Domenico Palmiero, aspettando che l’incubo Covid giunga al termine

Domenico Palmiero, aspettando che l’incubo Covid giunga al termine

4 Marzo 2021 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

A decorrere dal 27 marzo 2021 –  zona gialla – gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all’aperto sono svolti con posti a sedere preassegnati e distanziati e a condizione che sia comunque assicurato il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro sia per il personale, sia per gli spettatori che non siano abitualmente conviventi, spiega la bozza del Dpcm. Il ministro Franceschini ha annunciato anche l’accesso ai musei su prenotazione anche nel weekend (questi ultimi per ora aperti in questa stessa fascia solo nei giorni infrasettimanali). Finalmente riaprono sale cinematografiche e teatri. C’è da attendere ancora un mese, ma almeno uno dei comparti produttivi più penalizzato riprende le sue attività. Ne parliamo con un giovane attore emergente, scenografo, regista e poeta Domenico Palmiero.

2017: Premio “Miglior regista” per lo spettacolo “Sogno di una notte di mezza sbornia” di Eduardo De Filippo, rassegna Teatro Gelsomino di Afragola;

2019: Premio “Miglior attore protagonista” per lo spettacolo “3 atti unici” di Eduardo De Filippo (LA CHIAVE DI CASA; IL MIO PRIMO AMORE; L’ULTIMO BOTTONE), rassegna Teatro Comunale di Casapulla Della Corte, Teatro Marconi – Roma;

2019: Finalista per la categoria “Miglior Regia” per lo spettacolo “Work in progress” di Crescenzo Autieri, Festival Teatrale TEATRAMM’, direzione artistica di Emiliano De Martino e Felice Della Corte, Teatro Marconi – Roma;

2020: Premio “Miglior attore” per lo spettacolo “Anniversario di Matrimonio” di Crescenzo Autieri, Festival Teatrale TEATRAMM’ (seconda edizione), direzione artistica di Emiliano De Martino e Felice Della Corte, Teatro Marconi – Roma.

Come ha vissuto e vive Domenico Palmiero la paura della pandemia ed il disagio legato alle indispensabili misure restrittive?

Sicuramente male. È un disagio dettato da una situazione più grande di noi e non ci si sente neanche capaci di poter fare qualcosa per reprimere tutto ciò. In tutta onestà alcune volte penso che è come se ci trovassimo su una grande giostra circolare: cammini, passa il tempo ma ti ritrovi sempre ad un punto già conosciuto tempo prima. È un anno oramai che va avanti tutto ciò…
Anche se, a dirla tutta, dopo tutto questo tempo, oramai, ho paura della ripresa. Ho paura del periodo post – covid. Ogni situazione e disagio sociale, che sia anche una guerra, lascia le proprie macerie. Saranno macerie morali? Sicuramente. Macerie materiali? Forse paghiamo già le conseguenze di nostri pregressi atteggiamenti strafottenti nei confronti della società.

Finalmente il CTS ed il Ministro Franceschini hanno disposto per il 27 marzo prossimo la riapertura di teatri e sale cinematografiche in sicurezza. Tardiva resipiscenza?

È un argomento delicato questo, molto. È risaputo che solitamente le stagioni Teatrali a Marzo finiscono, come altrettanto risaputo è che a settembre e ottobre i nuovi spettacoli di stagione ancora non sono pronti per il debutto. Tant’è vero che i Teatri sono stati aperti fino a quel periodo. Per carità non voglio essere polemico e critico, ma cerco di guardare questa situazione con oggettività. Se da una parte sostengo che il Teatro, oggi, sia poco considerato, dall’altra devo convenire sul fatto che gli errori sono stati commessi proprio dagli addetti ai lavori, in passato.
Il riconoscimento della categoria, ad esempio. Le prove di uno spettacolo non riconosciute da una produzione. Il fatto che girino nei cartelloni sempre gli stessi nomi… tutto ciò è sempre esistito. Ce ne accorgiamo ora? Perché non si è fatto qualcosa quando nonostante tutto, a tutti, convenisse questo modo di “vivere” l’ambiente Teatrale?

Eduardo ha anticipato e descritto sapientemente tutto ciò nell’ “Arte della commedia”. Uno spettacolo che denuncia proprio la non considerazione del Teatro rispetto alla società. Di una categoria non riconosciuta: quella degli attori. Il problema, però, è che è stato scritto nel 1964. Allora, quando denunciò tutto ciò, si trovò solo, senza neanche un attore che lo aiutasse a far rumore. Non ottenne niente. Ci stupiamo se oggi i Teatri, dopo un anno di inattività, in un periodo così particolare, non vengono proprio considerati e vengono riaperti solo per evitare nuovi ristori?
Teatro è guardare vedendo. Giorgio Albertazzi. Cosa rappresenta per Lei il Teatro?

Il Teatro necessita di esercitare la sua funzione di “specchio”. Quando ci mettiamo difronte ad uno specchio e c’accorgiamo di avere una maglia, un capello fuori posto o di essere scomposti, la nostra prima reazione è quella di fare qualcosa per aggiustarci. Questo è il Teatro. Non ci risolve i problemi legati alla nostra quotidianità, intimità o problemi politici come sociali, ma riconoscerli e individuarli fa sì che, una volta usciti dal Teatro, noi mettessimo in moto un meccanismo che si preoccupi di risolvere, nel nostro piccolo, quei problemi… anche con una risata, ironia. Ma quando il pubblico ride o va a Teatro e invece di parlare della storia che ha visto, parla degli attori, della scenografia o della signora che si è addormentata in platea… vuol dire che il Teatro, vuoi per l’inconsistenza di un testo o per attori non convincenti o per regie troppo metaforiche, non ha svolto la sua funzione sociale.

È da tempo, ormai, che la società non si specchia… E gli errori che commettiamo sono tanti. Troppi.
Sono a braccia conserte e aspetto che finisca questo incubo…consapevole del fatto, però, che non ne usciremo migliori di prima… Ci saranno tanti problemi da affrontare.