Nullus medicus nisi philosophus

Nullus medicus nisi philosophus

12 Novembre 2023 Off Di Corrado Caso

Un antico aforisma attribuito alla sapienza della scuola medica ippocratica interpreta la natura mistica della medicina: “Nullus medicus nisi philosophus (Non puoi essere un bravo medico se non sei filosofo)”. La filosofia unisce in una visione d’insieme l’uomo nelle sue varie espressioni e in funzione del quale le scienze presero origine e vita. Arti e specializzazioni, medicina e biologia, la teologia sono parte della ricerca umana. La filosofia racchiude ogni sapere e divinizza il medico-filosofo: «Iatros philosophos isotheos (il medico che si fa filosofo diventa pari a un dio)” afferma Ippocrate. Mediatore e interlocutore di vita e morte. Il suo potere divino attraversa un cerimoniale che si è sviluppato nel corso della storia. Una investitura dai molteplici aspetti che lo hanno caratterizzato e che interpretano le aspettative, la speranza di salute e vita di un’umanità migrante in un percorso obbligato di salute e malattia, di bene e male, di  principio e  fine. Il medico dell’antichità è l’Aruspice interprete di sogni e presagi. Analizza le viscera degli animali. Osserva il corso degli astri e profetizza il destino del mondo e dell’uomo. È lo Sciamano che comunica con entità superiori. Innalzato al settimo cielo si cinge   il capo di alloro e indossa le vesti di un dio visibile agli umani nella costellazione di Ofiuco dove Asclepio (Asclepiade: dio della medicina) con la sua arte richiama in vita i morti.
Nel nostro tempo così confuso e controverso Karl Jaspers aggiunge «…è filosofo mentre, nel fluire della vita, facendo il medico, pensa secondo norme eterne» (Jaspers, 1995: 3).
Esiste un pregiudizio che la filosofia sia aliena dalla concretezza dell’esistenza, perché insegue l’universo delle idee. Al contrario sottolinea, ancora, Jaspers “la filosofia ha come oggetto la realtà e la vita stessa, solo che non si limita alla semplice constatazione dei fatti…ma trascende l’immediatezza dell’esperienza per interrogarsi sul ‘senso’ che essa racchiude, ossia sul perché profondo, sulle cause e sui principi che la spiegano”. 
Tutto quanto detto a quale titolo entra nel rapporto medico-paziente?,  Un interrogativo grande quanto la complessità delle cose create. Un confronto mai esaustivo. Balint medico-psicanalista, fondatore con la moglie Enid dei gruppi Balint, ricerca e vede l’importanza della relazione nell’ ascolto, nella condivisione, nell’azione terapeutica e nella presenza rassicurante quando il parere scientifico non basta. Una precoce formazione del medico deve affinare la sensibilità di lettura e compartecipazione senza rinunciare con atti concreti al target professionale rivolto all’uomo e all’uomo-sofferente che è il principio e fine di ogni sapere e azione. Una affermazione per molti anacronistica per i tempi e la sanità che, in questi anni, stiamo attraversando.
Sono gli innumerevoli fatti vissuti, giorno dopo giorno,  per un tempo che racchiude la vita dei pazienti dall’adolescenza alla vecchiaia, dall’indigenza alla malattia o al disagio familiare in un susseguirsi di attese,  risposte e,,,  di “mancate risposte”, purtuttavia, rassicurate dalla presenza, dalla capacità del medico di accompagnare il  malessere esistenziale dei pazienti e condividere il susseguirsi delle stagioni, degli avvenimenti fino alla definizione di un tempo di vita o morte. 
Il medici è ingabbiato da linee guida, limitazioni prescrittivi, dal tempario che resetta e uniforma il tempo da dedicare a ogni singolo paziente, dal risparmio sulla prescrittività.
Un incremento sempre maggiore della manipolazione mediatica che crea consenso e colpevolizza per scopi di bassa politica la sanità tradotta in modo strumentale malasanità, da eroi a colpevoli. Una tecnologia invadente e gestita e non concordata ci impegna, tra le altre cose, in una continua trasmissione di dati che amplifica il potenziale controllo sui comportamenti professionali e le informazioni sugli assistiti. La stessa deontologia del segreto che rappresenta   la chiave di sicurezza della quale medico e paziente conoscono da secoli l’uso e sulla quale la medicina ha fondato la fiducia del paziente rischia di compromettere la segretezza sugli indefinibili canali informatici. Il grande occhio di Orwell era soltanto poco anni fa una finzione cinematografica che il tempo ha reso reale e attuale. Sul binario dell’informatica il medico adotterà un linguaggio consono alle richieste della macchina  e non andrà oltre le necessità del controllore. La macchina sarà arbitro di capacità e efficienza, il pesatore degli incentivi economici, l’interlocutore privilegiato a cui delegare le aspettative di salute e le speranza del malato.
Ogni paziente dovrebbe sentirsi un pó meglio dopo la visita del medico, a prescindere dalla natura della sua malattia. (Warfield Theobald Longcope) .