Violenza tra giovani e baby gang (II parte)

Violenza tra giovani e baby gang (II parte)

16 Settembre 2020 0 Di Teresina Moschese*

La degenerazione minorile si sta consumando su tutto il territorio italiano. Cosa sta succedendo? Chi sono questi ragazzi?

 

Come si forma una gang?

Le dinamiche di formazione delle bande sono complesse e diversi ricercatori le hanno studiate da più prospettive: psicologiche, sociologiche e criminologiche (Thrasher,200; Redl, 1945; cloward e Ohlin, 1960; davis, 1993; Esbensen, Huizinga e weiher,1993; Cureton, 1999; Lahey et al 1999) scoprendo che le bande possono formarsi in condizioni di comunità estreme, ovvero quando i giovani sono alienati dalle principali istituzioni di socializzazione, in particolare dalle famiglie e dalle scuole. I ragazzi che ne fanno parte non sono costretti. Essi scelgono di appartenere ad una banda attratti dal senso di protezione che ne ricevono, dal divertimento, dal rispetto, dai soldi e affascinati dai fattori di rischio, spinti da un forte desiderio di anticonformismo, sulla base del quale tendono ad andare contro tutto ciò che impone delle regole da seguire. Si tratta di ragazzi che non hanno imparato a considerare l’incontro con l’altro, il diverso da sé, come un’occasione di confronto e la possibilità di un arricchimento ma come qualcuno che può mettere in discussione la loro fragile identità, che trova quindi facilmente ancoraggio in altre identità altrettanto ferite e poco empatiche, con le quali instaurano relazioni non lecite che portano alla creazione di vere e proprie bande criminali.

 

In quali contesti nascono questi fenomeni?

Nelle grandi città sono più attratti dalle bande i giovani immigrati o comunque emarginati anche solo per motivi economico-sociali. Secondo Diego Vigil, questo potrebbe essere il risultato delle difficoltà che essi sperimentano nell’affrontare la vita in una nuova cultura o in una società ostile per le differenze di opportunità.

Nelle piccole e medie città, invece, il fenomeno sociale è molto diffuso anche nei contesti ad estrazione sociale medio alta. È piuttosto frequente, infatti, che si tratti di adolescenti incensurati provenienti da famiglie benestanti, ragazzi “annoiati” che utilizzano modalità devianti come distrazione e per innalzare il proprio status all’interno del gruppo. Alcuni sono spesso spinti dal mito delle grandi imprese, dal desiderio di affermare la propria superiorità, forza o potere.

 

In entrambi i casi ci troviamo di fronte alla manifestazione inconscia di un malessere profondo che è sintomatico dell’assenza di un sistema di contenimento affettivo. Un disagio che ha origine dall’ambiente familiare in combinazione con un sistema scolastico giustificatamente rifiutante, in quanto punitivo di fronte agli agiti contro le norme. Ed è proprio durante i periodi di espulsione punitiva dalla scuola a causa di comportamenti inadeguati, che questi ragazzi si ritrovano uniti dal bisogno comune di appartenere, di riempire il vuoto delle famiglie e della scuola. Usano, così, l’aggressività come modalità di relazionarsi agli altri, imponendosi su di essi. Hanno bisogno di mostrarsi e di esibire questi comportamenti per ricordare anche a sè stessi quanto sono forti e quanto valgono. In realtà, mancano loro le figure adulte di riferimento, figure autorevoli e contenitive dal punto di vista emotivo, affettivo e relazionale che accompagnino i bambini e i ragazzi nel percorso di crescita e di assunzione di responsabilità e nello sviluppo di una competenza sociale e relazionale che parta dall’empatia e conduca al conoscere e riconoscere gli stati emotivi propri ed altrui. (Continua)

*Psicologa-psicoterapeuta familiare