet.

Durante la Pandemia da Covid-19, poi, tra le altre coercizioni “indispensabili” c’è il ricorso a Zoom per dare a noi stessi un surrogato di socialità o la DAD per svolgere il nostro lavoro di insegnanti o le videochiamate per i colloqui clinici.

 

Di questo, ma anche di come la Giustizia italiana sia stata influenzata dalla Pandemia e dalla confusa gestione politica parliamo con un noto Avvocato che coniuga la pratica forense con l’attività di scrittore. Infatti Gianni Dell’Aiuto è l’autore di un pamphlet molto interessante Homo Googlis., Nella professione si è dedicato  a Diritto societario e commerciale; contrattualistica di impresa. Contrattualistica della rete e dall’entrata in vigore del GDPR alla Protezione dati personali; Privacy; GDPR.

In che modo ha affrontato e vive Gianni Dell’Aiuto la Pandemic Fatigue dopo un annus horribilis e le conseguenti indispensabili misure restrittive?

Un po’ come tutti, cercando di sopravvivere al meglio, non farsi travolgere dall’infodemia, cioè l’eccesso di informazioni spesso fake o distortive che hanno caratterizzato la prima fase della pandemia per tutti e quelle che dopo si sono diffuse in merito ai vaccini. Un anno difficile mentalmente per tutti che io ho affrontato riducendo l’ascolto dei telegiornali e cercando di filtrare le notizie per non cadere nel panico che invece sembra avere toccato molti. L’importante sarebbe non cascare nelle fakenews, ma l’esperienza ci insegna che a volte piace credervi; basti pensare a Babbo Natale.

Caro Avvocato, alla luce del distanziamento sociale determinato dalla attuale congiuntura, non le sembra che stiamo diventando a-social e web-enti?

Assolutamente sì. Vorrei poter dire che tutto è rimasto normale, Ma quando il primo gesto al mattino è controllare le notifiche sui cellulari o mandare un messaggio agli amici o il buongiornissimo sui social ci rendiamo conto che siamo già oltre. Si può fare tutto sul cellulare, dal lavoro alla scuola, dalla formazione, ai convegni: la spesa e il pranzo a casa, parlare con gli amici e oltre a pagare le bollette e tutti gli acquisti anche corsi di lingue e di fitness. Impossibile tornare indietro. Esistono anche malattie che non esistevano prima di internet, dalla dismorfia da Snapchat alle fobie da disconnessione. Questo è il nuovo uomo che nel mio libro ho definito Homo Googlis, l’eroe della rivoluzione digitale che gli viene consegnata a domicilio in casa: l’esatto opposto dell’Homo Sapiens che usciva dalle caverne. E attenzione, un cellulare è un’arma che ci viene consegnata da usare senza porto d’armi né istruzioni per l’uso. L’sperienza di TikTok della bambina di Palermo ci insegna che di social si può morire.

Quanti danni hanno arrecato la Pandemia e la confusa gestione politica alla Giustizia italiana?

Se dico esattamente ciò che penso credo mi dovreste portare le arance, non sarei molto delicato. Diciamo che poteva e doveva essere gestita meglio. Vi sono situazioni ai limiti dell’insostenibile e non parlo solo del carico di lavoro nelle aule. Sembra si sia dimenticato che il ricorso alla Giustizia, oltre ad essere un diritto costituzionalmente Garantito, deve essere caratterizzato dalla certezza nella sua applicazione e nel raggiungimento. Rinvii biblici di udienze o continui rinvii per Covid, carenza di aule e quant’altro su un sistema già abbastanza dissestato non hanno fatto certo bene. Mi permetto un’unica puntualizzazione tecnica; la durata delle cause civili è un elemento fondamentale per favorire gli investimenti stranieri. Quale imprenditore investirebbe se per far valere un proprio diritto occorrono a volte anche dieci anni?