Abusi sessuali su minori nella Chiesa (III parte)

Abusi sessuali su minori nella Chiesa (III parte)

28 Agosto 2020 0 Di Aureliano Pacciolla*

Il terzo rilievo molto importante è quello dell’indagine previa che non è un processo ma solo una prima “istruttoria” al solo scopo di accertare la verosimiglianza in termini di “fumus delicti” preliminare a un processo. L’essenza e la finalità dell’indagine previa – condotta dal Vescovo o da un esperto di sua fiducia – è quella di accertare il fondamento dell’accusa, la natura del supposto reato, la frequenza, il luogo, le circostanze, le generalità delle presunte vittime ed una prima valutazione del danno (fisico, psichico e morale). Se in questa indagine previa dovessero sorgere altre ipotesi di reato, queste dovranno essere prese in considerazione in questo contesto. Il titolare dell’indagine preliminare non potrà avere ruoli giudicanti nell’eventuale processo penale giudiziale o extra giudiziale. L’Autorità Giudiziaria civile potrà richiedere quanto emerso in questa indagine previa (documentazione ed eventuali oggetti sequestrati).

Se durante l’indagine previa dovesse essere necessario ascoltare il minore (o una persona ad esso equiparata) dovranno essere attuate tutte le procedure previste in questi casi. Questo argomento sarà ripreso nel paragrafo seguente sui “punti da approfondire”.

Il Vescovo potrebbe decidere di notificare all’inquisito che è in corso una indagine previa e, in caso di convocazione, non gli si può imporre il giuramento e conserva sempre il diritto di avvalersi di professionisti che lo assistano. Entrambi, presunta vittima e accusato, hanno sempre diritto all’assistenza spirituale, medica e psicologica; inoltre bisogna evitare atteggiamenti che possano anticipare le risultanze processuali.

In questa delicatissima fase dell’indagine previa è altamente consigliabile fare riferimento a strutture di consulenza (statali o ecclesiastiche) per consiglio, orientamento e assistenza. È possibile il ricorso anche a singoli professionisti per interventi limitati nel tempo o per interventi più strutturati per collaborare all’analisi dei singoli casi. Tutto ciò non costituisce una decisione processuale canonica. Questo tema sarà ripreso nelle conclusioni

Le misure cautelari dovranno essere ben chiare all’interessato e pronte ad essere modificate, sospese e rievocate (in considerazione delle aggravanti, delle attenuanti e di cessata causa). Ognuna delle suddette modifiche dovrà essere notificata con un decreto, inclusa la decisione di riaprire le indagini per il sopraggiungere di nuovi elementi riguardanti il fumus delicti.

Fra le prime misure cautelari vi è il divieto (o proibizione) di esercizio del ministero; ciò che prima era chiamato “sospensione a divinis” oppure “sospensione ad cautelam”. Inoltre, l’Ordinario fin dall’inizio dell’indagine previa può imporre all’accusato le misure cautelari.

L’indagine previa – in termini di tempi e competenze – non può andare oltre la verifica di una fondata verisimiglianza della notitia de delicto e della corrispettiva esistenza del fumus delicti. Il titola-re del processo previo dovrà consegnare tutti gli atti raccolti, incluse le sue valutazioni, all’Ordinario e questo alla CDF.

Un quarto rilevo del vademecum è quello relativo alle misure disciplinari. Una volta che la CDF riceve le risultanze dell’indagine previa dovrà dare un immediato riscontro all’Ordinario di competenza. Fra le possibilità più frequenti abbiamo: l’archiviazione; un approfondimento dell’indagine previa; l’imposizione di misure disciplinari non penali; l’imposizione di rimedi penali; le ammonizioni; l’apertura di un processo penale. Qualunque sia la decisione, la CDF dovrà comunicare anche le istruzioni applicative.

Per rendere più chiaro questo quarto rilievo sono necessarie delle esplicitazioni sulle suddette misure da applicare. Inoltre, è molto importante che il trasgressore capisca la pena comunicata anche per iscritto, inclusi i termini temporali e la possibilità di ricorso.

Un quinto rilievo è quello pertinente le tre possibili decisioni che si possono prendere al termine di un procedimento penale canonico (sia giudiziale che extragiudiziale):

  1. Conclusione condannatoria sulla base della certezza morale per le evidenze relative al reato. In questo caso deve essere chiara la sanzione canonica.
  2. Conclusione assolutoria se non vi è una certezza morale sulla colpevolezza oppure se il fatto non sussiste, o se l’imputato non ha commesso quanto gli si imputava.
  3. Conclusione dimissoria quando non è raggiunta una certezza morale per le poche o scarse evidenze; oppure vi sono delle contraddizioni nelle prove.

È necessario evidenziare in modo molto chiaro a quali delle suddette tre categorie si riferiscono le ammonizioni o i rimedi penali.

Sesto rilievo: le possibili procedure penali.

  1. La procedura penale prevede le dimissioni dallo stato clericale insieme alla dispensa dalla legge del celibato.
  2. Il processo penale giudiziale si può svolgere in CDF o può essere affidato a un Tribunale inferiore (Ordinario o terzi incaricati dalla CDF); è garantito il diritto di appello contro la sentenza sia della parte accusata e sia del Promotore di Giustizia della CDF.
  3. Il procedimento penale extragiudiziale (a volte detto anche “processo amministrativo”) è meno formale, più rapido e mantiene le garanzie processuali previste. Anche questo processo prevede la possibilità di imporre delle misure cautelari all’accusato e che sia svolto in CDF o affidato ad una istanza inferiore.

Nello svolgimento del processo penale extragiudiziale, ovviamente è parte essenziale del pro-cesso la presentazione dell’accusa e delle prove. Presentare l’accusa implica render noto all’accusato i dettagli del delitto che gli si attribuisce: natura dell’accadimento, luogo, data, occorrenze, vittime e circostanze. La presentazione delle prove implica la presa d’atto delle verbalizzazioni delle accuse da parte delle presunte vittime e dei testimoni, la documentazione raccolta (cartelle cliniche, scritti, foto, ricevute) e perizie (mediche, psicologiche e psichiatriche). Si possono continuare a raccogliere le prove anche a processo iniziato ma dovrà essere fissato un termine ragionevole entro cui presentare la difesa. L’imputato non è tenuto a confessare il suo delitto né gli può essere imposto il giuramento “de veritate dicenda”. La verifica della credibilità circa gli interventi potrebbe essere richiesta a seconda del caso e a discrezione dell’Ordinario. Questo argomento sulla credibilità sarà ripreso nel paragrafo seguente sui “punti da approfondire”.

Il processo penale extragiudiziale si conclude dopo che l’Ordinario ha condiviso gli atti processuali con due Assessori e dopo aver redatto il verbale dell’udienza in cui si valutano le prove e gli argomenti di difesa. Se il delitto risulterà accertato l’Ordinario dovrà emanare un decreto con la pena prevista per chiudere il processo. Una pena perpetua potrà essere data solo dopo l’approvazione della CDF ed è un atto personale dell’Ordinario e quindi necessita solo dell’autentificazione del Notaio e non è necessario che sia firmato dai due Assessori. Inoltre bisogna ricordare che: a) in alcuni casi, la CDF potrà avocare a sé il processo penale extragiudiziale; b) che il decreto penale ricade sempre sotto il segreto d’ufficio; c) che il decreto va notificato integralmente all’accusato.

Il settimo rilevo è quello che riguarda le tre possibilità nella fase successiva alla procedura penale.

  1. a) Se si tratta di un atto del Romano Pontefice, allora abbiamo la inappellabilità.
  2. b) Nel caso di un processo penale giudiziale vi è la possibilità di fare appello con un atto di impugna-zione presso il Tribunale di seconda istanza, che è la CDF.
  3. c) Nel caso di un procedimento penale extragiudiziale vi è la possibilità presentare un ricorso contro il decreto di condanna.

In questi ultimi due casi – processo penale giudiziale ed extragiudiziale – le pene inflitte vengono sospese mentre restano le misure cautelari.

Ottavo rilievo: il ricorso contro il decreto penale dovrà essere formalmente rivolto all’Ordinario (entro dieci giorni) e questo potrà (entro 30 giorni): a) correggere il proprio decreto (dopo essersi consultato con la CDF); b) respingere la domanda; c) non rispondere. Nel caso in cui l’Ordinario scegliesse di re-spingere o non rispondere, entro 15 giorni l’accusato può rivolgersi direttamente alla CDF tramite il suo procuratore.

Nono rilevo: l’accusato ha il diritto – fin da quando si ha la notitia de delicto – di chiedere la dispensa dagli oneri connessi al suo stato clericale (compreso celibato e voti religiosi) direttamente al Sommo Pontefice tramite la CDF e con l’approvazione dell’Ordinario.

Questo vademecum prevale sulle linee guida delle Conferenze Episcopali Nazionali (CDF 2011) tuttavia esso non vuole sostituirsi alla formazione nell’ambito specifico della procedura penale canonica.  (Continua)

 

*Psicologo e psicoterapeuta, perito forense, già docente di psicologia generale e psicologia della personalità all’Università Lumsa-Humanitas di Roma