Simone Colombatto, nello sport e nella vita mai sentirsi arrivati

Simone Colombatto, nello sport e nella vita mai sentirsi arrivati

7 Maggio 2022 0 Di Marco Magliulo & Pasquale Maria Sansone

“Se non fossi diventato un cantante sarei stato un calciatore… o un rivoluzionario. Il calcio significa libertà, creatività, significa dare libero corso alla propria ispirazione.” (BOB MARLEY)

Oggi parliamo di Covid, sport e salute con un talentuoso calciatore: Simone Colombatto.

“Gioco a calcio da ormai 16 anni. Ho iniziato da bambino facendo l’attaccante, poi crescendo il mio ruolo è arretrato fino al terzino sinistro. Gioco in Prima Categoria da ormai 5 anni nella terza società più longeva del Piemonte, il Mathi. 
Società che mi lega fino dai primi giorni in cui ho messo gli scarpini ai piedi.  Il calcio è la mia valvola di sfogo e avrei tanto voluto la mia ragione di vita. Purtroppo non ci sono riuscito, ma ho goduto delle mie piccole soddisfazioni.
Cosa che mi rende maledettamente felice!”.

 La fase pandemica nella sua fase più acuta sembra ormai essere alle spalle anche se i continui colpi di coda non lasciano del tutto tranquilli. Come ha affrontato questa situazione di grande difficoltà per il mondo dello sport? Come ha gestito la paura del contagio e il disagio legato alle severe misure restrittive?

Sicuramente la pandemia ha rimescolato completamente le nostre vite ed ha fatto riemergere quelle che sono le nostre priorità. Ricordo che il ritorno ai primi allenamenti è stato un’emozione infinita, paragonabile al primo giorno di scuola calcio. La stessa emozione era arginata dal rischio contagio, spesso mi frenavo nell’abbraccio al compagno dopo un saluto o a parlare a distanza ravvicinata con un compagno. Le stagioni spezzatino, dove una settimana puoi, quella dopo no hanno fatto da spartiacque tra chi voleva davvero giocare a calcio e chi lo faceva per un labile interesse.

Le restrizioni e il tentennamento del mondo politico hanno causato gravi danni allo sport, soprattutto per quello cosi detto minore, cos’è successo in particolare nella sua specialità?

Mi riallaccio a quanto affermavo poco fa. Il grosso problema è stato proprio l’abbandono improvviso di compagni di squadra. Tantissime società sono rimaste toccate da questo e, rifondare in poco tempo, con denaro insufficiente ha creato grosse spaccature.

Chi è stato a spingerla all’attività agonistica o si è trattato di una folgorazione magari guardando ai modelli dei grandi campioni?

In famiglia mio papà è sempre stato un tifosissimo del Torino. La mia voglia di cominciare è nata nel Luglio 2006. Vittoria dei mondiali dell’Italia. Vedere Grosso esultare mi ha trascinato alla scuola calcio il Settembre successivo.

Al di la delle doti personali e delle attitudini quanto conta la forza di volontà nel raggiungimento degli obiettivi?

Mai come negli ultimi due anni la forza di volontà è fondamentale. Se hai passione, hai dedizione. Lo scatto in più, il sacrificio del sabato sera a casa. Sono sensazioni che, chi le ha, è doveroso che le persegua. La forza di volontà, se coltivata, porta tanto lontano quando il talento.

Cosa suggerirebbe ai giovani che si avvicinano alla sua specialità?

Divertitevi e abbiate autostima di voi stessi. Con l’auto stima ho sviluppato il forte senso critico verso me stesso, che mi ha portato, a piccoli passi a crescere. Il divertimento non può mancare, lo sport non può e non deve essere un peso.

Ah! Dimenticavo…

Serve tanta voglia di migliorare, mai sentirsi arrivati.