Vangelo in salute, la Parola che cura: …l’umiltà…

Vangelo in salute, la Parola che cura: …l’umiltà…

31 Agosto 2025 Off Di Fabio De Biase

Non basta sedersi a tavola: nel Regno c’è posto solo per chi impara la medicina dell’umiltà e la logica del dono.

Il Vangelo di questa XXII Domenica del Tempo Ordinario (Lc 14,1.7-14) ci porta in un contesto molto concreto: un pranzo a casa di un capo dei farisei, al quale Gesù è invitato. Non è un pranzo qualsiasi: gli sguardi sono attenti, le posture studiate, gli ospiti osservano e si osservano. Gesù coglie subito il clima: non c’è convivialità vera, ma una gara silenziosa a conquistare i primi posti. Ognuno vuole farsi vedere, farsi riconoscere, farsi onorare.

In questo contesto, Gesù interviene con due parabole che hanno il sapore di una lezione di medicina spirituale. La malattia che diagnostica è chiara: la febbre dell’orgoglio, la sindrome del protagonismo, la dipendenza dal riconoscimento sociale. È un male antico e sempre attuale: voler emergere, contare, essere notati, occupare i posti migliori. Una malattia che logora le comunità, le famiglie, la Chiesa stessa.

La prima cura che Gesù propone è l’umiltà. “Quando sei invitato a nozze, non metterti al primo posto…” Non si tratta solo di una norma di buona educazione, ma di una regola di vita spirituale. L’umiltà non è farsi piccoli per convenienza, ma riconoscere che il nostro posto non lo conquistiamo da soli: è dono. E solo chi si mette all’ultimo posto scopre la libertà di essere accolto e onorato da Dio stesso.

“Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato.” Questa frase non è una minaccia, ma un criterio di verità. L’umiltà è la medicina che guarisce dall’arroganza, dal bisogno costante di approvazione, dall’ansia di dover dimostrare sempre qualcosa. È la forza di chi si affida a Dio e sa che il proprio valore non dipende da ciò che appare, ma da ciò che è.

La seconda parabola di Gesù è ancora più radicale. “Quando offri un banchetto, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi…”

Qui Gesù smaschera un’altra malattia spirituale: la logica dello scambio. Facciamo del bene a chi può restituirci qualcosa, frequentiamo chi ci è utile, coltiviamo relazioni che ci tornano vantaggiose. È un calcolo sottile, che spesso si traveste di bontà, ma in realtà resta prigioniero dell’egoismo.

La cura è il dono gratuito. Invitare chi non può ricambiare significa entrare nella logica di Dio, che ama senza condizioni, che offre senza pretendere ritorni. È l’unica medicina capace di guarire l’anima dall’egocentrismo cronico e dal calcolo opportunistico.

Una “Domenica di Tuttosanità” per la comunità

In questa Domenica di Tuttosanità, la Parola di Dio ci invita a fare un esame clinico serio come comunità cristiana. Quante volte nelle nostre parrocchie, associazioni, movimenti, cadiamo nella logica dei primi posti, delle rivalità, delle gelosie? Quante volte organizziamo eventi, incontri, feste… pensando più a chi può garantire visibilità e successo, piuttosto che ad aprire le porte a chi non ha nulla da offrire?

Il Vangelo ci ricorda che la Chiesa è sana solo se sa vivere l’umiltà e la gratuità. Non è un club per pochi, non è una vetrina per protagonisti, non è un salotto di persone influenti. È il banchetto del Regno, dove i posti d’onore sono riservati a chi il mondo scarta, e dove l’unica vera ricompensa viene da Dio.

La medicina evangelica di oggi è scomoda. Perché umiltà e gratuità non sono mode, non fanno tendenza. Viviamo in una società che premia chi si mette in mostra, chi conquista, chi si afferma. Gesù invece ci chiede di scegliere l’ultimo posto e di dare a chi non potrà restituire nulla. È una sfida radicale, che scuote le nostre abitudini e mette in crisi le nostre sicurezze.

Eppure, è l’unica via per la vera salute dell’anima. L’orgoglio ci consuma, la ricerca dei primi posti ci logora, il calcolo costante ci rende ansiosi. L’umiltà invece guarisce, libera, pacifica. Il dono gratuito ci rende simili a Dio e ci spalanca al Regno.

Per riflettere 

Il Vangelo di questa domenica è chiaro: nel Regno non c’è posto per chi cerca di apparire, ma per chi accetta di scomparire perché Dio solo sia al centro. Non per chi calcola il tornaconto, ma per chi ama senza aspettare nulla in cambio.

E allora la domanda che rimane, forte e provocatoria, è questa: nelle mie scelte quotidiane, nei miei rapporti, nella mia comunità, sto ancora correndo dietro ai primi posti… o sto imparando la libertà dell’ultimo posto? Invito solo chi mi può restituire, o sto aprendo la mia tavola – la mia vita – ai poveri, ai piccoli, agli invisibili?

La porta del Regno resta aperta, ma non si entra con il biglietto del privilegio. Si entra solo con il passaporto dell’umiltà e con le mani libere di donare senza condizioni. È questa la cura che il Vangelo ci offre: una vita guarita dall’orgoglio e trasformata dall’amore gratuito.