“E se poi prende il vizio”

“E se poi prende il vizio”

3 Agosto 2020 0 Di Teresina Moschese*

Nel testo di Alessandra Bortolotti (Il Leone Verde Edizioni, 2010) la promozione di una cultura della genitorialità unica, irripetibile ed in continuo divenire.

 

Teresina Moschese

Da sempre la letteratura pedagogica, psicologica e scientifica in tema di genitorialità, propone modelli e ricette che generano un senso di frustrazione e confusione su quale sia il metodo o l’approccio giusto da seguire per crescere figli felici. Ho letto questo libro, su suggerimento di un’amica, e l’ho scoperto molto interessante ed utile rispetto ad un cambiamento di rotta per la promozione di una cultura della genitorialità unica, irripetibile ed in continuo divenire. Da mamma, prima di tutto, e da psicoterapeuta, poi, condivido appieno il punto di vista dell’Autrice, ovvero che i bambini hanno bisogno di una cosa semplice: nutrimento, proveniente dal contatto fisico ed emotivo e che non esistono ricette per essere genitori competenti, ma è dentro di sé che ogni genitore può trovare la risposta alle difficoltà insite in questo ruolo, ponendo attenzione ad essere disponibile ad ascoltare i bisogni del proprio ed irripetibile bambino e a privilegiare la relazione e l’espressione delle emozioni, senza pensare che questo equivalga a viziare.

Un altro aspetto del libro che mi ha fatto molto riflettere è che tali pregiudizi provengono proprio dagli “esperti” che, talvolta, confezionano “pacchetti di cure” dove è vietato il contatto tra genitori e figli e che si propongono di insegnare l’impegnativo mestiere del genitore. Ritengo, invece, che la rassicurante aspettativa di trovare manuali di istruzioni per l’educazione dei propri figli sia accompagnata dal rischio di frustrazione che distrae dalla relazione con loro.  Il pediatra e psicoanalista, Donald Winnicott affermava che la madrenon può imparare ad essere tale da libri, o esperti. Può avere dentro di sé l’idea di una madre sufficientemente buona, avendone fatto esperienza con la propria madre da bambina, e, da qui, sviluppare in piena autonomia un modello operativo interno di relazione con i propri figli.

Questo aspetto dello sviluppo del bambino mi è molto utile nel lavoro di psicoterapeuta proprio perché mi facilita nel “togliere il berretto dell’esperto” e, nel riconoscere che i genitori hanno in sé le capacità e potenzialità per essere buoni genitori, che sapranno da soli imparare a decodificare i bisogni del proprio bambino, mi aiuta a non accettare deleghe, a contrastare la tendenza di alcuni genitori alla dipendenza dalla mia figura e dal giudizio sociale e quindi a mettere in opera strategie relazionali per facilitare, semplicemente, l’emergere dei loro punti di vista e soluzioni, a partire dalla fiducia nel proprio sentire di madre e di padre.

Ne consiglio vivamente la lettura a tutti i genitori che vogliono sperimentare una genitorialità libera da preconcetti e pregiudizi su come prendersi cura dei propri figli, affrontando temi dall’allattamento, al sonno, alle coccole, privilegiando il contatto e la relazione affettiva.

*Psicologa – psicoterapeuta sistemico relazionale