Gianna Fratta, l’amore per la musica

Gianna Fratta, l’amore per la musica

10 Novembre 2020 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

 

 

La prospettiva di un nuovo lockdown determina un’angoscia panica, una desolazione, un horror vacui per un Virus che miete moltissime vittime nel mondo, ansia anticipatoria per le necessarie ed indispensabili clausure, che sono condicio sine qua non per contenere l’aggressività del Virus. Forse sarebbe stato prioritario dotare gli ospedali degli opportuni presidi necessari per affrontare la seconda ondata, effettuare il tracciamento prima della riapertura delle attività dopo la pausa estiva, ottemperare alla carenza del personale sanitario. Il Mondo Produttivo teme un secondo lockdown generale ed, in particolare, quello dell’arte e della musica, in particolare, già penalizzato durante il primo lockdown si appresta ad “abbassare il sipario” nuovamente, sine die. Sentiamo a tal proposito una Donna che ha onorato ed onora l’Italia, Cavaliere della Repubblica, Ambasciatrice nel mondo della musica sinfonica e operistica: Gianna Fratta.

Decide di diventare direttrice d’orchestra a nove anni e da allora intraprende e completa, col massimo dei voti, la sua formazione accademica in pianoforte e composizione, oltreché in direzione d’orchestra con lode.

Inizia giovanissima la sua carriera pianistica, vincendo numerosi concorsi nazionali e internazionali, che la portano ad esibirsi nei teatri più importanti del mondo in città come Berlino, New York, Tel Aviv, Mumbai, Kolkata, Istanbul, Stoccolma, Vilnius, Haifa, Roma, Seoul, Montevideo, Buenos Aires e tante altre in tutto il mondo.

Il suo debutto, come direttrice d’orchestra avviene nel 1998 e da allora lavora con importanti orchestre, in molti casi, come Prima Donna. Tra le principali: Berliner Symphoniker, Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, Sinfonica di Macao (Cina), Mimesis del Maggio Musicale Fiorentino, ORT di Firenze, Orchestra del Teatro Petruzzelli, Royal Academy di Londra, Orchestra della Fondazione Toscanini di Parma, Nuova Scarlatti di Napoli, Russian Simphony Orchestra, Orchestra Sinfonica di Sofia e di Kiev, Sinfonica di Greensboro e Dubuque Simphony Orchestra (USA), Orchestra de l’Ile de France, Prime Orchestra di Seul (Corea), Orchestra Filarmonica di Montevideo, Sinfonica di Sanremo, L’Aquila, Bari, Lecce, Orchestra del Teatro Nazionale di Belgrado, Maribor, Skopje, Orchestra del Teatro Bellini di Catania, Orchestra Sinfonica Siciliana, Orchestra Sinfonica dello Stato del Messico, Orchestra Filarmonica Libanese e molte altre in tutto il mondo.
Il suo mentore è stato il grande direttore russo Yuri Ahronovitch, che scrive di lei: “Non ho mai conosciuto un direttore così giovane e già così dotato di cuore e di braccio”.
Suona e dirige nei più importanti teatri del mondo (Carnegie Hall di New York, Teatro Coliseo di Buenos Aires, Teatro Solis di Montevideo, Seoul Art Center di Seoul, Smetana Hall di Praga, Teatro Sao Pedro a San Paolo del Brasile, Teatro dell’Opera di Roma ecc.), collaborando con i più importanti artisti del panorama internazionale. È titolare della cattedra di elementi di composizione al Conservatorio di Foggia, visiting professor alla Sungshin University di Seul (Corea) e tiene regolarmente lecture e master class in molte Università nel mondo. È laureata in Giurisprudenza e Discipline Musicali. Oltre alle numerose incisioni discografiche per Velut Luna, Bongiovanni, Amadeus, Nea et Antiqua, Gianna Fratta é protagonista di documentari e reportage che raccontano la sua attivitá e la sua vita, tra cui “Per la mia strada” prodotto da Rai Cinema e premiato dalla Presidenza della Repubblica. Il 7 marzo 2009 è insignita del titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana per i risultati da lei ottenuti in campo internazionale come pianista e direttrice d’orchestra; il 18 dicembre 2016 dirige in Eurovisione il Concerto di Natale al Senato, nelle precedenti edizioni affidato a personalità come Muti, Maazel, Oren.

Come ha vissuto Gianna Fratta la paura della pandemia da Covid-19 e la successiva indispensabile clausura?

Come tutti, ho vissuto sentimenti contrastanti, prima rabbia, poi paura, confusione, incertezza. Anche adesso, in una fase in cui la musica e la cultura sono impossibilitate ad operare secondo modalità tradizionali, noi artisti ci sentiamo persi, privati della possibilità di fare quello che sappiamo fare, nei modi in cui abbiamo imparato a farlo. Poi, però, capisci che non puoi solo arrabbiarti, fermarti, aspettare. Ti rendi conto che devi agire e fare quello che puoi, cambiare modalità, trovare delle strade, convivere con la pandemia, perché due anni fermi non si può stare. Io, ad esempio, nei mesi di marzo e aprile, tutti i giorni dalle 17 alle 18 ho fatto delle lezioni aperte a tutti, in diretta Facebook, sull’opera, creando il format seguitissimo “Resto a casa con l’opera”. In tanti si sono appassionati all’opera, hanno studiato per superare il “superoperaquiz”, che facevo ogni sabato, assegnando premi musicali ai più bravi. Insomma, ho trovato il modo per continuare a servire la musica e l’opera per come era possibile, raggiungendo comunque ampie fasce di pubblico, fruitori, appassionati. Bisogna ripensarsi e trovare il modo per superare questa fase transitoria e drammatica.

Il suo importante ruolo di Ambasciatrice nel mondo della musica sinfonica e operistica subirà necessariamente delle limitazioni. Quali orizzonti si prospettano per la sua attività e per quella di moltissimi operatori del settore?

La situazione è molto difficile, non solo per gli artisti, ma per tutti coloro che lavorano – e sono tanti – nel settore della musica, dello spettacolo dal vivo, dell’arte, del teatro. Interi comparti sono stati messi in ginocchio da questa pandemia. Eppure dobbiamo trovare il modo di andare avanti e superare questo momento, avere la forza di non cambiare mestiere, di crederci. Un impoverimento culturale sarebbe una conseguenza grave quanto l’emergenza sanitaria. Le prospettive sono poche, incerte, non riusciamo a vedere la luce, a darci dei tempi e questo rende tutto più complesso. Ma bisogna trovare la forza di cercare opportunità per superare questa fase e ritornare ad essere un Paese che sa fare cultura.

La musica è per lei ragione di vita, dimensione etica, d’impegno civile ed estetica, è anche pensiero liberato, affrancato da dogmatismi e fondamentalismi, ma, in primis, passione coinvolgente sin da bambina, per cui ha tentato l’impossibile, che l’attrae più del difficile! Quali sono i suoi ricordi, allorquando a nove anni, con il suo talento innato ha deciso di diventare direttrice d’orchestra? Qual è stato il suo modello di riferimento?

Io ho iniziato a studiare pianoforte molto presto, avevo 5 anni. Sono entrata in conservatorio a Milano a 8 anni e questo sicuramente è stato un primo ricordo fondamentale. Studiavo con un maestro che poco dopo la mia ammissione mi invitò a un suo concerto da pianista con l’orchestra. Era la prima volta che ascoltavo un’orchestra dal vivo. È stato un colpo di fulmine: ho pensato “voglio stare al centro di tutti questi suoni, come quel signore con la bacchetta”. Sono uscita dal concerto e ho detto ai miei genitori che il pianoforte mi interessava, ma che volevo dirigere, per stare in quella posizione, ascoltare e guardare tutti i professori d’orchestra. I miei genitori non hanno dato molto peso alle parole di una bimba di 9 anni e al suo sogno di fanciulla. Invece da quel momento io ho guardato quel sogno e l’ho inseguito, in tutti i modi in cui ho saputo e potuto farlo. Fino a che non l’ho raggiunto, a qualsiasi prezzo.

Per quanto riguarda i “modelli”, devo dire che preferisco chiamarli Maestri. Ho avuto Maestri eccezionali, che mi hanno portato ad essere quella che sono.

Nella storia della musica rimemoro e rievoco solo Direttori d’Orchestra! Come vive Lei questo gap-gender, atteso che è Cavaliere della Repubblica ed Ambasciatrice della musica nel mondo? Quanto rigore, disciplina, metodica nell’educazione musicale, quante energie mentali ha iperinvestito per conseguire questi eccellenti e straordinari traguardi?

La direzione d’orchestra non ha sesso. La musica non ha sesso. Il mio mestiere non richiede alcuna prerogativa di genere. Età, razza, aspetto fisico, genere sono totalmente ininfluenti. Forte di questa convinzione sono andata avanti e ho raggiunto per me e per tutte le donne che verranno dopo di me e che sceglieranno di fare le direttrici d’orchestra dei risultati che stanno contribuendo a ridurre il gap gender di cui lei parla. Non mi piace guardare il bicchiere mezzo vuoto, la strada che c’è da fare, preferisco guardare in faccia ai miei obiettivi e darmi da fare. È molto più importante la strada che ho percorso, rispetto a quella che c’è ancora da percorrere.

Qualcuno mi fa notare che ho tanti primati. Ebbene i primati non sono mai una bella cosa. Essere “la prima donna a…” negli anni Duemila, non è una vittoria. Certo sono dei traguardi, che taglio con orgoglio per me e per tutte le mie colleghe, ma non ne sono felice. Non pubblicizzo mai molto questi primati, perché in fondo li considero delle sconfitte, al pari delle quote rose.

Sono una grande sostenitrice delle donne, del loro talento, del loro merito. Non necessitano delle quote rosa. Basta la quota grigia, quella del cervello.

E questa si raggiunge con lo studio, l’applicazione, l’impegno, la costanza, anche il sacrificio. Ho dedicato alla musica tutti i giorni della mia vita da quando avevo 5 anni, a costo di grandi rinunce e pagando prezzi alti. Ho compiuto delle scelte e le ho perseguite, senza voltarmi indietro, senza pensare a quello a cui avevo rinunciato. Il segreto è questo: essere preparate, molto preparate, studiare, non cercare scorciatoie, non scendere a compromessi.