Diego Lombardi: “Il calcio la mia seconda casa con regole, affetti ed obiettivi”

Diego Lombardi: “Il calcio la mia seconda casa con regole, affetti ed obiettivi”

27 Febbraio 2022 0 Di Marco Magliulo & Pasquale Maria Sansone

“Il calcio è musica, danza e armonia. E non c’è niente di più allegro della sfera che rimbalza.” (Pelé)

Oggi parliamo di Covid, sport e salute con un giovane calciatore: Diego Lombardi.

Classe 1999, cresce nel settore giovanile del Ceprano Calcio fin dall’età di 5 anni prima del passaggio al Frosinone Calcio. Termina poi la trafila giovanile nel Ceprano avendo la fortuna di giocare, e anche vincere, campionati regionali di spessore.

Il passaggio nei grandi è avvenuto nell’annata 2016/17 con la firma per l’ASD Roccasecca TST, squadra storica del panorama regionale Laziale, che gli ha permesso nella prima annata di allenarsi con i grandi e fare qualche apparizione in prima squadra. Oggi veste ancora questa maglia, e siamo ormai alla sesta stagione, tra cui 2 campionati di eccellenza e 4 di promozione.

Come hai vissuto e come vivi, come hai affrontato e come affronti la paura della pandemia, del contagio ed il notevole disagio legato alle indispensabili e severe misure restrittive?

La paura per la pandemia è ormai entrata a far parte della nostra quotidianità e ci accompagna in ogni gesto o spostamento. Cerco di vivere il tutto nel modo meno oppressivo possibile mantenendo però ovviamente sempre valide le corrette misure di igiene personale e di prevenzione, come l’utilizzo della mascherina. Ritengo sia importante avere “paura” del virus, quella giusta paura che contribuisce a mantenere alta l’attenzione e non sottovalutare un problema che comunque ci ha fatto soffrire molto nell’ultimo periodo. Sicuramente le misure restrittive ci hanno fatto del male, ripensando ai mesi di chiusura e zona rossa tornano in mente il senso di smarrimento e di distacco dagli affetti e dalle persone a noi care, ma è stato indispensabile e farà parte della nostra storia, speriamo ormai solo passata. Continuo a guardare con positività al futuro, sperando di poter superare il prima possibile questo periodo difficile.

Quanti danni hanno causato allo sport le chiusure indiscriminate della prima ora e la confusa se non cattiva gestione politica?

E’ evidente purtroppo che le chiusure forzate siano state un danno per le società sportive di qualsiasi livello, dilettantistico e non. Sono  sotto l’occhio di tutti infatti le difficoltà che anche le società di serie A si sono trovate ad affrontare dopo le prime chiusure generalizzate, nella prima emergenza Covid. Senza entrare nei meriti delle decisioni dei governi, che non spetta a me giudicare, specialmente in situazioni emergenziali come quella che ci siamo trovati ad affrontare improvvisamente, posso limitarmi a dire che molte società a causa del Covid hanno dovuto fare i conti con problemi economici, ma anche organizzativi per cercare di adeguarsi ai protocolli che di volta in volta venivano stilati. Problemi da un punto di vista economico che di riflesso hanno colpito tutti.

Quanto valore attribuisci al binomio sport-salute, ovvero quanto è fondamentale l’attività sportiva per il conseguimento ed il mantenimento del benessere psico-fisico?

Ho sempre ritenuto il binomio sport-salute di fondamentale importanza. Oltre ai vantaggi da un punto di vista prettamente fisico garantiti dallo sport in generale, nel nostro caso il calcio, però, voglio porre l’accento su un aspetto a volte sottovalutato, ma che ha avuto finalmente l’importanza che merita dopo lo stop dei campionati passati e delle attività di squadra. Fare sport non è soltanto un modo per migliorare la propria condizione fisica, che resta comunque fondamentale in relazione alla salute di ognuno di noi, ma è anche e soprattutto un modo per socializzare, per vivere un ambiente diverso dal binomio casa-scuola, per stare in un contesto in cui ci sono regole, affetti, obiettivi personali e di squadra. Credo che la mancanza più grande percepita nei mesi di stop dei nostri campionati sia stata proprio questa, il non poter vivere lo spogliatoio, che da sempre percepisco come una seconda famiglia. E questo purtroppo non riguarda solo noi grandi, ma ha riguardato anche le categorie relative all’attività di base, bambini che nello sport e nel calcio vedono un modo per scaricare le tensioni della giornata scolastica, un modo per vivere perché no anche un sogno e sentirsi realizzati nella loro crescita calcistica, ma soprattutto umana. Per loro più che per noi grandi ritengo fondamentale questo binomio, in grado di farli crescere da un punto di vista fisico, sociale, caratteriale e più in generale umano.

Cosa ti ha dato e ti da’ la pratica sportiva in termini di crescita personale, sociale e professionale?

Per quanto riguarda la mia esperienza personale devo dire che lo sport mi ha dato moltissimo. Crescere in un contesto di squadra serio, con delle regole e degli obiettivi comuni lo ritengo fondamentale per la crescita di un ragazzo. Ho avuto la fortuna di conoscere negli anni educatori, istruttori di base e poi allenatori di livello, non solo nella crescita calcistica, ma soprattutto in quella umana. La passione per il calcio, le amicizie che nascono in un gruppo, gli insegnamenti che non finiscono mai in nessun ambito mi portano ogni anno a non avere dubbi nella scelta di continuare, anche se vuol dire ormai anche con l’università fare dei sacrifici per ritagliare il tempo tra studio e allenamenti. Per il futuro non mi aspetto nulla di diverso da questo, continuare a giocare e in seguito restare nel calcio anche come allenatore, esperienza che già sto vivendo nell’attività di base dopo aver seguito i primi corsi. Credo che in termini di crescita personale e sociale non ci sia nulla di meglio dello sport, perché con chiunque si ha a che fare, che siano allenatori, compagni di squadra o magari i miei attuali e futuri “allievi”, non bisogna mai smettere di imparare e confrontarsi.