Campania: il 112 che verrà…

Campania: il 112 che verrà…

8 Luglio 2019 0 Di Bruno Buonanno

Numero unico in vista per affrontare e dare risposte a tutte le emergenze. Al momento è stato avviato l’iter procedurale ed insediata una commissione ad hoc.

 

 Rispetto al resto del mondo “civile” siamo indietro di venti e forse anche di trent’anni. Ma la giunta regionale sta finalmente aprendo gli occhi e comincia a programmare la “realizzazione sul territorio regionale del servizio di numero unico 112”.

Sembra una novità, ma in Italia un numero unico per le emergenze e le post emergenze esiste da tempo, ovviamente in Lombardia. Se vogliamo guardare un po’ più lontano – per esempio riferendoci agli Stati Uniti – lì con un numero unico si chiede l’intervento delle forze dell’ordine, dei vigili del fuoco, di ambulanze (tutte con paramedici abilitati a vere e proprie emergenze), così come si può chiedere l’intervento della guardia costiera o di quella che da noi è la protezione civile. Un numero unico per far sparire centrali e doppioni di centrali che spesso funzionano in maniera traballante. Chiedere agli utenti che hanno aspettato in linea per minuti e minuti fino al segnale di “stop” alla comunicazione.

La proposta è stata approvata meno di un mese fa con la delibera di giunta 266 del 17 giugno. Un’idea partita da chi si occupa di lavori pubblici, protezione civile e tutela della salute. Per ora è stata istituita una commissione guidata dal vice capo di gabinetto avvocato Michele Gerardo, dai dirigenti degli uffici regionali 12 e 14, dai direttori generali della protezione civile, delle risorse strumentali, dell’Università ricerca e innovazione, delle risorse umane, della tutela della salute e delle risorse finanziarie.

Negli Stati uniti componendo il numero unico di emergenza intervengono i soccorritori se un gattino è bloccato su un albero, se un aereo distrugge le Torri Gemelle, se c’è un incidente stradale o se scoppia una bombola di gas. Da noi per ora si ipotizzano due Centrali Uniche di Risposta – la loro sigla è Cur – che saranno operative a Napoli ed a Sarno. Quella di Sarno, secondo la delibera, dovrebbe entrare in funzione entro il 30 giugno del prossimo anno. Sarà realizzata nell’ex Arcadis – Ufficio regionale speciale centrale acquisti – è in un edificio su due livelli che occupano una superficie di circa 600 metri quadri. La sede dista circa 500 metri dall’ospedale di Sarno, avrà 14 postazioni di lavoro e la sua realizzazione dovrebbe costare intorno ai 320mila euro.

Quella di Napoli sarà a Fuorigrotta, nel palazzo Pico in via Terracina. Occuperà il quarto piano di un edificio di proprietà della Regione, per una superficie di circa 1.200 metri quadri. I costi di ristrutturazione dipendono dalla progettazione non ancora completata, ma dovrebbero durare otto mesi. La sede di Napoli dovrebbe essere operativa entro il 31 dicembre, sempre del 2020. Nelle due sedi la realizzazione degli impianti software ed hardware dovrebbe essere inferiore ai 400 mila euro.

Cerchiamo di capire nel dettaglio di chi e di che cosa si occuperà chi lavora in questo benvenuto Cur 1. Serve a sostituire quattro numeri di emergenza: il 112 dei Carabinieri, il 113 della Polizia di Stato, il 115 dei Vigili del Fuoco e il 118 per le emergenze sanitarie. A prima vista sembra un po’ poco. Dalla C. U. R. – centrale unica di risposta – la richiesta di aiuto viene poi smistata alla P.S. A. P. 1 (pubblic safety ansvering point) rappresentato dalle centrali del 115, 112, 113 e 118. Oggi non si sa se resteranno in funzione, ed eventualmente fino a quando. Così come non quali altre istituzioni potrebbero essere coinvolte in questo progetto che una conferenza dei servizi organizzata dai rappresentanti del governo (la Prefettura) potrebbe rendere più operativa completando l’apprezzabile lavoro della Regione.

Se affonda una barca a mare come ci si mette in contatto con la Capitaneria? Se crolla un balcone o sprofonda una strada dal “112” avvertono i vigili urbani e la protezione civile?  Probabilmente sì, anche se nell’interessante programma approvato dalla giunta questi chiarimenti al momento non ci sono. Parte la Regione Campania dopo l’apripista Regione Lombardia. Ma un numero unico per le emergenze sembrerebbe fatto apposta per dare un po’ di lavoro serio al governo gialloverde. Nella centrale unica di risposta sembra debba trovare occupazione un po’ di gente nuova. Ragazzi e ragazze che non appartengono a forze dell’ordine o ai sistemi sanitari ma abilitati evidentemente dopo un corso al delicato compito di centralinisti di una struttura che dovrà restare aperta giorno e notte.

Il governo ha cominciato a pensare al numero unico di emergenza previsto dal decreto legislativo 259 del primo agosto del lontano 2003. Non lo hanno fatto i comuni, le città metropolitane o le province. Per fortuna il governatore De Luca e i suoi collaboratori hanno deciso di rendere operativo un progetto approvato solo nel luglio del 1991 dal Consiglio della Comunità Europea. Qualche decennio di riflessione, un po’ di valutazione dei costi e contro costi che dovrebbero essere sostenuti dalla Regione Campania. Anche se la delibera 266 prevede la sottoscrizione di un protocollo di intesa da formalizzare con il ministero dell’Interno, probabilmente per la fornitura di uomini, mezzi e (perché no?) anche … soldi.

Far partire il “118” per l’emergenza sanitaria in pieno agosto fu un’impresa quasi storica firmata oltre 25 anni fa da Teresa Armato, assessore regionale alla sanità. La centrale è passata dal Cardarelli all’Ospedale del Mare e – la notizia è di pochi giorni fa – il commissario dell’Asl Napoli 1, Ciro Verdoliva, ha deciso di riorganizzare un servizio di emergenza sanitaria anche con le motociclette. Un mezzo di trasporto che nel traffico cittadino consente a medici e paramedici interventi più veloci di quelli  garantiti dalle ambulanze che spesso restano bloccate in ingorghi che i vigili urbani non sono sempre in grado di sciogliere.

Meno di un anno di attesa: da Sarno la centrale di emergenza <112> a giugno 2020 sarà in grado di rispondere alle richieste di aiuto annullando un black out lungo trent’anni e, forse, anche di più.