Scrittore e giornalista più volte prestato alla tv, editore e curatore della DiamonD EditricE, noto al grande pubblico non solo grazie alla sua variegata produzione letteraria, molti dei suoi titoli sono adottati come libri di testo negli istituti scolastici italiani, ma anche grazie alla sua partecipazione alla quinta edizione del reality on the road di Rai2 Pechino Express – Le civiltà perdute al fianco di Tina Cipollari, con la quale formava l’inimitabile duo de #GliSpostati. Redige rubriche satiriche su diverse testate giornalistiche accreditate con lo pseudonimo de “L’Irriverente”, personaggio da lui ideato attraverso cui settimanalmente commenta il mondo della televisione e dei social network, le mode e le manie del nostro XXI secolo.
La scrittura nel cuore, tanto che è diventata una delle sue attività di elezione. Come e quando le è nata questa passione?
Non ho mai vissuto la scrittura come una passione. Per passione si possono identificare ben altre emozioni intense, e sicuramente profonde, che ci spingono verso qualcosa o qualcuno. Per me scrivere è vocazione. La passione è ciò che ami fare, mentre la vocazione è quello che senti di dover fare. Ecco, io scrivo perché scrivere è il modo migliore per esprimere quello che provo e sento. Nei libri per esempio c’è il mio lato più intimo, quello che sa ancora commuoversi, cadere e rialzarsi. Quando scrivo articoli, invece, soprattutto quelli più taglienti, Irriverenti, è come se uscisse fuori l’altra metà di me: quella che non ha paura di dire le cose come stanno, anche a costo di risultare impopolare. È come vivere una scissione costante. Da una parte la vulnerabilità, dall’altra la provocazione. In fondo, non sono altro che due facce della stessa medaglia: la mia verità.
Fare giornalismo oggi è particolarmente complesso e per tanti aspetti anche pericoloso. Scegliere di fare satira giornalistica è ancora più rischioso: basti pensare alle vignette satiriche considerate blasfeme dal mondo islamico.
Fare giornalismo oggi è un atto di coraggio. Fare satira, poi, è un suicidio consapevole. Ma qualcuno dovrà pur farlo, no? Viviamo in un mondo dove l’offesa è diventata una religione e la libertà d’espressione un crimine. Tutti pronti a difendere la libertà, ma solo finché non tocca le loro convinzioni. Basta una battuta, una vignetta, una parola fuori posto e si scatena l’inferno. Non c’è bisogno di uscire dal nostro stivale per rendercene conto, perché anche in Italia la satira viene censurata da coloro il cui ego si sente spesso e volentieri minacciato. Io non credo nella satira edulcorata, quella che fa ridere senza disturbare. Credo nella satira vera, quella che affonda i denti nella carne viva del potere e dei suoi dogmi. Perché ridere, quando è scomodo, è la forma più alta di resistenza. Ed è proprio per assicurare uno spazio realmente libero a chi non teme di esprimere la propria opinione nel rispetto della libertà altrui che nasce www.lopinione.com, la testata giornalistica di cui sono orgogliosamente Direttore Responsabile.
Quale ricordo conserva dell’esperienza televisiva di Pechino express?
Ricordo di un ragazzo che aveva gli occhi pieni di speranza, anche se già sapeva che la speranza, a volte, è solo una forma più elegante della delusione. Pechino Express non è stato solamente un viaggio “alla scoperta delle civiltà perdute”, ma anche e soprattutto un lungo cammino dentro e fuori di me. Un’esperienza estrema, dove non solo ti mancano le comodità, ma soprattutto sei tu a mancare a te stesso. E allora sei costretto a guardarti dentro, senza filtri, con tutti i tuoi limiti addosso. Non mi ha cambiato, perché certe cose le hai, non te puoi inventare. Pechino è stato per me una conferma. Anche in mezzo al caos, alla fatica, alle urla e alle risate, sono rimasto fedele alle mie convinzioni. In fondo sono solo uno che lotta, che osserva, che dice la sua, anche quando sarebbe più facile rimanere in silenzio.
Lo scrittore in genere conduce una vita sedentaria per cui il regime alimentare diventa fondamentale per conservare una buona forma fisica. Lei si rivolge ad uno specialista o fa da sé?
Chi fa da sé, fa per tre. I vecchi detti non sbagliano mai. Non mi serve uno specialista per capire cosa mi fa bene e cosa mi avvelena. Sono vegetariano da anni, per scelta etica prima ancora che salutista. Non mi piacciono le diete imposte né le mode alimentari estremiste. Mangio ciò che mi fa stare in equilibrio con me stesso, senza rinunce ne fanatismi da social network. E poi, diciamocelo: lo scrittore sarà anche una persona sedentaria, ma se scrive con onestà consuma più energia di un atleta. Il cervello, quando funziona davvero, brucia più di un tapis roulant.
C’è un interesse extra lavorativo al quale tiene in modo particolare?
Amo l’arte in tutte le sue forme, è l’unico linguaggio capace di dire tutto senza pronunciare una sola parola. In particolare il cinema e la pittura, che considero le mie due grandi vie di fuga dalla banalità del mondo reale. Ma c’è anche un rituale a cui tengo molto, quasi un gesto poetico. Essendo nato in una città che si “affaccia sul mare”, nel tempo libero mi piace dedicarmi alla ricerca e poi alla raccolta degli occhi di Santa Lucia, quegli opercoli calcarei di un mollusco, la Bolma rugosa, che al momento della morte del piccolo animale si staccano e vengono trasportati a riva dalle inesorabili correnti. Una volta tornato a casa, li lavoro con la resina, uno ad uno, e creo gioielli interamente fatti a mano. Non per venderli, ma per dare forma a qualcosa che resta, che ha un’anima, e che nasce, come me, dal mare e dalla solitudine.