Una messa a punto sui vaccini anti-Covid – Le risposte immunitarie (Parte I)

Una messa a punto sui vaccini anti-Covid – Le risposte immunitarie (Parte I)

26 Luglio 2021 0 Di Miriam Perfetto

Ormai nel mondo il bilancio delle vittime di Covid-19 supera i 4 milioni. I vaccini anti-Covid sono considerati la strategia vincente per tenere sotto controllo la pandemia a livello globale. Al momento, in Italia è vaccinata circa la metà della popolazione.  Per una messa a punto sullo stato attuale dei vaccini sentiamo il caro amico di “Tutto Sanità”, dottor Carlo Alfaro.

  • Dopo tante dosi somministrate, possiamo concludere, dati alla mano, se i vaccini davvero funzionano o meno?

Gli ultimi dati elaborati dall’Istituto Superiore di Sanità dicono che tutti i vaccini approvati, al completamento del ciclo previsto, sono efficaci circa all’80% nel proteggere dall’infezione, e sfiorano il 100% nel difendere dagli effetti più gravi della malattia (ricoveri in terapia intensiva e morte), per tutte le fasce di età. Secondo l’Istituto superiore di sanità, l’incidenza attualmente di Covid-19 è circa 10 volte più bassa nei vaccinati rispetto ai non vaccinati.

  • Ma quel 20% di persone che può contagiarsi di Covid dopo il vaccino, quali sintomi può avere?

In uno studio britannico, sono stati segnalati nei vaccinati, rispetto ai non vaccinati, meno sintomi (tra cui starnuti, riferiti tra i sintomi più frequenti, naso che cola, gola infiammata, mal di testa, perdita del gusto) e per un periodo di tempo più breve.

  • Il vaccino previene il contagio o solo la malattia?

Uno studio ha trovato che la probabilità di trasmissione domestica era di circa il 40-50% inferiore nelle famiglie di pazienti che erano stati vaccinati da almeno 21 giorni rispetto alle famiglie di pazienti non vaccinati, confermando che chi è vaccinato ha meno probabilità di trasmettere il virus in famiglia.

  • Quanto tempo dura l’immunità?

Per quanto riguarda le persone che hanno contratto il Covid-19, i dati indicano che gli anticorpi neutralizzanti durano diversi mesi, e anche se diminuiscono di numero nel tempo sono pronti a riattivarsi se stimolati da un contatto col virus, grazie allo sviluppo di linfociti della memoria. Le persone che hanno avuto una forma grave tendono in generale a sviluppare maggiore immunità, sebbene lo studio condotto a Vo’ Euganeo dal gruppo di Andrea Crisanti dell’Università di Padova, in collaborazione con l’Imperial College di Londra, uscito su Nature Communication, ha trovato che gli anticorpi durano almeno 9 mesi e senza differenze tra sintomatici e asintomatici. Tutte le grandi pandemie del passato hanno recato immunità durature: un articolo di Nature del 2008 ha rilevato in 32 persone ancora immunità contro il ceppo influenzale del 1918, 90 anni dopo. Un altro articolo pubblicato nel 2020 su Nature ha mostrato persistenza dell’immunità in 23 pazienti 17 anni dopo l’infezione da SARS-CoV-1. I casi rilevati di reinfezione da Covid sono infatti molto rari. L’immunità è ancora maggiore nei bambini piccoli: in uno studio italiano pubblicato su Paediatrics, nei casi asintomatici o lievemente sintomatici, i bambini di età da 0 a 3 anni presentavano titoli anticorpali neutralizzati 7-8 volte superiori e di durata maggiore rispetto agli adulti. Riguardo ai vaccini, tutti quelli disponibili producono forti risposte anticorpali, che si presume durino almeno quanto quelle prodotte dall’infezione naturale.

  • E’ giusto vaccinare i guariti dal Covid-19?

L’ultima Circolare del Ministero della salute raccomanda la somministrazione di un’unica dose di vaccino tra i 6 e i 12 mesi dalla guarigione dall’infezione (prima si raccomandava dopo 3-6 mesi). Non si consiglia di eseguire prima test sierologici per valutare lo stato anticorpale verso il virus. Trascorsi 12 mesi dall’infezione, se non si è effettuato il vaccino, è prevista l’esecuzione di due dosi. Solo nei soggetti che presentino condizioni di immunodeficienza si faranno due dosi anche ai guariti da meno di 12 mesi. Uno studio dell’Irccs ‘Sacro Cuore Don Calabria’ di Negrar di Valpolicella suggerisce che tardare la somministrazione del vaccino a RNA messaggero rispetto alla data dell’infezione (almeno 10 mesi) porta a una risposta anticorpale ancora migliore.

  • I vaccini funzionano contro le varianti?

Sono 4 al momento le varianti del ceppo originale cinese Sars-CoV-2 WA1/2020 a preoccupare di più, le cosiddette Voc (Variants of concern): Alfa (emersa per la prima volta nel Regno Unito, ha dimostrato di avere una trasmissibilità maggiore del 37% rispetto ai ceppi circolanti in precedenza), Beta (scoperta in Sud-Africa, non sarebbe più trasmissibile ma resistente ad alcuni anticorpi monoclonali), Gamma (originata in Brasile, avrebbe una potenziale maggiore trasmissibilità), Delta (rilevata per la prima volta in India, è dotata apparentemente di maggiore trasmissibilità di tutte). Emerge anche la variante Epsilon, identificata in California e, sebbene presente in 44 Paesi, ancora poco diffusa in Europa; con le sue tre mutazioni, sarebbe più resistente agli anticorpi. Ad oggi, non ci sono prove che queste varianti causino malattie più gravi. I vaccini attualmente usati contro il virus Sars-CoV-2 sono stati prodotti prima che emergessero le nuove varianti, ma gli studi in laboratorio e sulla popolazione condotti fin ora mostrano che, dopo il completamento del ciclo previsto, offrono una protezione sufficiente contro le varianti esistenti. Anche l’aver superato una infezione naturale dovrebbe creare una sufficiente resistenza. Anche se il Ministero della Salute israeliano ha comunicato che il vaccino Pfizer, nei confronti della variante Delta, perderebbe circa il 30% della sua efficacia contro il contagio (dal 94% osservato per le altre varianti al 64% contro la Delta), nella maggior parte degli studi i vaccini “tengono”. Secondo l’agenzia sanitaria Public Health England, due dosi di vaccino Pfizer o Astrazeneca proteggono dalla malattia sintomatica, con solo una piccola diminuzione di efficacia nei casi da variante Delta: 2 dosi di Pfizer sono efficaci all’88% nel prevenire la malattia sintomatica da Delta, contro il 93,7% dalla Alfa, mentre due dosi di Astrazeneca proteggono al 67% dalla Delta e al 74,5% dalla Alfa. Tuttavia, dopo una sola dose per entrambi i vaccini l’efficacia contro la Delta è intorno al 30%. Dunque, è importante garantire che il maggior numero delle persone completino il ciclo di vaccinazione il prima possibile.