Yuri D’Antilio, nella sconfitta sta la chiave per migliorarsi

Yuri D’Antilio, nella sconfitta sta la chiave per migliorarsi

28 Maggio 2022 0 Di Marco Magliulo & Pasquale Maria Sansone

“Non sarai mai un perdente finchè non smetterai di provarci”. (Mike Ditka)

Oggi parliamo di Covid, sport e salute con un atleta professionista: Yuri D’Antilio.

2005/2006, S.S. Lazio nuoto, Secondo posto campionato Under17 Nazionale;

2006/2007, S.S. Lazio nuoto, Primo posto campionato Under17 Nazionale e Terzo posto campionato Under21 Nazionale;

2008/2009, A.S. Roma pallanuoto, Primo posto campionato serie A2;

2012/2013, Black Shark, Primo posto campionato serie B;

2013/2014, La Fenice pallanuoto, Primo posto campionato serie C;

2018/2019, S.C. Tuscolano, Primo posto campionato serie B;

Attualmente gioca in serie A2 con la Como Nuoto e con la quale ha appena raggiunto la salvezza.

La fase pandemica nella sua fase più acuta sembra ormai essere alle spalle anche se i continui colpi di coda non lasciano del tutto tranquilli. Come ha affrontato questa situazione di grande difficoltà per il mondo dello sport? Come ha gestito la paura del contagio e il disagio legato alle severe misure restrittive?

È stato un biennio molto complicato durante il quale la salute, fisica e mentale in egual modo, è stata messa a dura prova. Ho iniziato ad allenarmi a casa, sfruttando le videochiamate con i compagni di squadra per sentirci più vicini. Ovviamente un allenamento “a secco” non può sostituire ciò che possiamo fare in acqua, ma avevo voglia di farci trovare pronti non appena si sarebbe risolto tutto. Infatti, non eravamo consapevoli di cosa ci sarebbe accaduto e, onestamente, credevamo che tutto si sarebbe risolto molto più in fretta. Purtroppo, l’energia iniziale è venuta meno quando la situazione è diventata a tutti più chiara ed i campionati sono stati interrotti. È iniziato un periodo in cui non avevo molti stimoli per allenarmi alla massima intensità, pur continuando a fare un po’ di attività fisica individualmente per non mollare del tutto. È stato bello, a settembre 2020, poter tornare di nuovo a fare allenamenti con la squadra, seppur con tutte le restrizioni del caso. Devo dire che la paura del contagio è stata molto spesso oscurata dalla felicità di potersi di nuovo allenare per una competizione. Non sono di certo mancati momenti di sconforto, per lo più legati alle difficoltà logistiche: divieto di fare amichevoli, divieto di competere, divieto di vivere lo spogliatoio. Nonostante ciò, la passione per questo sport ci ha dato la spinta per poter superare le tante difficoltà.

Le restrizioni e il tentennamento del mondo politico hanno causato gravi danni allo sport, soprattutto per quello cosi detto minore, cos’è successo in particolare nella sua specialità?

Credo che la situazione fosse veramente molto complicata e di difficile gestione. Nel caso della pallanuoto, abbiamo assistito ad un “ritiro di massa”. La maggior parte delle persone che praticano questo sport, compreso il sottoscritto, lo fanno per passione. È evidente che, in un clima di incertezza e paura del contagio, molte persone sono state costrette a smettere di giocare. Troppo alto il rischio di contagiare i propri cari, ma non solo. La paura era anche di dover rimanere bloccati a casa in quarantena per uno sport che, seppur bellissimo, non è ciò che ti dà da vivere. In molti casi, le società sportive sono state costrette a ripartire dai giovani, nei casi peggiori le società hanno invece cessato totalmente le attività. Troppo alta la dipendenza dagli sponsor che, inevitabilmente, sono venuti a mancare durante la pandemia. Non è stato tutto negativo però: abbiamo assistito ad un massiccio aumento delle dirette streaming dei match, un qualcosa a cui non eravamo abituati nelle serie minori e che, sicuramente, potrà portare più visibilità al nostro sport.

Chi è stato a spingerla all’attività agonistica? o si è trattato di una folgorazione magari guardando ai modelli dei grandi campioni?

Ho iniziato a nuotare quando avevo 3 anni, per volere dei miei genitori, soprattutto di mio papà. Ho continuato a nuotare fino al momento, intorno ai 10 anni, di dover iniziare l’attività con la squadra agonistica di nuoto ma non mi divertivo a tal punto da dedicare tante ora al nuoto. Sono stati nuovamente i miei genitori a spingermi per provare la pallanuoto, sport che onestamente conoscevo poco. Devo essere onesto, negli anni ho provato tanti altri sport, ma ero decisamente negato. Nella pallanuoto ho trovato uno sport in cui riuscivo ad impormi ed è stato lì che è iniziato tutto.

Al di la delle doti personali e delle attitudini quanto conta la forza di volontà nel raggiungimento degli obiettivi?

Senza forza di volontà non si va da nessuna parte. Certo il talento serve e incide sul massimo livello che un giocatore può raggiungere. Ma la chiave d’accesso a quel “massimo” te la danno la forza di volontà e la voglia di migliorarsi, sempre.

Cosa suggerirebbe ai giovani che si avvicinano alla sua specialità?

Per me lo sport significa, in un senso più ampio, mettersi in gioco. Quando si compete per qualcosa, di fatto, si accetta di poter vincere ma anche di uscire sconfitti dalla contesa. Purtroppo, soprattutto per i più piccoli (e per i loro genitori), la sconfitta sportiva viene proiettata su altre dimensioni che nulla hanno a che fare con lo sport. “Se perdi allora non vali, non solo nello sport ma anche nella vita”. Il mio consiglio è quello di vedere la sconfitta come la chiave per migliorarsi, come un inizio e non come la fine. Altrimenti, la paura prenderà il sopravvento e invece di metterci in gioco preferiremo non competere affatto, seguire la via più facile, cioè quella di rimuovere una possibile causa di dispiacere. Ad esempio, smettendo di fare sport, impendendoci di crescere e di vivere le emozioni che solo lo sport ti sa dare.